‘Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto’: queste le parole del prologo del Vangelo di Giovanni su cui si è soffermato monsignor Tinti nell’omelia del giorno di Natale. ‘Dio si è fatto ‘nostro prossimo’ – ha detto il Vescovo – ma purtroppo noi non siamo per nulla desiderosi di essere ‘prossimi’ a lui. (…) Si direbbe che alla sua compagnia si preferisca essere soli e desolati lungo il cammino della vita. Riflettiamoci bene che non sono molti a negare esplicitamente Dio perché, se è difficile dimostrarne l’esistenza, è ancora più difficile ipotizzare ragionevolmente che non ci sia nessuno all’origine delle cose. Ma sono molti che sembrano allontanarlo dalla propria vita perché un Dio remoto, che non interferisca nei propri affari, disturba meno’. Una mentalità, questa, che talvolta ha contagiato perfino alcuni credenti ‘che tentano di giustificarla chiamandola ‘sana laicità’; ed è invece soltanto incomprensione della bellezza e della verità del Natale. ‘Il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe’ (Gv 1,16), ci ha detto ancora con amarezza l’evangelista Giovanni’. Dunque l’immagine delle ‘rovine di Gerusalemme’, evocata dalla prima lettura come figura dello sfacelo dell’umanità intera, si affaccia alla mente di chi contempla la società attuale in cui Cristo è stato estromesso. ‘Una società – ha proseguito monsignor Tinti – che non insegna più a distinguere adeguatamente il bene dal male e perciò non riesce più a educare i suoi figli, che esalta più la ‘notizia’ della ‘verità’, che è comprensiva con i prepotenti ed è impietosa con chi non sa gridare e difendersi. E l’elenco delle ‘macerie’ della città terrena potrebbe ancora allungarsi. Ma il profeta ha parlato di ‘rovine’ non per avvilirci e deprimerci, ma per risuscitare la nostra fiducia nell’amore sapiente di Dio, che è più potente dei nostri egoismi e delle nostre stoltezze’. Ecco allora la speranza generata dal Natale, che, ha concluso il Vescovo, ‘non è il fatuo ottimismo di chi non si rende conto del malessere e dei guai che affliggono il nostro tempo, ma è la certezza che a Betlemme è nato, e, dopo la sua crocifissione e la sua gloria, continua ad essere il Signore della storia, Colui che ci ha detto: ‘Avrete tribolazione, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo!’ (Gv 16,32)’.