Gen 2,7-9; 3,1-7 – Sal 50/51 – Rm 5,12-19 – Mt 4,1-11
Omelia dell’Arcivescovo
In quella grande parabola che è il racconto di Adamo e di Eva e che ci comunica verità sempre attuali, ad un certo punto Dio dice all’uomo e alla donna che possono mangiare di tutto nel giardino, tranne che dell’albero della conoscenza del bene e del male: non può essere la creatura a decidere cosa è bene e cosa è male. Dio ci ha dotati di una coscienza, nella quale lui stesso scrive ciò che è bene e ciò che è male, e noi possiamo riconoscerlo, non inventarlo. Ci rendiamo conto del resto tutti i giorni di cosa accade quando gli esseri umani vogliono mettersi al posto di Dio e chiamare bene il male e male il bene: vengono fuori violenze, sopraffazioni di ogni tipo, guerre, tante forme di egoismo. Però evidentemente il Signore vuole a tutti i costi la nostra libertà, dandoci la possibilità di scegliere. E infatti Adamo ed Eva, cioè l’umanità, tentata dal serpente, sceglie spesso di mettersi al posto di Dio: “diventerete come Dio” è la costante tentazione dell’orgoglio, della superbia, che anima i nostri comportamenti contrati alla legge di Dio scritta nella realtà.
Ma questa osservazione un po’ pessimistica viene temperata, e anzi, in un certo senso rovesciata, da san Paolo quando scrive che il peccato è stato introdotto nel mondo attraverso Adamo, ma adesso, “molto di più” (lo dice per tre volte) molto di più siamo sotto la grazia. Noi non siamo davanti ad un bivio, dovendo scegliere ad ogni passo fra il bene e il male: noi siamo già salvati, perché il Signore ha già compiuto la salvezza; nel battesimo abbiamo ricevuto la possibilità di scegliere il bene; i nostri quattro amici, di cui fra poco scriveremo il nome nel registro dei catecumeni e che si stanno preparando da adulti a ricevere il battesimo, sanno bene che questa è la prospettiva: noi siamo già dentro la salvezza, avendo però la libertà di dire di no. E il Vangelo di oggi, attraverso l’esperienza di Gesù, ci fa comprendere la bellezza del dire di sì: come resistere alle tentazioni in negativo, ma soprattutto come intraprendere o intensificare la strada della vera libertà, che non è la libertà di peccare – abbiamo anche questa, che però porta ad una conseguente e graduale riduzione della libertà stessa – ma è la libertà di scegliere il bene. Gesù in persona ha vissuto le tre tentazioni davanti alle quali spesso noi ci troviamo, come lui, Ha preso la nostra fragilità, non ha preso il peccato (cioè la colpa), ma ha preso tutte le conseguenze della colpa. La prima tentazione riguarda le cose, la seconda riguarda Dio, la terza riguarda gli altri.
La prima tentazione è espressa dal diavolo in maniera molto astuta: Se tu sei figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pane, cioè: fai un bel miracolo, utilizza le cose a tuo vantaggio, perché le pietre non si possono commerciare, ma se cominci a trasformare le pietre in pane, ti puoi arricchire, è un miracolo strabiliante. E Gesù invece non vuole stravolgere la natura delle cose: farà sì il miracolo della moltiplicazione dei pani, ma trasformerà il pane che gli viene offerto in pane condiviso. Non vuole trasformare le pietre in pane, vuole rispettare la natura della realtà: il rapporto con le cose non può essere di sfruttamento e di abuso. Questo vale per i beni, vale per il denaro, vale per il creato. La strada dell’abuso, dello sfruttamento arbitrario, ci porta sempre all’infelicità; al contrario la strada di un uso delle cose per la condivisione – che siano beni, denaro o gli elementi del creato – ci porta alla felicità. Le cose devono servire e non possono spadroneggiare. Nel momento in cui il denaro e i beni, diventassero i nostri padroni, avremmo imboccato la strada dell’infelicità: ci troveremmo immischiati in quel meccanismo della avidità che è una passione triste, ci rende infelici. Le cose vanno utilizzate come doni di Dio, al servizio della condivisione.
La seconda tentazione è molto più sottile: Gesù viene portato in alto, sul tempio, e il diavolo gli dice: “Buttati, perché se sei figlio di Dio, lui ti verrà a salvare!”. Che cosa significa? Significa: metti alla prova Dio, metti la tua firma in un contratto con Dio, fai un patto con Dio! Questa è una grande tentazione, rapportarci a Dio come se lui fosse un padrone e noi gli schiavi, oppure lui un commerciante e noi i clienti; e invece siamo figli. Quando toccherà a Gesù chiedere qualcosa al Padre, gliela chiederà proprio come Figlio: “Se puoi, allontana da me questo calice, però non la mia ma la tua volontà sia fatta”. Il rapporto con Dio non può mai essere un rapporto commerciale, non possiamo porre condizioni a Dio. Non possiamo misurare il nostro rapporto con Dio su quello che vorremmo che lui facesse; e noi interpretiamo tutti i giorni, la posizione di figli, quando diciamo il “Padre Nostro”: intanto lo chiamiamo Padre, che vuol dire che noi siamo figli, non schiavi e non clienti; e poi gli diciamo: “sia fatta la tua volontà”.
La terza tentazione è il potere per il potere. Il diavolo porta Gesù su un monte altissimo e gli fa vedere tutti i regni della terra, dicendogli: “Tutto questo sarà tuo se prostrato mi adorerai”. Tutto sarà tuo: il potere inteso come rapina, possesso, piedistallo per potersi innalzare sugli altri. Un po’ di potere l’abbiamo tutti, perché nel momento in cui due persone si mettono in rapporto tra loro, scatta anche un meccanismo di potere. E Gesù non ha rifiutato il potere: dirà anzi, alla fine dello stesso Vangelo di Matteo, “mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra”. Gesù ha rifiutato non il potere, ma la logica del potere fine a se stesso, che spadroneggia: l’ha invece piegato totalmente al servizio. Infatti salirà su un monte scomodissimo: il Golgota, non per innalzarsi su tutti i popoli della terra, ma per abbassarti e fare sue le nostre fragilità, persino le nostre miserie. Questo è l’esercizio del potere che incarna Gesù.
Dunque Gesù volge in positivo le tre tentazioni: non sfruttamento dei beni, ma condivisione; non il commercio con Dio, ma l’affidamento a Dio; non lo spadroneggiamento sugli altri, ma il servizio. Queste sono strade che Gesù ci indica per la nostra libertà: ci sta dicendo che noi giochiamo bene la nostra libertà, e che in definitiva noi siamo tanto più felici, quanto più seguiamo queste strade, quanto più ci doniamo.