Presentazione ciclo di conferenze Gennaio-Febbraio 2011

Ripercorrendo a distanza di un po’ di tempo, i titoli del ciclo di conferenze programmato per i mesi di gennaio e febbraio di quest’anno e che sono stati sintetizzati con l’espressione ‘La violenza nella Bibbia’, mi sembra che questo argomento dovrebbe essere precisato così: ‘Il Dio violento nella Bibbia’. La violenza infatti attraversa in lungo e in largo la Sacra Scrittura, apparendo in molti luoghi e sotto molti aspetti, ed è un tema che dovrebbe essere svolto in ben più di quattro incontri. In ogni caso, che l’uomo sia violento non è una novità per nessuno, la violenza è «da sempre e dappertutto» ha scritto P. Ricoeur, ma che Dio possa apparire così, mette maggiormente in imbarazzo, soprattutto i credenti. Resta l’attenuante che, ponendo attenzione alle immagini violente di Dio e alle parole violente di Gesù, si resta in un ottica parziale e neppure determinante della teologia biblica. Poi c’è ancora l’attenuante che il discorso viene circoscritto alla Sacra Scrittura, quando si sa che le violenze sono plurali, come sono plurali le fedi.


Le attenuanti hanno senza dubbio una loro portata, ma ci sono degli antropomorfismi che sbilanciano; ed es. «ardente è la sua ira, le sue labbra traboccano di furore, la sua lingua è come un fuoco vorace, il suo soffio come una corrente che straripa e giunge fino al collo ‘ Il suo braccio si abbatte nell’ardore della sua ira in mezzo a un fuoco vorace, ad un uragano di pioggia e di tempesta ‘ Il soffio di Jahvé, come un torrente di zolfo, infiammerà la paglia e il legno ammucchiati in Tofèt» (Is 30,27-33; cf. Ez 20,33). È una pagina che esprime delle convinzioni. Jahvé usa una potenza che ha delle conseguenze serie: sconfitta, peste, piaghe, lebbra, morte; la sua ira si abbatte sui colpevoli ostinati, sulla sua comunità come sulle nazioni perché «il Signore ‘ è il vero Dio, egli è Dio vivente e re eterno; al suo sdegno trema la terra, i popoli non resistono al suo furore» (Ger 10,10). La violenza del Dio d’Israele si esprime negli elementi della natura quasi identificandosi con essi e trasformandoli in un motivo di lotta e di vittoria. Gli elementi naturali formano un ampio schieramento agli ordini del dio-guerriero, pronti ai suoi comandi. Con questo schieramento si combattono le ‘guerre di Jahvé’, a imitazione di quelle dei Baal della religione cananaica. Le ‘guerre di Jahvé’, sul piano dell’immaginazione, sono anche quelle che caratterizzano il ‘giorno di Jahvé’ che a partire dal profeta Amos appare un vero e proprio giorno di violenza vendicatrice: «Guai a coloro che attendono il giorno del Signore! Che sarà per voi il giorno del Signore? Sarà tenebre e non luce. Come quando uno fugge davanti al leone e s’imbatte in un orso; entra in casa, appoggia la mano sul muro e un serpente lo morde. Non sarà forse tenebra e non luce il giorno del Signore, e oscurità senza splendore alcuno?» (5,18-20).


Lo sappiamo, sono immagini e non possono esaurire la realtà a cui si riferiscono e di cui sono un riflesso, un’approssimazione. Sono immagini imperfette ed è necessario cogliere la loro relatività e guardare oltre, verso un loro inevitabile superamento. Vengono in mente le parole con le quali si conclude quella lettera che un ebreo scrisse poco prima di morire nel ghetto di Varsavia: «Ti amerò sempre, anche se non vuoi. E queste sono le mie ultime parole, mio Dio di collera: tu non riuscirai a far sì ch’io ti rinneghi. Tu hai tentato di tutto per farmi cadere nel dubbio. Ma io muoio come ho vissuto, in una fede incrollabile in te. Lodato sia da tutta l’eternità il Dio dei morti, il Dio della vendetta, il Dio della verità e della fede, che presto mostrerà nuovamente il suo volto al mondo e ne farà tremare le fondamenta con la sua voce onnipotente. Ascolta Israele: l’Eterno è il nostro Dio, l’Eterno è l’Unico e il Solo». Anche se non è un superamento pieno, perché rimangono quegli attributi di violenza che un ebreo conosce dalla tradizione biblica che l’ha formato, lo slancio d’amore rimane veramente ammirevole. Il superamento pieno è avvenuto però nella croce di Gesù. Non immagine, ma realtà contro cui devono infrangersi tutte le precedenti esibizioni di forza. Se la violenza è espressione di una logica di possesso assoluto e incondizionato, la croce è espressione di un Dio debole e perdente, di una mitezza senza pari, del recupero pieno del valore del perdono, espressione di pura gratuità, via per rompere il cerchio dell’inimicizia. Così la salvezza cristiana non ha rimosso la violenza, ma l’assunta e l’ha attraversata ponendosi dalla parte delle vittime e non dei carnefici. Non dimentichiamo quello che ha detto l’apostolo Paolo: «La parola della croce infatti è stoltezza per quelli cha vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio» (1Cor 1,18). Infatti «Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio» (1Cor 1,28s.).


Ringrazio coloro che hanno cooperato perché le prossime conferenze potessero aver luogo: gli amici del Centri Informazione Biblica, la Commissione Diocesana per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso e l’Associazione Maestri Cattolici di Carpi. Spero che i temi che verranno presentati possano essere per tutti voi un’occasione per capire e crescere.


Il presidente del CIB, d.Alberto Bigarelli