In ricordo di Don Nellusco Carretti

Ecco le testimonianze che alcuni lettori ci hanno fatto pervenire in ricordo di don Nellusco Carretti, il sacerdote carpigiano che ci ha lasciato per la Gerusalemme celeste il 4 gennaio scorso.
Stupisce come in modo del tutto spontaneo siano giunte in redazione le parole di amici che fanno emergere i tratti di don Nellusco sacerdote, in parrocchia, educatore di giovani, con il gusto per l’arte, sensibile alla famiglia, guida sulle vie delle fede nel mondo e capace del silenzio adorante dei piccoli di fronte all’immagine del Bambino Gesù.
Più ne parliamo e più si coglie il vuoto lasciato nella nostra chiesa, riempito solo dalla certezza della pace eterna che ha raggiunto e dalla consolazione che egli ora intercede per tutti coloro lo hanno amato.

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Ho conosciuto bene don Nellusco quando, negli anni ’80, mi chiese di creare un pannello per l’ingresso della Canonica e delle Opere Parrocchiali di Quartirolo, allora restaurate e ammodernate.
Fra i personaggi rappresentati volle i suoi genitori, papà Daniele e mamma Clelia, ma volle anche il ritratto del confratello don Ilario Balestrazzi, le sue due famiglie cioè: quella del sangue alla quale è sempre stato legato e quella della fede, vissuta nel suo sacerdozio fraterno.
Ho conosciuto bene don Nellusco quando, volendo onorare la Madonna dei Ponticelli, mi incaricò assieme all’amico Olindo Viola di costruire un pilastrino per ricordare dove sorgeva la casa della famiglia della Veggente di Ponticelli. Intendeva con ciò sottolineare l’importanza della famiglia nell’ educazione cristiana dei figli.
Ho conosciuto ancor meglio don Nellusco quando, recentemente, fu incaricato dalla Curia di favorire, con i suoi consigli rispettosi e pazienti, la riorganizzazione a Carpi dell’Associazione Italiana Genitori, Age, ( che ha tra le sue finalità quella di promuovere i valori della famiglia nella scuola e nella società) ospitando nei primi tempi i genitori nella accogliente canonica di San Marino
Grazie don Nellusco!

Romano Pelloni

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L’ultimo viaggio: Ricordo di Don Nellusco

Un Natale, gelido, con la nebbia che si tagliava a fette, andai con un’amica a fargli gli auguri.
Nel suo studio, alla parete, la grande foto sorridente dei suoi genitori, e negli occhi, la voglia di essere altrove, magari a Betlemme e raccontare “Qui Gesù bambino…”.
Ad ogni viaggio, nella valigia, l’entusiasmo della prima volta.
Tornato a casa, scattava subito la nostalgia.
Lasciata Petra dove le case sembrano immense tavolozze di pittori esposte al vento e al sole,
passammo in Israele: qui Don Nellusco giocava in casa, ingranava la quarta e la sua parola dilagava ovunque ci fossero pietre che trasudavano Vangelo.
Gerusalemme aveva già i colori dell’autunno: il sole che sorge regalmente all’orizzonte in un incendio di fuoco, il pomeriggio che diventa subito sera, le stelle che vengono presto e tutto intorno le preghiere dei fedeli.
Siamo nel deserto, è notte.
Don Nello fa fermare il pullman e ci dice “Scendete e passeggiate”.
Affondiamo gli occhi in quel cielo notturno e noi a bere tutte quelle stelle.
E mi sovvenne quella frase “Esiste un silenzio nella bellezza dell’Universo che è rumore in confronto al silenzio di Dio”.
Un’amica, vedova, trova e raccoglie una rosa del deserto.
E’ il suo compleanno, forse è caduta dal cielo per lei.
Lago di Tiberiade. Don Nello fa fermare i motori della barca: silenzio improvviso,
ma frastuono dell’anima.
Spianata del Tempio, Muro del Pianto, Moschea di Omar, Via Crucis e infine il Santo Sepolcro.
Hai fatto entrare solo noi, pochi privilegiati, tra due ali di frati e sacerdoti.
Acqua Santa, incenso e canti a volontà.
Si entra in punta di piedi e si esce col cuore in tumulto.
Grazie Don Nellusco per averci parlato di una splendida terra, calpestata da un Uomo straordinario.
Ma soprattutto grazie per quei silenzi dell’anima, per le emozioni del cuore,
per le solitudini solenni.
Al tuo funerale, ancora nebbia fitta da tagliare col coltello.
Il coro cantava “Eccomi…”, sull’altare lo zaino del pellegrino e una lanterna accesa.
Uomo buono e mite, dice il Vescovo, artigiano di riconciliazione, ma soprattutto uomo di Dio.
Su “Ali d’aquila “sei volato alla Gerusalemme Celeste.
Non più passaporti, valigie, dogane, timbri e barriere che dividono.
Ciao Don Nellusco, Sacerdote.

