(Is 52,13-53,12 Sal 30(31) Eb 4,14-16;5,7-9 Gv 18,1-19,42)
Un pensiero perché riecheggi questo racconto così ricco e impressionante: il nostro racconto.
“Noi eravamo sperduti come un gregge”, ha scritto Isaia quasi sei secoli prima di questi avvenimenti. Un gregge sperduto chiede un pastore. Invece di un pastore arriva un agnello. Cosa fa un gregge sperduto con un agnello, oltretutto condotto al macello?
È proprio questa la grandezza del Signore: si fa pastore dopo essersi fatto agnello; ci guida dopo essersi perduto insieme a noi. Se Gesù non fosse stato rinnegato e tradito, i tanti rinnegati e traditi della storia non si sarebbero sentiti coinvolti e interpretati da lui.
Se Gesù non fosse stato legato, ogni volta che siamo incatenati dai nostri peccati dalle infermità e dalla sofferenza, non ci sentiremmo compresi nel suo mistero. Se Gesù non fosse stato ingiustamente tormentato, chi subisce ingiustizia lo sentirebbe lontano. Se Gesù non fosse stato schiaffeggiato, tutti coloro che sono colpiti dalla violenza, lo avvertirebbero estraneo. E se non fosse andato in croce e nel sepolcro, le nostre croci e le nostre morti rimarrebbero senza la visita di Dio.
E proprio perché è entrato in profondità nella nostra situazione di gregge tante volte sperduto, perché ha condiviso fino in fondo la nostra paura, i nostri smarrimenti, la nostra sofferenza, che diventa vera la risurrezione. Oggi e domani, il venerdì e il sabato, sono giorni necessari perché la domenica sia davvero un inno di gioia, perché la festa sia per tutti.
+ Erio Castellucci