(1 Cor 13,4–7.10-13; Sal 23; Gv 15,4-11)
“L’amore può tutto”: è il motto che avevi scelto, cara Alessandra, per le pagine che gestivi sui social; è il motivo conduttore del tuo straordinario libro “Al volante della mia vita”. Ma non è solo un motto o uno slogan: è la tua esistenza stessa che dice: “l’amore può tutto”. Sei stata davvero “al volante” della tua vita, dall’inizio alla fine. Al volante sempre, nonostante il pesante freno del tumore, di questo terribile nemico che chiamavi “ospite indesiderato”.
Sei stata al volante della tua famiglia: hai guidato tuo marito e tua figlia con l’energia del sorriso, li hai accompagnati nel viaggio della tua malattia, dicendo sempre la verità sul suo decorso, aiutandoli a crescere nella pazienza e nella fede; senza vergognarti di chiedere a tua volta una mano, quando la sofferenza diventava insopportabile: e hai sempre ricevuto dai tuoi familiari, soprattutto da Gian Carlo e da Emma, ben più di una mano, ben più di due mani; hai ricevuto un abbraccio immenso, continuo, affettuoso. Sei stata al volante fino all’ultima sera della tua vita, quando hai partecipato, con le tue energie residue, alla festa di compleanno di tuo marito: per dimostrare una volta di più che “l’amore può tutto”.
Eri abituata a vivere al volante. Sin da giovanissima, nella tua Mirandola, ti sei spesa non solo nella tua famiglia d’origine, ma anche nella tua comunità parrocchiale, come educatrice e catechista, animatrice della liturgia, del canto e delle attività pastorali. In quegli anni hai maturato la tua fede, solida e concreta, fatta più di gesti d’amore che di parole e ragionamenti. Lì hai imparato a spenderti gratuitamente e lietamente, al di là del dovuto, facendo tua la convinzione di San Paolo: “Dio ama chi dona con gioia” (2 Cor 9,7).
Proprio San Paolo è l’autore di quell’inno all’amore proclamato poco fa, che ho scelto come prima lettura, obbedendo al tuo desiderio di un funerale in cui risuonassero letture gioiose e non tristi. L’inno all’amore era una delle tue pagine preferite, perché esprime in modo poetico e profondissimo la forza dell’amore che “può tutto”, dell’amore che è più potente della morte. Questo amore ti ha sostenuto nei ricoveri ospedalieri. Sei stata al volante anche nel letto d’ospedale, da dove, con cellulare e computer, continuavi a lavorare, a studiare, a pregare, a convocare amici e amiche. Medici e infermieri, con i quali discutevi delle cure da affrontare, non riuscivano a spiegarsi questa vitalità e ripetono ancora oggi di non avere mai visto una paziente così attiva e combattiva.
Il volante della tua vita l’hai tenuto saldo sulla cattedra universitaria, continuando a fare lezione, a sostenere esami, a seguire tesi fino a pochi giorni fa. Il volante l’hai mantenuto ogni volta che salivi su un palco, come quando hai preso la parola un paio di anni fa davanti al pubblico del TEDx, raccontando nel dettaglio del tumore, della tua lotta e delle tue speranze e hai invitato gli spettatori, stupiti e commossi, a guardare la vita da un altro punto di vista, quello dell’amore. O quando hai presentato in varie città il tuo libro, attivando sempre emozioni nei partecipanti, che poi ti scrivevano per ringraziarti e confidarsi. O quando – molti dei presenti lo ricordano – hai voluto festeggiare il decimo anniversario di matrimonio, il 21 ottobre scorso, in una serata indimenticabile, dove ti sei spesa cantando e ballando con un entusiasmo contagioso e travolgente.
Nelle ultime settimane la malattia voleva costringerti ad abbandonare il volante. L’hai invece tenuto fermo, anche quanto la tua vettura ha preso la forma di una sedia a rotelle, perché non camminavi più. Mostravi le levette di comando della tua nuova automobile domestica, dicendo con ironico orgoglio che comunque eri ancora in grado di guidare. E continuavi, da questa sedia, a studiare, a scrivere, a telefonare, a cantare. Hai guidato con la stessa tenacia una settimana fa anche l’ultimo Rosario, ormai appuntamento abituale per tanti amici, che ieri sera hanno ripetuto il gesto, assente tu fisicamente ma più che mai presente spiritualmente.
“Rimanete nel mio amore”, ci ha detto Gesù nel Vangelo prima proclamato, “perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. La gioia vera proviene dall’amore, e quando l’amore è quello del Signore, la gioia è piena. La tua fede, Alessandra, era appoggiata saldamente su Gesù. Non nascondevi la tua fede in lui, ma nemmeno la esibivi, perché l’amore non punta ad esibirsi, punta a radicarsi. Nei colloqui personali lasciavi emergere tutta la profondità della tua adesione al Signore, la tua fiducia in lui.
Raccolgo dal nostro ultimo dialogo della settimana scorsa tre frasi, che si sono scolpite nella mia mente. “Non chiedo al Signore perché sono ammalata – lo scoprirò davanti a lui – ma gli chiedo di amare fino alla fine”. Il Signore te lo ha concesso. La tua acuta intelligenza aveva compreso che il dolore è un mistero troppo grande per la nostra mente umana, e che di fronte alla sofferenza abbiamo solo l’alternativa tra l’affidamento e la disperazione. Da parte tua, hai scelto l’affidamento: la consegna a un disegno più grande, i cui contorni saranno svelati solo quando saremo al cospetto di Dio. E che ora ti sono svelati.
La seconda frase: “Io sento di vivere cento vite”. Davvero la tua vita non è durata 48 anni, ma molti secoli. Hai saputo concentrare in poco tempo così tante passioni, competenze, emozioni e progetti, che non si capisce come possano intrecciarsi nella stessa persona. Hai dimostrato che la misura della qualità della vita non è la sua durata, ma la sua intensità. E il grado di intensità è dato dall’amore. L’ultima frase che mi hai detto: “Io continuerò ad amare anche dal cielo, perché non posso farne a meno”. L’amore può tutto: ed è più forte della morte stessa; chi ama non spegne mai la sorgente, ma continua ad amare dal cielo. Conoscendoti, tu non smetterai certo di interferire ora, che sei libera dalla malattia e puoi riprendere totalmente il volante, andando alla velocità che desideri.
Il colore rosso era il tuo preferito: l’hai voluto come sfondo nella copertina del tuo libro, era spesso il colore dei tuoi abiti quando ti presentavi in pubblico, l’hai voluto perfino nel rivestimento della tua bara. Come per dirci, ancora una volta: “l’amore può tutto”. Grazie, Alessandra: l’amore può davvero tutto, perché l’amore è il nome stesso di Dio, l’amore è la sostanza della vita eterna; quell’amore è il veicolo di cui ora il Signore ti ha dotato, e sul quale continuerai ad ospitare tutti: la tua cara famiglia, in particolare i tuoi adorati Gian Carlo ed Emma, i tuoi amici, le persone che dovunque ti sono grate per l’immenso dono che sei stata, anzi che sei, ora totalmente libera di guidarci dal cielo.