Un viaggio in una terra martoriata, quell’Egitto che, negli ultimi tre anni, ha raggiunto punte estreme di violenza e di crudeltà, come dimostrano i recenti attentati. Dal 23 al 28 gennaio il Vescovo monsignor Francesco Cavina si è recato in quei territori insieme ad una delegazione della Fondazione di diritto pontifi cio Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), guidata dal direttore Alessandro Monteduro e composta, tra gli altri, anche da alcuni giornalisti e dal vicario generale della diocesi di Carpi, don Massimo Fabbri. Dopo i tre viaggi in Kurdistan e in Iraq, compiuti tra il 2016 e il 2017, il Vescovo Cavina ha visitato le comunità che formano la più consistente presenza cristiana in Medioriente. Quella dei cristiani in Egitto rappresenta infatti un’ampia minoranza di circa 15 milioni di fedeli, suddivisi tra copto-ortodossi, il gruppo più vasto, e copto-cattolici, che raggiungono il numero di 300 mila. Comunità che costituiscono una presenza millenaria nel Paese, di antica evangelizzazione e con una ricchissima tradizione di fede e di cultura. Terra benedetta dal passaggio della Sacra Famiglia “La ragione che mi ha spinto a questo viaggio – spiega monsignor Francesco Cavina – trova ancora una volta le sue radici nel profondo desiderio di manifestare vicinanza e affetto, a nome mio e della Chiesa, a quei nostri fratelli che sono vittime, quotidianamente, di odiose forme di discriminazione a causa della loro fede. Una fede antica e forte, capace di perdonare e di martirio”. Con queste parole il Vescovo di Carpi traccia un bilancio del suo viaggio in Egitto: sei giorni nei quali monsignor Cavina ha incontrato le comunità latine e copto-cattoliche del Cairo, Minya, Alessandria e Assiut, fatto visita al patriarca copto-ortodosso Papa Tawadros II e pregato nelle chiese copte attaccate dai radicalisti islamici e dall’Isis. “La fede dei copti – prosegue il Vescovo – viene da molto lontano: è antica perché risale al tempo degli apostoli e forte perché segnata da difficoltà, sofferenze e persecuzioni che queste comunità hanno saputo sopportare. Una Chiesa fortemente radicata nel territorio che non vuole che la presenza cristiana venga mai meno in questa terra benedetta da Dio con il passaggio della Sacra Famiglia. È importante che quello che stanno vivendo i nostri fratelli nella fede qui in Egitto sia conosciuto anche nel nostro mondo occidentale”. Sostenere l’opera e la missione della Chiesa in queste terre Particolarmente intenso è stato l’incontro, al Cairo, tra monsignor Cavina, e il patriarca copto-ortodosso Tawadros II. “La Chiesa copta in Egitto è una Chiesa martire – sottolinea il Vescovo -. La fede e l’amore, la fedeltà e il coraggio dei cristiani egiziani sono motivo per noi di grande edificazione. È più quello che riceviamo che quello che possiamo dare. L’amore per Cristo, che abbiamo toccato con mano durante il viaggio in Egitto, è per noi un grande richiamo a vivere con maggiore autenticità la nostra fede. Ciò che porteremo con noi, e che cercheremo di testimoniare, è che in questa terra i cristiani vivono la loro fede non a parole ma con i fatti e il martirio. Siamo qui anche per trovare il modo di offrire un aiuto concreto per venire incontro alle necessità di questa Chiesa. Il primo aiuto è testimoniare che l’Egitto è un Paese che sta facendo di tutto per assicurare la sicurezza e permettere ai pellegrini di tornare a visitare i tanti luoghi santi, legati alla Santa Famiglia. E il pellegrinaggio sarà un momento di arricchimento reciproco”. Monsignor Cavina è rimasto molto colpito dalle parole pronunciate da Papa Tawadros II per il quale “l’uomo per vivere ha bisogno del sangue dei martiri, del sudore di chi lavora e delle lacrime di chi prega”. “Mi chiedo – prosegue il Vescovo – cosa sarebbe la Chiesa se non ci fosse questa presenza reale del martirio di tante persone che offrono la loro vita per non rinnegare Gesù. Questo viaggio in Egitto, come del resto quelli in Iraq, mi hanno testimoniato che nella Chiesa è presente il dono di Cristo risorto. In questi giorni ho toccato con mano la forza di tanti fedeli di perdonare, di amare e di offrire la loro vita a Dio fi no al martirio. Quanti di noi, dopo aver visto il video del martirio dei copti in Libia, uccisi dall’Isis, si sarebbero comportati allo stesso modo? È la domanda che mi ha posto un giovane della mia Diocesi dopo aver visto quelle immagini. È necessario, allora, chiedersi se per noi Cristo è solo un ideale di vita o una persona di cui siamo innamorati e per la quale siamo disposti a offrire la nostra vita per abbracciarlo”. “Questo pellegrinaggio in Egitto – conclude monsignor Cavina – rappresenta per me un motivo di ripensare alla mia fede, alla mia sequela di Cristo. È importante ricordarlo oggi, in un momento in cui la Chiesa viene da troppi considerata una istituzione a livello umano. Ma è anche una ricchezza per la mia diocesi di Carpi, che pure ha vissuto la tragedia del terremoto. Vedere come reagiscono i cristiani perseguitati ci motiva e ci rende ancora più disponibili a sostenere l’opera e la missione della Chiesa in queste terre”. Chiudendo il suo saluto monsignor Cavina, a nome dell’arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Zuppi, ha invitato Papa Tawadros a visitare quanto prima il capoluogo regionale, insieme alla città di Carpi.