Omelia nella Santa Messa “in Coena Domini”

Giovedì Santo 24 marzo 2016, ore 21.00
25-03-2016
Iniziamo con questa celebrazione il Triduo Pasquale che ci immerge nel mistero della morte e della Resurrezione di Cristo, dal quale è scaturita la nostra salvezza.
        Insieme agli apostoli anche noi ci troviamo questa sera nel Cenacolo dove Gesù sta celebrando il banchetto pasquale con i suoi discepoli.
        Nel corso di questo banchetto – nel quale veniva mangiato l’agnello in ricordo della liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù dell’Egitto – Gesù istituisce la Pasqua cristiana. “All’agnello dell’Esodo subentra l’Agnello di Dio – cioè Cristo – che toglie il peccato del mondo”.
        Si tratta dell’ultima Cena che Gesù consuma con i suoi discepoli, di lì a poco ci sarà l’arresto, poi la condanna a morte, quindi la crocifissione e la sepoltura. Il Signore sa tutto questo e sente profondamente il distacco dai suoi amici. Dirà, infatti, parlando con loro: Ho ardentemente desiderato mangiare con voi questa cena. Inoltre, Egli sa che con la sua morte gli apostoli rimarranno soli, in balia delle forze del male. Saranno come orfani in preda alla solitudine e alla tristezza.
        Per questa ragione nel suo amore infinito egli istituisce l’Eucarestia. Con questo sacramento Cristo colma il vuoto lasciato dalla sua morte, resurrezione e ascensione al cielo. Le parole che Gesù dice nell’ultima Cena: “Questo è il mio corpo, che è per voi”; “Questo è il mio sangue, che è versato per voi” non lasciano dubbi: d’ora in avanti ci sarà un nuovo agnello di cui cibarsi e questo Agnello è Lui stesso, che dona la sua vita per noi.
        Nell’Ultima Cena Gesù anticipa il sacrificio della Croce nel quale trova compimento la toccante figura dell’“agnello condotto al macello” e quella misteriosa e dolente del servo di Dio, che “schiacciato per le nostre iniquità” e caricato del peccato del mondo “offrirà se stesso in sacrificio di riparazione” (Is 53, 5.7.10.12).
        Ai suoi discepoli Gesù lascia un comando: “Fate questo in memoria di me”. La parola “memoria” nella Sacra Scrittura ha un significato molto particolare. Non significa solo commemorare ma rendere presente. L’Eucarestia, dunque, non è solo una pura commemorazione della passione e della morte di Gesù, ma è ripresentazione per noi oggi, naturalmente in maniera incruenta, del sacrificio di Cristo sulla croce.
        Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna: “Il nostro Salvatore nell ultima Cena, la notte in cui veniva tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, col quale perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della croce.”
        L’Eucarestia è il regalo più bello che Cristo potesse fare all’umanità e costituisce la grande ed inesauribile ricchezza della Chiesa.
        Mangiando il Corpo e bevendo il Sangue di Cristo noi riceviamo il Signore, la nostra anima è ricolmata di grazia, riceviamo la sua stessa forza e capacità di amare, ci è donata la vita divina e così possiamo essere vittoriosi sulle potenze del male, godiamo anticipatamente del Paradiso perché Cristo è ancora con noi, in noi e per noi.
        L’Eucarestia alimenta nella Chiesa l’incrollabile certezza che non è lasciata sola nelle sue tribolazioni e nelle prove, ma che a dispetto di quello che può apparire nella storia, viene incessantemente sostenuta dall’amore onnipotente del Signore che la sta misteriosamente ma infallibilmente preparando alla gloria.
        Del resto alla Chiesa non è stata promessa una vittoria nel raggio del tempo, ma l’indefettibile resistenza alle “potenze degli inferi”, che non riusciranno a prevalere su di essa.
        Questa sera confessiamo la nostra fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucarestia, ringraziamo il Signore perché è rimasto con noi, adoriamo il Dio che non solo si è fatto uomo, ma addirittura nostro cibo per noi.
 
+ Francesco Cavina