Duomo di Carpi

Battesimo del Signore anno C

08.01.2022

– Is 40,1-5.9-11; Sal 103; Tt 2,11-14; 3,4-7; Lc 3,15-16.21-22 –

Candidatura al diaconato e presbiterato di Stefano Simeoni

Le immagini della liturgia di oggi sono solenni. Isaia parla della “gloria del Signore” che “si rivelerà a tutti gli uomini”. E Paolo, a Tito, scrive: “è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini”. Ma dove “si rivela” questa gloria? Dove “appare” questa grazia che porta salvezza? Non certamente là dove ci aspetteremmo: in una grande città, magari dentro a un palazzo o in un tempio. Dio ci depista, mostrando la sua gloria in un deserto. Il deserto a cui pensava Isaia è quello che separava Babilonia da Gerusalemme; un deserto che deve essere appianato, perché il Signore sta per tornare in patria insieme al popolo esiliato. Torna da vincitore, certo, ma non da guerriero o da condottiero; torna da pastore. A sorpresa, Isaia per immaginare il ritorno dall’esilio, con Dio alla testa del popolo, sfodera il linguaggio della tenerezza e non quello della potenza: “come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”. Non siamo abituati a questa delicatezza nell’Antico Testamento. Isaia anticipa le parabole di Gesù sul pastore che va in cerca dell’unica pecora smarrita e anticipa, soprattutto, l’identificazione di Gesù con il pastore buono. Il pastore d’Israele, che percorre il deserto, non costringe tutto il gregge allo stesso passo, ma si adatta alle capacità di ciascuno: le pecore che possono camminare con le loro gambe, le lascia andare; gli agnellini, che non camminano, li porta in braccio e le pecore madri, che non possono allontanarsi dagli agnellini, le conduce dolcemente al suo fianco. Non è certo quella manifestazione della “gloria” di Dio che ci saremmo aspettati.

Il Vangelo ci conduce in un altro deserto, quello di Giuda, dove scorre il fiume Giordano e dove Gesù si mette in fila con i peccatori, con noi. Proprio lì “il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo”; proprio lì il Padre proclama il suo “compiacimento” nel Figlio. Ecco dove è apparsa la bontà di Dio, dove si è manifestata la sua gloria: nel Giordano. E Dio ci spiazza di nuovo. Il punto geografico in cui Gesù si fa battezzare è tutt’altro che un luogo maestoso, anzi è altamente sconsigliato per rivelare la grandezza di Dio. Gesù è battezzato nel punto più basso della terra abitata, in un corso d’acqua fangosa che scorre oggi nella linea di confine tra Israele e la Giordania, in un sito dal clima umido, insopportabile. In quel deserto, in quell’afa, in quell’acqua sporca si immerge il Figlio di Dio. E viene riconosciuto ufficialmente dal Padre proprio lì, non quando compie grandi miracoli o quando vive esperienze mistiche, ma quando si cala nella fessura più bassa del pianeta, quando entra nel ruscello torbido: lì, nel deserto, nell’umile gesto di immergersi, nella condivisione della nostra bassezza, lì il Padre si compiace di lui, lo proclama Figlio.

Caro Stefano, presentando la tua candidatura al diaconato e al presbiterato, nella nostra diocesi, tu dichiari il desiderio di spendere la tua vita per annunciare, celebrare e testimoniare questo Dio che si manifesta nel deserto. Sai bene che non ti aspettano glorie umane, riconoscimenti ammirati e fans club; conosci la fatica e la gioia di seguire un Signore così, un pastore che si adatta al passo di ciascuno e un figlio che si immerge nelle nostre ferite. Sai bene che la gloria del Signore non ha nulla da spartire con le glorie umane. Ma sai anche – e per questo ti affidi alla Chiesa – che vale la pena di scommettere su un Dio così, di affidargli i talenti che lui stesso ti ha dato, di spandere la bellezza della fede in lui, di lanciarti nell’avventura di un ministero che riserva, insieme alle difficoltà di ogni vocazione, delle sorprese belle, più di quanto si possa pensare. Ti accompagniamo, perché il tuo cammino possa proseguire senza pensare troppo a te stesso, ma puntando, come ha fatto Gesù sulla condivisione, sulla vita che diventa dono per altri.