I sacerdoti e i diaconi della nostra diocesi si sono riuniti il 12 e 13 febbraio a San Zeno di Montagna, nei pressi del lago di Garda, luogo tradizionale dei loro raduni per la formazione permanente.
Quest’anno ci siamo ritrovati a riflettere sulla nostra identità sacerdotale, cioè su chi è il sacerdote oggi e in particolare chi è il sacerdote a Carpi. In realtà l’identità del sacerdozio è definita molto chiaramente dalla teologia della Chiesa.
Questa riflessione riposa su una grande tradizione ecclesiale e una messe di documenti tra cui i più importanti sono il decreto del Concilio Vaticano II Presbyterorum Ordinis e l’esortazione apostolica Pastores Dabo Vobis di Giovanni Paolo II. Ci sono anche ponderosi manuali che trattano la teologia del sacerdozio partendo naturalmente dalla Sacra Scrittura e percorrendo tutta la storia della Chiesa. Per noi era interessante partire da questi dati consolidati e riflettere insieme sul nostro essere sacerdoti nella nostra chiesa di Carpi, con le sue specificità storiche e la sua attualità.
Abbiamo ascoltato cinque interventi di sacerdoti della diocesi, seguiti da dibattito: don Carlo Truzzi, parroco di Cortile, don Jean Marie Vianney della Repubblica Democratica del Congo e amministratore parrocchiale di Rolo, don Adamo Nika, polacco e amministratore parrocchiale di Santa Croce, don Anand Nikarthil del Kerala in India e in servizio pastorale a Fossoli e don Luca Baraldi parroco di San Giuseppe Artigiano. Questi confratelli hanno raccontato la loro esperienza di vocazione e vita sacerdotale, dalla formazione in seminario ai vari servizi ecclesiali, ricordando ideali, gioie, difficoltà e snodi decisivi della loro storia. Non hanno fatto discorsi teorici ma hanno raccontato con grande sincerità e semplicità la loro storia. Come in ogni autentica testimonianza di vita, sono emerse anche le difficoltà che possono segnare la vita del sacerdote come quella di ogni altra persona. Queste vivide testimonianze hanno suscitato riflessioni e dialoghi che hanno occupato il resto del tempo, permettendo un proficuo scambio di opinioni fra noi. Non sono mancati momenti di preghiera e di fraternità. Sono state giornate belle e utili, che hanno fatto crescere la comunione tra noi e ci hanno fatto desiderare altre occasioni d’incontro. Può essere interessante ricordare alcune delle riflessioni emerse. I sacerdoti vivono in un presbiterio che deve aspirare a crescere sempre nella comunione, fatta di amore, comprensione, condivisione di obiettivi e anche momenti di fraternità. La missione di annunciare il Vangelo e di guidare le nostre comunità, non è dissociata dal desiderio di vivere una fraternità fra noi che anzi rafforza il nostro operato.
È emerso che la realtà di oggi sfida il ministero del sacerdote al quale sono richieste molte competenze ma soprattutto una viva spiritualità, per essere maestro, guida ma anche discepolo a fianco dei fratelli. Sono importanti anche le condizioni di vita dei sacerdoti: la loro eventuale solitudine, esperienze di vita comunitaria, la gioia nel rapporto con i fedeli e la grande sfida di essere oggi in una chiesa, come si dice, sinodale nella quale si condivide maggiormente la responsabilità. Un tema non secondario della nostra diocesi è la presenza di sacerdoti di diverse provenienze che deve stimolare una maggiore cura nei rapporti interpersonali e la valorizzazione delle specificità di ognuno. Spesso si sente dire che la diversità è una ricchezza, ebbene per il nostro presbiterio questo è una speranza e un impegno. Anche la presenza di sacerdoti anziani che hanno dato e continuano a dare un prezioso servizio pastorale alla diocesi richiede un’attenzione specifica e amorevole, che favorisca anche l’amicizia con i più giovani. Il frutto più bello di questi due giorni insieme è stato sicuramente il clima che abbiamo vissuto, fatto di dialogo, spontaneità e condivisione. È un buon punto di partenza per le sfide del futuro.
Don Carlo Bellini