Il Signore ha dato ai nostri padri la gioia di costruirgli fra le case degli uomini una dimora dove egli continua a colmare di favori la sua famiglia che è pellegrina nella Chiesa di Carpi. Una gioia che iniziò ai primi del 1500, quando essendo diventata insufficiente, per l’accresciuto numero degli abitanti di Carpi, la Chiesa Madre detta ‘La Sagra‘, già consacrata e dedicata alla Madonna Assunta da Papa Lucio nel 1184, il Principe Alberto Pio, Signore di Carpi, decise e promosse la costruzione di questa nuova Basilica nel 1515, ben più vasta e al centro della fastosa piazza. Il nuovo edificio, esso pure dedicato a Maria SS. Assunta in Cielo, fu continuato lungo i secoli XVI e XVII e portato a compimento soltanto nell’anno 1767. Il primo vescovo della nuova Diocesi di Carpi, Francesco Benincasa, lo consacrò il 4 settembre 1791. (‘)
Tutti i sedici miei predecessori vescovi e una grande schiera di sacerdoti, molti dei quali qui ordinati, oggi sono qui a sostenerci, a farci coraggio, a darci forza, a testimoniare l’inalterata fedeltà di questa Chiesa al suo Signore, a esultare con noi.
Certo, la Cattedrale è importante, ma è solo un segno efficace che ci aiuta a capire che, con la Pasqua di Cristo, i credenti in Lui adorano il Padre ‘in spirito e verità’ (Gv 4,23) come abbiamo ascoltato poco fa nel brano del Vangelo. Quindi, assolutamente parlando, i credenti non sono necessariamente condizionati e vincolati per la loro fede e il loro culto da nessun luogo e da nessuna struttura muraria: ‘Ne’ su questo monte né in Gerusalemme adorerete il Padre’ (Gv 4,21). Cristo, Sacerdote unico ed eterno, offre il sacrificio dell’Alleanza definitiva ‘non in un santuario fatto da mani di uomo’ ma nel cielo stesso (Eb 9,24); e ogni eucaristia, dovunque si celebri, ci rende realmente partecipi di quell’unica oblazione che è offerta ‘sull’altare del cielo, davanti alla maestà divina’, come diciamo nella prima preghiera eucaristica e fa di ogni messa il sacramento ‘ cioè la ripresentazione efficace ‘ dell’eterna liturgia celeste.
Perciò, se anche tutti i nostri luoghi sacri e le nostre chiese fossero distrutte dall’odio dissennato e dall’inesauribile insipienza umana, noi certo ne soffriremmo immensamente, ma non ne saremmo affatto annientati. (‘)
L’importante è che continui a sussistere in noi la professione della vera fede e che sia manifesto e chiaro il senso della nostra identità di famiglia dei credenti e la fierezza e la gioia della nostra appartenenza a Cristo e alla Chiesa.
La Cattedrale dunque è solo un segno, ma è un segno eloquente e prezioso nel quale tutta la vita ecclesiale si raffigura. Essa, per usare la frase del Profeta Isaia, è una ‘casa di preghiera’: ‘li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera’ (Is 56,7), abbiamo ascoltato. Perciò ogni lode a Dio, ogni azione di culto, ogni forma di orazione, che si eleva da qui, dalla cattedrale, deve essere sempre fervida, dignitosa, esemplare. Ma ‘casa di preghiera’ in realtà vuol essere ogni assemblea di fedeli. Anzi, ogni comunità cristiana è chiamata a diventare, come opportunamente ci esorta Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, una ‘scuola di preghiera’, dove l’incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazioni di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino a un vero ‘invaghimento’ del cuore (n.33). (‘)
Tutte le ‘pietre vive’ di una Chiesa particolare hanno e devono sempre avere una sola tensione appassionata, che le cementi tra loro e le preservi da ogni dannosa disgregazione: vale a dire, la ricerca di un’unità sostanziale di convinzioni e di intenti col magistero del vescovo, che vinca ogni tentazione frazionistica, ogni infatuazione ideologica, ogni fuga in avanti; il comune desiderio di annunziare a tutti l’unico Salvatore e il suo Vangelo; una volontà permanente di conversione personale, perché sempre meglio risalti la bellezza della Chiesa, Sposa di Cristo; la decisione di rispondere sempre con prontezza e generosità al Signore che chiama.
Preghiamo con fede il Signore che conceda a me vescovo, a noi presbiteri e a tutti noi battezzati di sentirci e di essere sempre ‘stirpe eletta, nazione santa, sacerdozio regale’ con il bisogno, uscendo dalla cattedrale, ‘di proclamare a tutti, con la nostra vita, le opere meravigliose di Dio, che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce’ (1 Pt 2,9).
+ Elio Tinti, Vescovo