Annalia Smerieri


 

Piccolo ricordo di un grande incontro

E’ possibile descrivere con delle “parole” la personalità di un uomo, la sua opera e, soprattutto, la sua umanità ? E’ possibile farlo se quest’uomo ha consacrato e dedicato tutto se stesso alla sua opera con un’umanità rara, straordinaria e dolcissima ? Infine che dire se quest’uomo, nella sua vita intensa, ha anche saputo unire – e mai dividere ! – le tante persone delle comunità che ha servito e vivificato senza distinzioni d’età, provenienza o estrazione ?

Questo, per me, era Don Nellusco che ho avuto il dono di conoscere per oltre 30 anni.

Pensando a Lui mi viene in mente l’esatto contrario di quell’opaco sacerdote descritto nella Parabola del buon samaritano, il quale “per caso passò di là, vide l’uomo ferito e passò oltre, dall’altra parte della strada”.

Io l’ho conosciuto a cinque anni al campo lupetti, sul sentiero di una montagna dove avevo perso gli occhiali e piangevo. Il Don passò con me l’intera mattinata a cercarli. Alla fine li trovammo ma io continuavo a piangere perché in realtà avevo solo nostalgia di casa – e mi sentivo solo – come lui aveva capito perfettamente dal principio. Da allora mi colpì il suo calore, la sua bontà d’animo, e quella sua enorme ma discreta carica affettiva – più che paterna – di chi ha dedicato l’intera vita a servire Dio e gli altri nel profondo della fede e della maturità personale.

Più avanti negli anni, il Don mi ha sempre aiutato a ritrovare il sentiero non solo con le sue parole ma, soprattutto, con quella sua eccezionale capacità relazionale che lo portava ad avvicinare chiunque con naturalezza ed ad offrirgli il dono della fede con equilibrio, rispetto e libertà.

Tanti altri ricorderanno, come me, questi ed altri suoi doni e come Lui riusciva a mantenere vivo ed intatto nel tempo il suo affetto: Ti veniva a cercare, si auto-invitava (all’ultimo minuto) a pranzo o a cena a casa Tua; si ricordava di Te, con un saluto o una cartolina, persino quando era in viaggio !

La nostra Diocesi, proprio nel momento delle missioni, perde una testimonianza stupenda e concreta di come si dovrebbe vivere l’incontro e la relazione con l’altro e cioè nella pienezza, nell’autenticità e nella gratuità.

Nel dolore di queste ore, mi conforta il suo sorriso mite ed il pensiero di come il Don ha corrisposto alla domanda che apre la Parabola del buon samaritano:“ Maestro, che cosa devo fare per avere la vita eterna ?”
Lui si è fatto prossimo verso tutti quelli che ha incontrato sul suo sentiero con un affetto ed una dolcezza che non dimenticheremo mai.

Ballestrazzi