Lunedì 3 giugno a Bologna, all’Istituto Veritatis Splendor, Odoardo Focherini è stato ricordato in un convegno organizzato dall’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi). Dopo la messa presieduta da monsignor Ernesto Vecchi, vescovo delegato per le comunicazioni sociali della conferenza episcopale dell’Emilia Romagna, c’è stato un interessante dibattito al quale hanno preso parte lo stesso monsignor Vecchi, Paolo Trionfini, vicepresidente nazionale dell’Azione Cattolica e il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, coordinati da Lisa Bellocchi. Monsignor Francesco Cavina ha fatto pervenire un suo messaggio per ringraziare l’Ucsi per l’impegno profuso nel far conoscere Odoardo Focherini e la sua testimonianza per tutti gli operatori dei mass media. Per monsignor Vecchi Focherini trasmetteva nel suo impegno all’Avvenire d’Italia tutto ciò che lui era nella vita ovvero un credente fortemente attaccato a Cristo, nel quotidiano incontro nell’eucaristia e nella consapevolezza che il Corpo del Signore aveva un valore “sociale” non inteso come potere ma come fonte di salvezza come dimostrano i cinque congressi eucaristici che ha organizzato nella Diocesi di Carpi. Paolo Trionfini ha invece ripercorso alcune tappe significative della vita di Odoardo sottolineando in particolare gli anni della formazione giovanile in Azione Cattolica, a fianco di don Zeno Saltini, dove forte era il senso del sacrificio e dell’eroismo nel mettere in pratica il vangelo. Solo a partire da questa dimensione della fede si può poi leggere il suo percorso e l’accettazione della volontà di Dio fino all’estremo del dono della vita. Tra le testimonianze quella della figlia Paola Focherini che ha messo in luce la profonda unità d’intenti con la moglie Maria e quella del figlio di Umberto Sacchetti, il collaboratore e amico di Focherini all’Avvenire e destinatario di numerose lettere dal carcere, che per molti anni continuò a tenere i rapporti con la famiglia dopo la tragica morte in campo di concentramento.
A Marco Tarquinio, Bologna Sette, l’inserto domenicale dell’Avvenire, ha rivolto alcune domande sul tema del convegno “Fede e martirio. La testimonianza del Beato Odoardo Focherini”.
In quale modo la fede e il martirio di Focherini sono significativi per l’oggi?
Il nostro tempo, in tutti i continenti, anche in Europa, è ancora e sempre un tempo di martiri per la fede, ma non ce ne rendiamo quasi conto, non lo pensiamo e, dunque, di fatto non lo sappiamo più. Eppure per la fede in Gesù e per amore di coloro che ci sono fratelli e sorelle in umanità si arriva anche oggi a perdere la vita. La beatificazione di Odoardo Focherini, come già il 25 maggio quella di Padre Pino Puglisi, ci pongono davanti agli occhi la realtà e l’esempio di scelte di adesione a Cristo che culminano nel sacrificio totale di sé, per l’impegno senza riserve a realizzare un bene più grande del proprio e per la ferocia del male che si oppone a questo bene comune.
Nel caso di Focherini, il male era la follia anti-ebraica del nazismo e del fascismo. Il bene è, e resta, la difesa della verità dell’uomo e sull’uomo ed è, perciò, abbraccio a ogni singola persona minacciata, è passione per la giustizia, è fraternità senza esitazione né calcolo. Quella sua radicale obiezione di cristiano di fronte a una terribile volontà di discriminazione e di sterminio è ancora oggi la sola risposta in coscienza possibile alla disumanità, comunque essa si manifesti.
In particolare, quale insegnamento danno la sua vita e la sua morte a noi operatori della comunicazione?
Noi comunicatori, noi giornalisti, siamo spesso quelli della scrittura suggestiva, a volte mobilitante e persino sferzante, ma siamo pure quelli dell’incoerenza esistenziale, a volte addirittura del fariseismo. È l’esame di coscienza, niente affatto facile, che compio anch’io ogni sera… Ebbene, la vita e la morte – non cercata, ma ricevuta come prezzo per la fedeltà a ciò che davvero vale – del beato Odoardo Focherini ci dicono che un «uomo di parole» può essere nel modo più esemplare anche un «uomo di parola». Focherini nel mondo dell’editoria cattolica diede il meglio di sé come saggio e solido amministratore di giornale; non era infatti quello che definiremmo un giornalista scintillante, ma la sua coraggiosa testimonianza nell’oscurità della notte del male assoluto, nel tempo della Shoah, è stata ed è esattamente questo: scintillante, di una semplicità purissima. Lui, adesso, ci sta davanti come uomo della Parola incarnata.
In una società nella quale la comunicazione è sempre più pervasiva e sempre meno guidata dall’etica, in particolare quella cristiana, ha ancora senso proporre una figura come quella di Focherini?
Più che mai, più che mai! È vero, molte – troppe – volte, anche nel mondo dell’informazione la corrente che tende trascinare tutto nella fascinosa e devastante direzione dell’anti-umano sembra irresistibile, ma questo clima e questa percezione non dicono di una nostra sconfitta, dicono di un nostro dovere. Dicono cioè del compito che grava sui cronisti e sui commentatori dallo sguardo serio e limpido e, in modo specialmente esigente, sui giornalisti cattolici. Ci tocca una resistenza attiva proprio a quella corrente apparentemente trionfante (allora il superomismo nazista, quindi il materialismo ateo, ora un mortificante nichilismo e un tragico mercatismo). Ci spetta di non cedere alla dittatura del gossip, all’intimidazione del politicamente corretto e alla volgarità della bestemmia di Dio e della persona umana. E, a mio avviso, proprio la linearità della vicenda del nuovo beato e la forza immediata e coinvolgente della sua santità possono aiutare tutti, ma proprio tutti, a capire che – oggi come ieri e come sempre – non ci sono calcoli personali e di carriera da fare, ma dignità e verità da affermare. Senza prosopopea, per civile convinzione, con onestà di vita e di mestiere. Sapere che Odoardo Focherini intercede per noi che continuiamo – per quanto sappiamo e possiamo – l’opera di cui lui fu protagonista nel mondo della comunicazione è bello, e dà gioia.