Omelia Mons. Manicardi – Solennità di Cristo Re

Chiesa della Sagra – 22 novembre 2020

Omelia di mons. Ermenegildo Manicardi

Vicario generale della Diocesi di Carpi

 

Sorelle e fratelli carissimi,

oggi è l’ultima domenica dell’anno liturgico e celebriamo la solennità di nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo. La parola uni-verso indica che la realtà nella sua totalità è orientata verso l’unificazione: la totalità del mondo non è un caos di forze centrifughe e disperse, ma è una struttura organica orientata verso l’unità, è appunto un uni-verso. La liturgia odierna vuole farci riflettere sul fatto che il segreto di questa unità non è una legge fisica o una ideologia, ma è lo stesso Gesù Cristo, l’eterno Figlio del Padre divenuto uomo per sempre nel grembo verginale di Maria.

1.      Il superamento della situazione della zizzania in mezzo al grano

Gesù è re dell’universo perché dopo aver seminato grano buono nel campo di tutta la storia e dopo avere accettato la compresenza della zizzania assieme al frumento, verrà a distinguere la messe buona dalle erbe selvatiche e nocive. Verrà alla fine dei tempi «sul trono della sua gloria» e radunerà davanti a sé tutte le nazioni. Allora separerà zizzania e grano, pecore e capre.

In quel giorno sarà chiaro che il bene non è una vittoria a metà, come potrebbe sembrare nel corso della vicenda terrena dell’uomo, ma il male sarà estirpato davvero e per sempre. I servi che avevano incontrato il rifiuto della loro domanda «Vuoi che andiamo a diserbare la zizzania» (cf. Mt 13,28), sperimenteranno che alla fine il Figlio dell’uomo regnerà contrasti quando «separerà gli uni dagli altri, i buoni e i cattivi, come il pastore separa le pecore dalle capre» (Mt 25,33). L’unica realtà che dominerà per sempre sarà il bene e il divino. Come ci ha assicurato l’Apostolo Paolo nella seconda lettura: «L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. (…) E quando tutto sarà stato sottomesso a Cristo, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso al Padre, «perché Dio sia tutto in tutti» (1Cor 15,28). Cristo è dunque davvero l’unico «sì» finale di Dio e la chiave di volta dell’unificazione dell’universo e quindi il re definitivo della vita e della pace.

2.      Cristo è oggi presente nella realtà ferita

La regalità universale di Cristo, splendente alla fine del mondo, è già presente in mistero nella nostra realtà terrena. Sia i giusti che gli egoisti si chiedono con una verità soggettiva: «quando mai ti abbiamo visto in terra?». Anche se in modo non appariscente, Cristo pervade già adesso tutta la realtà. Anche oggi egli è presente nelle nostre strade attraverso gli affamati, gli assetati, gli emigrati, i malati, i carcerati e tanti altri poveri. Chi di noi potrebbe negare questa sua, non sempre comoda, presenza? La realtà anche più cupa e sporca è per Gesù un sacramento vero della sua presenza. Gesù è presente nel mondo perché si identifica con coloro che sono portatori di limiti sofferenza e semi di morte.

Come è possibile questo mistero? È possibile perché colui che è risorto e vivo è sempre il crocifisso. Le tracce vive della sua morte in croce non solo soltanto nelle piaghe gloriose, che l’Apostolo Tommaso riuscì a toccare, ma sono altrettanto presenti nella carne di Cristo, che sono tutti i bisognosi e gli scartati.

3.      Cristo si mostra oggi visibile in coloro che scelgono di avere cura degli altri

Ma c’è una terza presenza di Cristo decisiva per noi e per tutti quelli che ascoltano il Vangelo. È la presenza di Cristo in coloro che scelgono di prendersi cura degli altri e che non si bloccano nella loro tranquillità individualistica. Chi rinuncia a essere felice da solo, già oggi rende presente Gesù con la sua regalità liberante.

Il Signore verrà nella sua realtà gloriosa sono alla fine del mondo, ma è già re tanto nei suoi poveri, quanto nei suoi santi. Se penso al beato Odoardo Focherini, nei giorni che ha vissuto tra noi, apparentemente sconfitto dall’ingiustizia che lo ha condotto alla morte e che ha buttato la sua famiglia in un atroce dolore, vedo anche che in lui Cristo ha regnato davvero. Era in lui quando era prigioniero nel carcere di Bologna e nel campo di Fossoli, era vicino a lui quando all’avvicinarsi del Santo Natale del 1944 moriva nel lager di Hersbruck.

Regnava in lui luminoso quando nell’ospedale di Carpi consegnò la carta d’identità falsificata all’ebreo Donati, causando così la possibile libertà di questo suo fratello. Il Cristo, che Odoardo amava, era con lui quando si ingegnava a trovare la carta per stampare un giornale – L’Avvenire d’Italia – che voleva parlare di libertà, mentre l’Europa e il mondo erano avvolti nella tragedia della guerra e del razzismo, che aveva accecato tanti cuori.

 

Oggi per noi vivere la regalità di Cristo significa non lasciare che vinca la paura del Covid-19, non permettere campo libero alle divisioni di chi vuole prevalere, guadagnare e approfittare anche della tragedia. Non lasciamo che i distanziamenti diventino muri. Se occorre il plexiglass mettiamolo, senza reticenze, ma curiamo che sia davvero trasparente. Al di la della protezione per bloccare l’epidemia, l’altro deve conservare, ben visibili ai nostri occhi, i suoi tratti personali più veri.

 

Ripetiamo con il cuore la preghiera colletta di oggi, che adesso comprendiamo meglio:

 

«Dio onnipotente ed eterno,

che hai voluto rinnovare tutte le cose in Cristo tuo Figlio, Re dell’universo,

fa’ che ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato, ti serva e ti lodi senza fine. Amen.