Nel silenzio del campo di Flossenbürg, uscendo dalla “valle della morte” dove, divisi per nazione di provenienza, si ricordano gli oltre 30mila morti, si arriva nei pressi dell’infermeria. Qui all’esterno, su un muro bianco, punto di esecuzione di Dietrich Bonhoeffer, il pastore luterano autore di “Resistenza e resa”, su una lapide è incisa una croce che riporta all’interno il riferimento ad un passo della Bibbia, 2 Tim 1.7: “Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza”.
Quale miglior chiave di lettura per ripercorrere i luoghi, le immagini, i volti e i racconti che hanno scandito il “Viaggio con la storia da Fossoli a Flossenbürg” promosso dalla Fondazione Campo Fossoli dal 28 al 30 settembre scorsi. Per la prima volta un viaggio della memoria ha percorso questo itinerario, che prevedeva tappe anche a Norimberga e Hersbruck, ed è stato proposto al pubblico e non all’interno dei programmi di viaggio per i soli studenti. Nonostante il poco tempo e le adesioni da raccogliere nel periodo estivo ben presto si è raggiunto il numero massimo di 60 partecipanti. Un viaggio della memoria è prima di tutto un’esperienza interiore, non è una gita, scuote la coscienza, suscita sentimenti contrastanti, emozioni forti… Se poi il pensiero va a chi quel tragitto lo ha compiuto davvero, e li senti parlare attraverso le loro lettere o le testimonianze dei compagni sopravvissuti allora veramente sei parte di quella storia e di quella vicenda. Dopo una breve permanenza a Fossoli nell’estate del 1944 anche per Odoardo Focherini e Teresio Olivelli venne il momento di partire per la Germania, sosta a Gries (Bolzano) e poi destinazione Flossenbürg dove avvenne la prima registrazione e il primo tentativo di annientamento da persona con un nome a numero.
Le storie sono note: dal campo centrale, la piccola Siberia come viene chiamata anche dagli abitanti del posto per il vento freddo che soffi a in ogni periodo dell’anno, avvenne poi lo smistamento dei prigionieri nei vari sottocampi per essere impegnati nei lavori più sfi branti all’interno di cave di pietra, così anche per Odoardo e Teresio il viaggio, ultimo, proseguì per Hersbruck dove si realizzò il loro martirio a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro (27 dicembre 1944 e 17 gennaio 1945). Il primo piano riservato alle storie incrociate di Focherini e Olivelli non avrebbe potuto essere così nitido se non fosse stato accompagnato dalle inquadrature a tutto campo sul periodo storico e sulle specifiche caratteristiche del sistema concentrazionario messo in piedi dai nazisti, effettuate a più riprese, sul pullman e sui luoghi dallo storico Carlo Saletti, un eloquio brillante e capace di sorprendenti collegamenti con un ampio orizzonte culturale, dall’arte al cinema, all’architettura. Nessuna città più di Norimberga porta i segni dell’epopea nazista, fu, infatti, la sede dei grandi raduni dal 1933 al 1938, con i fasti delle parate e delle distese oceaniche di spettatori che giungevano da tutta la Germania per ascoltare i discorsi fiume di Hitler, ancora oggi sono visibili alcuni elementi simbolici all’interno di un’area con un edificio riconvertito a museo e per il resto ospita impianti sportivi e l’area fi eristica. Norimberga, città luterana all’interno della cattolica Baviera (anche la storia religiosa qui presenta spunti interessanti), fu anche la sede del famoso processo che sancì la condanna per la maggior parte degli artefici dei maggiori crimini commessi dai nazisti in tutta Europa. Qui nel Palazzo di Giustizia, che fu sede del processo, un moderno e completo allestimento museale ne ripercorre tutte le fasi e i protagonisti.
A Hersbruck si deve immaginare tutto, nulla è rimasto se non qualche fotografia posizionata qua e là nell’area un tempo occupata dal campo (che ebbe in realtà e per fortuna una breve esistenza di solo otto mesi), una moderna installazione che funge da piccolo museo e nel parco il monumento realizzato da Vittore Bocchetta, un sopravvissuto, intitolato “Senza nome” in memoria di tutti i caduti nel campo. Qui è stato il signor Peter, anziano custode della memoria, a raccontare cosa accadeva ad Hersbruck ma soprattutto ha trasmesso la fatica per il popolo tedesco di fare i conti con il proprio passato e il tentativo, riuscito per decenni, di occultare i segni per dimenticare. Proprio davanti alla scultura del “Senza nome” il gruppo si è riunito per una breve commemorazione ufficiale, il sindaco Alberto Bellelli, con la fascia tricolore, ha ricordato il concittadino, martire, Odoardo Focherini, rimarcando con orgoglio di essere il primo sindaco a compiere questo gesto in quel luogo. Insieme a lui, l’ex sindaco e ora consigliere regionale Enrico Campedelli, il presidente della Fondazione Fossoli Pierluigi Castagnetti, con la direttrice Marzia Luppi e i consiglieri Cleofe Filippi e Luigi Lamma. Al loro fi anco Francesco Manicardi, nipote di Odoardo, autore di un apprezzato e ragionato percorso tra lettere e testimonianze dei sopravvissuti, che ha letto l’ultima missiva del martire carpigiano alla moglie Maria, dove ancora risuonano accorate parole di amore, di coraggio e di speranza alimentate da una fede incrollabile. Se il male si è imposto in buona parte per la “timidezza” di tanti, con “la forza, il coraggio e la prudenza” di pochi è stato possibile resistere da uomini all’annientamento dell’umano e far trionfare la giustizia. Anche con il sacrificio della propria vita ma lasciando in eredità una testimonianza che può e deve insegnare ancora tanto perché tutto ciò non abbia e ripetersi.
Servizio a cura di Luigi Lamma e Francesco Manicardi
per il Gruppo diocesano per il Beato Odoardo Focherini
Voci dal lager
“Ciò che sofrimmo a Flossenbürg è indescrivibile: compagni che si gettavano sul fi lo di alta tensione, le fosse adibite a latrine che servivano come cimitero e noi obbligati a vuotare i nostri escrementi su volti che avevano ancora gli occhi aperti od erano in agonia.” (Innocente Bonfanti, ex deportato) “Un giorno alla f ne di novembre 1944, Teresio mi chiamò a sé quando rientrai dal lavoro e mi disse: Italo, io non ritornerò più a casa, me lo sento e non mi dispiace, perché so che morire per gli altri è una causa giusta e nobile. Mi auguro solo che le nostre sofferenze contribuiscano al trionfo della giustizia e della pace.” (Italo Geloni, ex deportato) “Vidi Odoardo e gli parlai alcuni giorni prima della morte. Siccome nel campo non c’erano sacerdoti, perché qualsiasi culto religioso era proibito, quand’era moribondo è stato assistito dal suo intimo amico, Teresio Olivelli da Mortara, deceduto anch’egli… […] L’Olivelli ebbe a raccontarmi i particolari della Santa morte che fece il Focherini, mettendo in rilievo la sua grande fede cristiana ed il suo grande affetto per la famiglia.” (Salvatore Becciu, ex deportato)