(Ap 11,19a; 12,1–6a.10ab – Sal 44 – 1Cor 15,20–27a – Lc 1,39-56)
Questa è la festa del traguardo ma è anche la festa del cammino. La processione che abbiamo vissuto rappresenta l’uno e l’altro perché la nostra vita è cammino verso il traguardo. Se non ci fosse la meta, la nostra vita sarebbe un vagabondaggio, un girare a zonzo, senza uno scopo; e chi la vive così, o meglio quando la viviamo così, ci rendiamo conto che non ha senso. Non ha senso vivere come dei vagabondi, senza una meta: allora si sente il bisogno di stordirsi, di pensare ad altro e non si sopporta più la vita, c’è bisogno di qualche alternativa, di qualche dipendenza. D’altra parte, anche vivere protesi verso la meta senza amare il cammino, senza assaporare la gioia del percorso, ma avvertendo il percorso solo come un peso, è di nuovo una vita senza significato. Diventa una corsa, una corsa per consumare dei traguardi, una corsa per raggiungere sempre nuove mete, ma così si dimentica la bellezza della strada. È necessario che ci siano entrambi: il traguardo e il cammino; è necessario che li amiamo entrambi.
Per questo oggi noi festeggiamo il traguardo, l’Assunzione di Maria, il punto di arrivo, ma festeggiamo anche il cammino. Abbiamo sentito proclamare e commentare da papa Francesco il cammino di Maria da Nazareth verso la casa della parente Elisabetta, cento chilometri più a sud. Maria ha amato il cammino e ha amato il traguardo. C’è un modo per dare senso a questo cammino verso il traguardo, ed è l’incontro: vivere la vita come un incontro, non come uno scontro. Maria, recandosi da Elisabetta, ha rappresentato l’incontro del nord con il sud; Nazareth è a nord, Ain-Karim è a sud: Galilei e Giudei erano due popoli della stessa grande stirpe ebraica, ma erano due popoli molto diversi, che si guardavano con reciproca diffidenza. Serve il coraggio di incontrare l’altro, il diverso da te. Se la vita noi la riempiamo di incontri, se facciamo incontrare i nostri Nord con i nostri Sud, le nostre diverse culture, religioni, sensibilità, storie, lingue, allora il cammino si riempie di senso. Quello tra Maria ed Elisabetta è stato inoltre un incontro tra due generazioni diverse: Maria era giovanissima, dato che all’epoca si andava in sposa poco più che adolescente; di Elisabetta si dice che nella sua vecchiaia non aveva ancora concepito, quindi è molto più grande di lei in età. Quando si incontrano nella vita le diverse età e generazioni, quando si ha il coraggio e l’attenzione di trasmettersi le narrazioni e comunicarsi le speranze, quando le storie e i sogni si incrociano, allora la vita si riempie di senso. La vita è anche un incontro tra generazioni. Quando invece si tagliano i rapporti tra le generazioni, ci si accusa a vicenda, ci si tiene distanti, allora la vita è vuota: agli anziani rimangono le loro nostalgie e ai giovani le loro illusioni. Infine, l’incontro tra Maria ed Elisabetta è un incontro di sofferenze e di gioie. Ciascuna porta nel cuore una sofferenza: Maria questa situazione inattesa e anche pericolosa che le stava capitando; era incinta per opera dello Spirito Santo, ma questo lo sapeva solo lei e potevano pensare che fosse una donna adultera, quindi perseguibile per legge; Elisabetta porta nel cuore la sua lunga vita umiliata, perché la donna sterile era considerata abbandonata anche da Dio. Entrambe però con le loro gioie, perché portano in grembo la vita. Per cui quando si incontrano non c’è un accumulo di lamentele, non è semplicemente una comunicazione di malumori; quando si incontrano sboccia un dialogo di gioia: “Benedetta tu fra le donne… il bimbo ha esultato di gioia…l’anima mia magnifica il Signore”. L’incontro nella nostra vita serve anche per trasformare le sofferenze in gioie; se le sofferenze le chiudiamo dentro di noi, se le nostre fatiche le teniamo celate nel cuore, facilmente rendono nere le giornate; se invece abbiamo il coraggio di muoverci, di comunicarle, di apprezzare ciò che c’è nell’altro. allora anche le sofferenze si trasformano in gioie. Una sofferenza comunicata si dimezza, una gioia comunicata si raddoppia.
Maria ci dà il senso del cammino, di un cammino pieno, di un cammino che è un incontro, perché tende verso una meta bella. Chiediamo al Signore, attraverso l’intercessione di Maria, di amare sia la meta che il cammino. Non solo la meta, per non trasformare la nostra vita in una corsa insensata, non solo il cammino perché non diventi un vagabondaggio; ma la vita come pellegrinaggio, un cammino pieno di incontri che tende alla meta.
+ Erio Castellucci