1Sam 16,1b.4.6-7 – Sal 22/23 – Ef 5,8-14 – Gv 9,1-41
La luce e la lotta fra la luce e le tenebre: questo è il filo conduttore della parola di Dio di oggi. La vista e la cecità: a partire però non dallo sguardo umano ma dallo sguardo del Signore sugli uomini. Quando si trattava di trovare per Israele, tremila anni fa, un re che succedesse a Saul, Dio mandò il profeta Samuele nella casa di Iefte; e Iefte che aveva tanti figli, uno più valoroso dell’altro, uno più bello dell’altro, glieli presentò tutti: ma Dio scelse l’ultimo, quello che il padre non gli aveva presentato, commentando: “L’uomo vede l’apparenza, il Signore vede il cuore”. È lo sguardo di Dio che dà valore all’essere umano; gli esseri umani, nel considerarsi tra loro, spesso valutano le apparenze: l’imponenza, il valore, la ricchezza, la bellezza, il potere; Dio invece è dotato di raggi-x che penetrano fino al cuore e vedono in profondità.
Il cieco nato di cui parla il vangelo si è sentito attraversato da questo sguardo, perché Gesù è l’unico che non lo giudica; tutti gli altri lo ritengono un peccatore, perché ogni malattia era collegata all’espiazione di un peccato commesso dalla persona stessa o da qualcuno dei suoi antenati; o lo vedono come un insolente e infatti i farisei lo cacciano via. Gesù invece lo vede come un fratello da salvare, un fratello a cui ridare la luce. L’uomo vede l’apparenza, il Signore vede il cuore.
C’è però un particolare che vorrei notare – molto brevemente perché il vangelo del cieco nato è stupendo, è anche molto lungo: Gesù dice ad un certo punto a quest’uomo, ancora cieco: “Vai a lavarti nella piscina di Siloe”. Questo miracolo comincia sulla spianata del Tempio, proprio alla sommità della collina su cui è fondata e costruita Gerusalemme; e la piscina di Siloe è alcune centinaia di metri sotto, a valle: per andare dal Tempio alla piscina era necessario percorrere un tunnel, il tunnel di Ezechia, che ancora oggi si può percorrere e che è pieno di acqua: ma è molto improbabile che un cieco potesse percorrere quel tunnel, lungo più di mezzo chilometro; l’altra possibilità è di scendere per un sentiero molto ripido, fatto anche allora di gradoni e di roccette: ed è ancora più improbabile che un cieco avesse potuto percorrere da solo quel sentiero. Evidentemente qualcuno lo ha accompagnato. Non basta incontrare lo sguardo amorevole del Signore per passare dalla cecità alla luce: è necessario anche essere aiutati da qualche fratello e da qualche sorella, è necessario essere sorretti da una comunità. Per questo gli esseri umani da sempre si sono riuniti in gruppi sociali, come le famiglie, le associazioni, le cooperative, le confederazioni; e da sempre, da quando Gesù è venuto, i cristiani si sono riuniti come Chiesa. E’ la Chiesa che ha accompagnato quest’uomo cieco dalla nascita e gli ha permesso di accogliere il comando di Gesù: “vai a lavarti e ci vedrai”. Uno da solo non riesce a compiere questo cammino: è troppo accidentato, è troppo complicato. Abbiamo tutti bisogno di appoggiarci gli uni agli altri.
C’è anche questo messaggio, dunque, nel vangelo: gli altri non sono solo coloro che ti accusano, che ti ritengono peccatore, che ti cacciano, che ti ostacolano in tutti i modi, che ti giudicano; gli altri sono anche quelli che ti sorreggono, che ti accompagnano, che creano reti di relazioni buone. Il Signore ci aiuti a raccogliere il suo sguardo misericordioso, a non lasciarci sopraffare dagli sguardi malevoli, dai pregiudizi; ci aiuti a sentire che lui arriva al cuore; ci dia l’umiltà, quando sperimentiamo momenti di buio, di tenebra, di lasciarci trasportare dai fratelli, dalle sorelle, e ci dia la forza, quando qualcuno ci chiede aiuto, di poterlo trasportare, di condurlo per mano. Se il mondo, secondo il sogno di Dio, fosse davvero una rete di relazioni buone, certamente sarebbe più luminoso.