– Es 12,1-8.11-14; Sal 115/116; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15 –
Il commento più significativo all’episodio appena proclamato – Gesù che lava i piedi ai discepoli – questa sera sarà il rito della lavanda dei piedi, che renderà evidente l’invito di Gesù; ma questo rito dall’altare deve essere portato nella vita. Mi pare il passaggio decisivo di ciò che viviamo in Chiesa. Questa sera facciamo memoria di due gesti molto semplici, quotidiani, perché ogni giorno noi mangiamo e beviamo e ogni giorno noi ci laviamo. Se dopo duemila anni facciamo memoria, addirittura nel momento liturgico, di due gesti così semplici – lavare i piedi e spezzare nutrirci di pane – è perché quei due gesti hanno assunto con Gesù un significato che attraversa il tempo, un significato molto più profondo del loro senso umano, già importante, perché se non mangiassimo moriremmo e se non ci lavassimo ci ammaleremmo e daremmo noia anche agli altri… Due gesti quotidiani, semplici, forse i due gesti più umani che possano esistere, con Gesù però prendono un significato profondissimo, perché sempre il nostro umano, le cose che facciamo ogni giorno, se vissute in Cristo prendono un senso profondo, molto più profondo del loro significato umano; il senso che dà Gesù a questi due piccoli gesti è quello del servizio, della condivisione.
Il senso che Gesù dà al pane e al vino donati quando – lo sentiremo tra poco – dice: “Questo è il mio corpo dato per voi, questo è il mio sangue versato per voi”, non è semplicemente quello di nutrire il corpo, ma è quello di condividere ciò che abbiamo, anzi, di condividere ciò che siamo, di far partecipare anche gli altri alla mensa dei nostri doni: i doni naturali (intelligenza, volontà, tempo, affetti), i doni materiali (beni), i doni spirituali (fede, speranza, amore). Gesù ci sta dicendo che se non spezziamo e non distribuiamo tra di noi questi doni, ammuffiscono. Proprio come il pane, che quando si tenta di conservarlo troppo a lungo fa la muffa. Così sono i nostri doni: se li teniamo per noi stessi, dopo un po’ non servono più a nessuno, né a noi né agli altri: se li condividiamo, se li consumiamo insieme, allora hanno senso.
E mettersi a lavare i piedi dei discepoli da parte di Gesù – come ci racconta il vangelo di Giovanni – non è altro che dire il significato profondo dell’Eucarestia: il servizio. Se si vive bene l’Eucarestia attorno all’altare, “si fa il pieno” per poter servire i fratelli e le sorelle nella vita quotidiana. Questo è controcorrente perché alla moda è mettersi gli altri ai piedi, non mettersi ai piedi degli altri; alla moda è innalzarsi sopra gli altri costruendosi dei tronetti, non abbassarsi davanti agli altri cercando il loro bene. Gesù è sempre controcorrente, però chi sperimenta l’amicizia con lui si rende conto che la vita assume uno spessore, un colore, un sapore che senza di lui non ha. è la bellezza della fede: non toglie nulla di quanto è umanamente bello, ma lo riempie, proprio come non ci toglie il gusto del mangiare e del bere o l’utilità del lavarci, ma dà un significato nuovo, molto più pieno: quello del servizio.