Bar 5,1-9 – Salmo 125 (126) – Fil 1,4-6.8-11 – Lc 3,1-6
“Il Signore tace”: questo dicevano i saggi di Israele al tempo di Gesù. “Il Signore tace, non ci dona più la sua Parola”! E lo dicevano da alcuni secoli perché dopo le grandi apparizioni di Dio ad Abramo, ai Patriarchi, a Mosè, a Davide, ai Profeti, sembrava che il Signore stesso si fosse stancato della risposta così dura dell’uomo. E, dunque, taceva: ormai aveva detto tutto e spettava al popolo decidere se convertirsi o meno.
Ma ad un certo punto Dio rompe questo silenzio. Lo rompe alla sua maniera: ha un suo stile, che non è il nostro! E lo rompe in un modo totalmente inatteso. Immaginiamo la parola di Dio come un aereo che deve atterrare. Il Vangelo di Luca ci dà questa bellissima immagine della Parola che cerca il luogo in cui atterrare. E dove atterra? In una terra sicura, da Tiberio Cesare, l’imperatore? Se la parola di Dio avesse voluto conquistare in un attimo l’Impero, avrebbe toccato terra a Roma, Dio avrebbe parlato all’imperatore: e sappiamo che quando un sovrano cambiava religione, i sudditi erano portati a cambiare religione. Ma Dio non sceglie l’imperatore. Allora ci sono altre possibilità, altri personaggi potenti citati da Luca: forse Ponzio Pilato, governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, Filippo dell’Iturèa, Lisània dell’Abilène… sono i potenti del tempo che, insieme, governavano tutta la Palestina. Se Dio avesse dunque voluto convertire tutta la Palestina con la sua Parola, avrebbe toccato terra in una di queste regioni, si sarebbe rivelato a Pilato, a Filippo, a Erode, a Lisània. Ma la Parola di Dio sorvola anche i potenti della Palestina. Restano allora i sommi sacerdoti Anna e Caifa, i capi religiosi di Gerusalemme: se il Signore si fosse rivelato a loro, in poco tempo gli ebrei si sarebbero convertiti, Gerusalemme avrebbe obbedito a Dio. Ma il Signore sorvola anche i palazzi del potere religioso. Questi sette nomi – l’imperatore, il governatore e i tetrarchi, i due sommi sacerdoti sono la somma dei poteri politici, militari e anche religiosi dell’epoca. La parola di Dio li sorvola tutti. Il Signore non tocca terra né a Roma, né in Palestina, né a Gerusalemme.
Dove va a posarsi la parola di Dio? Su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Nessuno poteva aspettarselo. La parola di Dio tocca terra nel deserto, là dove non è agevole planare: sulla sabbia; là dove c’è uno sconosciuto: Giovanni, che non ha nessun potere, è un’asceta, è andato ad abitare nel deserto, non esercita nessun dominio né politico né militare né religioso. Perché Dio va ad appoggiare la sua Parola su di lui? Perché il Signore va a posarsi sui cuori umili: è lo stile di Dio in tutta la Scrittura; sembra quasi che il Signore eviti appositamente le potenze di questo mondo per andare a planare sui cuori umili perché diventino la sua voce nel deserto. Là dove non c’è vita, là dove tutto sembra arido e silenzioso si appoggia il Signore. Là plana la parola di Dio… e comincia la storia cristiana, proprio attraverso la voce di Giovanni Battista, il precursore. Non è una voce tonante, non è quella di un sovrano, né di un governatore o di un sommo sacerdote. E’ una voce che parla al cuore e chiede cose scomode: chiede di convertirsi, chiede di farsi dono, chiede di non incentrare l’attenzione di sé, chiede di rimanere aperti ad un Altro: non a caso il Signore sceglie Giovanni Battista, perché è un uomo totalmente aperto, totalmente decentrato. Il senso della vita del Battista è fuori della vita del Battista: è la vita di Gesù.
L’umiltà consiste proprio in questo decentramento; l’umiltà non fa finta di nascondere i propri doni; l’umiltà estrae i propri doni per farne servizio, per metterli a servizio del Signore per gli altri. La Parola di Dio cerca cuori umili: spesso non fa notizia, perché gli umili normalmente non fanno notizia; non si impone mai, perché gli umili propongono; tante volte non viene neanche apprezzata, perché è scomoda, richiede conversione. Però questo è lo stile del Signore: uno stile che si era già manifestato in Maria, che diventa carne in Gesù, e che continua ancora oggi nella Chiesa. Non importa quanto si faccia notizia, importa essere fedeli al Vangelo, importa amare, importa l’umiltà di iniettare nelle vene del mondo la speranza nella vita che va oltre la morte. Tutto questo non fa cronaca, però fa storia, perché là dove si posa la parola di Dio comincia la storia.