Ieri sembrava che avesse vinto la pietra: la pietra che copriva il sepolcro di Gesù. E se avesse vinto la pietra, se non fosse stata mossa dalla bocca del sepolcro, noi saremmo ancora in ricerca di un senso per la nostra vita. Oggi sappiamo cha sulla pietraha vinto la carne, che quel corpo messo nel sepolcro è uscito glorioso, che la pietra è stata rotolata via dalla bocca del sepolcro, e allora c’è speranza; c’è speranza per tutte le nostre morti quotidiane, per i nostri dolori, per le nostre fatiche, per i nostri lutti. Se avesse vinto la pietra, i discepoli non avrebbero certamente recuperato nulla di quella vicenda così drammatica, fallimentare, che era finita sulla croce, perché la croce e il sepolcro erano per loro la prova dell’impostura di Gesù: non poteva essere il Messia, il Figlio di Dio, il Salvatore, se Dio l’aveva lasciato morire in quella maniera così vergognosa, disprezzata, insensata. Solo l’esperienza di una pietra rotolata e di un messaggio nuovo, solo l’esperienza, misteriosa certo ma reale, della carne di nuovo viva di Gesù, di una carne trasfigurata, ha fatto ripartire l’annuncio. Se avesse vinto la pietra, ciascuno sarebbe rimasto chiuso nella solitudine della morte.
La pietra chiude il corpo di ciascuno di noi e lo rende più solo che mai. Ma se ha vinto la carne, allora c’è una speranza che va addirittura oltre la morte, e Gesù rilancia l’avventura dei discepoli e delle discepole, dicendo: “Andate in Galilea, là incontrerete i miei fratelli”. Gesù vince la solitudine: se la pietra è stata rotolata allora è ripartita una famiglia, la famiglia umana; allora non vince più l’isolamento, la solitudine della morte, dove ciascuno rimane solo con se stesso, ma vince la rete della fraternità, riparte una comunità, ricomincia la vita di una famiglia.
è questa la nostra fede: tutto riparte dalla notte di Pasqua; di qui prendiamo forza per credere nonostante tutto: nonostante le violenze, le guerre, le ingiustizie, le sopraffazioni, l’odio che vediamo circolare nel mondo, per credere – nonostante tutto – che vale la pena giocarsi la vita per tessere reti di fraternità, perché la vita è più forte della morte.