(Anno B – Ap 11,19; 12,1-6a. 10; Sal 44; 1Cor 15,20-27a; Lc 1,39-56)
“Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”. In questa esclamazione c’è una forza “rivoluzionaria”. Maria si rifiuta di guardare alla storia come la sequenza dei vincitori e la guarda invece come opera condotta da Dio con i vinti. Per Maria non sono i superbi e i potenti, ma sono gli umili a fare la storia; non gli affamatori e i violenti, ma gli affamati e i miti a scrivere le pagine della storia. Noi non siamo abituati allo sguardo di Maria, perché fin da piccoli – almeno dalla terza elementare – la storia ci è presentata nei libri come sequenza di poteri. I periodi della storia civile sono scanditi dal passaggio di potere fra un re e un altro re, tra un imperatore e l’altro, tra un presidente e il suo successore. E anche la storia della Chiesa è scandita dal seguito dei papi. Non che sia sbagliato: però questa è solo una parte della realtà, questa è la storia dei libri, che registrano i poteri
Dentro alla storia dei libri, Dio scrive la storia dei cuori. Per avere un’idea più autentica della storia, occorre studiare non solo le gesta di re, presidenti e capi religiosi, ma anche la vita dei sudditi, dei cittadini e del popolo, la vita della gente. Ci sono stati e ci sono persone potenti di valore e di grande onestà; ma la storia non la fanno loro da soli. Nella storia dei libri non sarebbero mai comparsi personaggi come Maria, Elisabetta, Giovanni Battista e tanti altri “umili”, se Dio non avesse scritto con loro la storia dei cuori. Se noi conosciamo questi personaggi è perché, come dice Maria, Dio “ha fatto cose grandi” con loro, non perché siano stati potenti, ma perché sono stati umili.
Ogni tanto, nelle vicende storiche, sorge qualche personaggio umanamente molto forte, che crede di dominare la storia: e in effetti per qualche tempo riesce a farlo, incutendo paura, timore e riverenza. Ogni secolo registra il dominio di qualche potente che Maria metterebbe tra quei “superbi” di cui Dio rovescia i troni. Nel secolo scorso, ad esempio, Hitler si era convinto che il suo regno sarebbe durato mille anni e poi sarebbe venuta la fine del mondo. È stato invece rovesciato dal trono dopo due decenni, troppi comunque per poter evitare le atrocità terribili che ha compiuto. Il nostro beato Odoardo Focherini ne è stato vittima, come pure san Massimiliano Kolbe, la cui memoria abbiamo celebrato ieri. E purtroppo il dittatore tedesco è stato imitato da tanti altri dittatori, che in vari paesi del mondo hanno causato rovine e causano sofferenze a molta gente umile.
Il Cantico di Maria è allora una scommessa sul senso di tutta la storia: alla fine vince chi opprime o chi è stato oppresso? La sua assunzione in anima e corpo, cioè l’accoglienza da parte di Dio di tutta la sua persona, è la certezza che alla fine vince l’umile; è la certezza che la storia non è in mano ai potenti che compaiono nei libri, ma a Dio che la scrive con gli umili. Il Cantico di Maria è un grido di speranza per chi subisce ingiustizia, un monito severo per chi la provoca e una spinta per tutti ad impegnarci perché più della storia dei libri, si diffonda la storia dei cuori, che Dio continua a scrivere oggi con tutti coloro che umilmente si spendono per la giustizia. Le beatitudini, anticipate dal Cantico di Maria, sono l’inchiostro con cui il Signore scrive la storia: beati gli umili, i miti, gli operatori di pace, che fanno la storia vera; beati coloro che ogni giorno cercano l’amore e la giustizia; non entreranno forse nei libri di storia delle scuole, ma sono già incisi nel libro di storia di Dio.