30-03-2018
La morte di Cristo è una morte non subita, quasi fosse il frutto di un destino prestabilito. E’, al contrario, una morte assunta consapevolmente e liberamente perchè Cristo ha voluto operare la nostra salvezza con la sua umana obbedienza.
Secondo S. Massimo il Confessore, nei Vangeli, oltre al fiat di Maria, che ha reso possibile l’Incarnazione del Figlio eterno di Dio, c’è un altro “fiat”: quello di Cristo che accetta la sofferenza e la morte in nostro favore.
Nella croce di Cristo l’amore paterno di Dio manifesta tutta la sua efficacia e tutta la sua forza di riconciliazione e di riunificazione del genere umano. Infatti, in essa diventa storia la misericordia e la tenerezza di Dio cantata nel profeta Osea: “Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio… A Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano…Io li traevo con legami di bontà, con vincoli di amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia…Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione…Li guarirò e li amerò profondamente” (Os 11).
Nei Vangeli di Marco, Matteo e Luca, Gesù annuncia che “sarà schernito, flagellato e crocifisso” (Mt 20.19) e che il terzo giorno risorgerà. In Giovanni, invece, Gesù presenta la sua passione come una “esaltazione”: Io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me. (12.32) E Giovanni commenta: Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire (v. 33).
L’esaltazione di Gesù, dunque, non avviene in paradiso, ma sulla croce. E’, infatti, nella Passione che Gesù incomincia la sua “salita”, la quale proseguirà nell’innalzamento sulla croce, quindi nell’innalzamento della resurrezione ed infine in quella dell’Ascensione, quando il Signore Gesù ritornerà definitivamente al Padre. Passione, morte in croce, resurrezione e ascensione costituiscono, così, un unico momento della vita di Cristo.
Giovanni nel suo vangelo, ponendo in evidenza il tema dell’esaltazione, non nega la materialità della sofferenza di Cristo, ma descrivendoci i tragici fatti della Passione non intende suscitare nei confronti di Cristo la nostra compassione. Ciò che l’Evangelista vuole mettere in risalto è la regalità di Gesù, la sua vittoria sul male e quindi il valore salvifico della sua morte. Gesù, innalzato da terra, prenderà il posto del diavolo, e poichè sostituisce l’odio ed il peccato con l’amore e il perdono, l’uomo potrà con fiducia e speranza rivolgersi a Lui per essere salvato e ritrovare la vita che conduce a Dio. Quel povero corpo esangue e trafitto è la sorgente della vita per tutti coloro che a Lui si rivolgono.
La passione, dunque, non è una sconfitta, ma un evento glorioso in quanto mette in chiara evidenza l’amore di Cristo per il Padre e l’amore del Buon Pastore per noi. Quando un uomo ha la possibilità di incontrarsi con l’infinito, assoluto e vero amore di Cristo viene da esso interrogato: Popolo mio che male ti ho fatto? E, se non si tratta di un cuore prevenuto ed indurito, si lascia provocare ed anche attirare.
E’ quanto vivremo, tra poco, nella grande preghiera di intercessione e nell’adorazione della croce.
Secondo S. Massimo il Confessore, nei Vangeli, oltre al fiat di Maria, che ha reso possibile l’Incarnazione del Figlio eterno di Dio, c’è un altro “fiat”: quello di Cristo che accetta la sofferenza e la morte in nostro favore.
Nella croce di Cristo l’amore paterno di Dio manifesta tutta la sua efficacia e tutta la sua forza di riconciliazione e di riunificazione del genere umano. Infatti, in essa diventa storia la misericordia e la tenerezza di Dio cantata nel profeta Osea: “Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio… A Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano…Io li traevo con legami di bontà, con vincoli di amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia…Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione…Li guarirò e li amerò profondamente” (Os 11).
Nei Vangeli di Marco, Matteo e Luca, Gesù annuncia che “sarà schernito, flagellato e crocifisso” (Mt 20.19) e che il terzo giorno risorgerà. In Giovanni, invece, Gesù presenta la sua passione come una “esaltazione”: Io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me. (12.32) E Giovanni commenta: Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire (v. 33).
L’esaltazione di Gesù, dunque, non avviene in paradiso, ma sulla croce. E’, infatti, nella Passione che Gesù incomincia la sua “salita”, la quale proseguirà nell’innalzamento sulla croce, quindi nell’innalzamento della resurrezione ed infine in quella dell’Ascensione, quando il Signore Gesù ritornerà definitivamente al Padre. Passione, morte in croce, resurrezione e ascensione costituiscono, così, un unico momento della vita di Cristo.
Giovanni nel suo vangelo, ponendo in evidenza il tema dell’esaltazione, non nega la materialità della sofferenza di Cristo, ma descrivendoci i tragici fatti della Passione non intende suscitare nei confronti di Cristo la nostra compassione. Ciò che l’Evangelista vuole mettere in risalto è la regalità di Gesù, la sua vittoria sul male e quindi il valore salvifico della sua morte. Gesù, innalzato da terra, prenderà il posto del diavolo, e poichè sostituisce l’odio ed il peccato con l’amore e il perdono, l’uomo potrà con fiducia e speranza rivolgersi a Lui per essere salvato e ritrovare la vita che conduce a Dio. Quel povero corpo esangue e trafitto è la sorgente della vita per tutti coloro che a Lui si rivolgono.
La passione, dunque, non è una sconfitta, ma un evento glorioso in quanto mette in chiara evidenza l’amore di Cristo per il Padre e l’amore del Buon Pastore per noi. Quando un uomo ha la possibilità di incontrarsi con l’infinito, assoluto e vero amore di Cristo viene da esso interrogato: Popolo mio che male ti ho fatto? E, se non si tratta di un cuore prevenuto ed indurito, si lascia provocare ed anche attirare.
E’ quanto vivremo, tra poco, nella grande preghiera di intercessione e nell’adorazione della croce.