Omelia nella Santa Messa del 1° gennaio nella ricorrenza della Giornata mondiale della pace

01-01-2018
        Siamo riuniti in questo primo giorno dell’Anno per celebrare la divina maternità della Vergine Maria. Non c’è modo migliore per iniziare l’anno che viverlo insieme alla Madonna. La solennità di oggi ci insegna che il Figlio di Dio non è apparso sulla terra all’improvviso, piovuta dal cielo, ma si è fatto realmente uomo, come noi, assumendo la nostra natura umana nel grembo purissimo della Vergine Maria. Gesù, in quanto Dio, è generato da sempre, da Dio Padre. In quanto uomo, è nato, “fu fatto” da Maria”. La vera grandezza della Madonna consiste nel fatto che ha dato alla luce il Figlio di Dio e pertanto è la Madre di Dio. Lei lo ha concepito Cristo, lo ha generato, lo ha nutrito, lo ha presentato al Padre nel tempio, ha sofferto con il Figlio sotto la croce.
        In modo tutto speciale, quindi, ha cooperato all’opera di salvezza del suo Figlio e per questo è divenuta nostra Madre nell’ordine della grazia (cfr LG 16). In particolare, Gesù ci ha affidato a Maria nel momento in cui, inchiodato sulla croce, sta morendo e consegna la propria Madre a Giovanni e Giovanni alla Madre. Da quel giorno tutta la Chiesa e tutti gli uomini l’hanno come Madre. Ella con il suo materno amore si prende cura di noi, fratelli di Gesù Cristo. A noi è chiesto di accoglierla nella nostra vita e di rivolgerci a lei con fiducia perché come afferma San Bernardo: Lei ci consola nella paura, ravviva la nostra fede, fortifica la nostra speranza, dissipa i nostri timori, ci incoraggia quando siamo deboli. La Chiesa ha sempre visto in Maria la scorciatoia per giungere alla presenza del Signore
        La Chiesa ha sempre In questo primo giorno dell’anno celebriamo anche la Giornata mondiale della pace. Si tratta di un’iniziativa promossa dal Papa beato Paolo VI per ricordare a tutti il dovere di favorire la pace. La guerra, infatti, non è civiltà e proprio per questo deve essere abolita dai costumi e dalle abitudini delle Nazioni. I cittadini hanno il legittimo e sacrosanto diritto di pretendere che i responsabili dei propri Paesi promuovano la pace e di essere amministrati e condotti in maniera tale che non sia turbata la tranquillità del vivere e la loro stessa vita.
        Paolo VI affermava che “è il diritto del popolo che celebriamo nella Giornata della Pace”. Ma la pace non dipende solo dai cosiddetti “potenti della terra”, dipende anche da noi. Tutti siamo chiamati ad essere “amorosi promotori della pace” e a divenire “promotori di concordia nelle relazioni fra gli uomini”. “Ma come facciamo noi a promuovere la pace? Che mezzi abbiamo per fare valere questo desiderio?”. Dobbiamo educarci, formarci, rifare la nostra mentalità per abolire i rapporti di forza, di odio e di violenza tra gli uomini. Il Signore, con la sua venuta, ci ha annunciato una grande verità: siamo tutti fratelli. Siamo chiamati a vedere nel volto dell’altro non un antagonista, non un nemico, non un rivale, ma quasi lo specchio di noi stessi. Ma un modo di agire così non toglie forse a noi la forza di difendere i nostri interessi? No. I nostri interessi vanno difesi in maniera diversa dall’odio, dalla violenza e dalla sopraffazione. Vanno difesi operando su un piano più alto, il piano della ragione e su un piano ancora superiore che si chiama carità. Si tratta di un impegno grande e difficile perché domanda molto. Ma cominciamo da noi stessi. Cominciamo a rendere il nostro cuore buono, forte, misericordioso, capace di vedere le necessita materiali e spirituali altrui, capace di dare la mano a chi è più debole. Allora le cose miglioreranno e un giorno la pace, in nome di Cristo e in nome della civiltà trionferà. Infatti, come insegna Sant’Agostino: Avere pace significa amare (Sermo 357).
+ Francesco Cavina