A dicembre il Vescovo monsignor Francesco Cavina ha visitato per la seconda volta fabbriche, associazioni, servizi, a sette mesi dopo quello che possiamo considerare un tornante nelle nostre vite individuali e collettive. La crisi permane, facili soluzioni all’orizzonte non si intravvedono, il terremoto ha creato danni e procurato macerie, materiali e non solo. Eppure, nonostante il momento storico non sia dei più favorevoli, l’atmosfera che monsignor Cavina ha incontrato visitando le numerose aziende in agenda non era delle più cupe. Preoccupazione, certo, ma anche voglia di farcela, impegno e volontà per uscire da una crisi sistemica che, proprio come un terremoto, separa un prima da un dopo.
“La cosa che più mi ha colpito è la determinazione delle persone – osserva il Vescovo -. Ho visto imprenditori e dipendenti uniti dalla comune volontà di saltare fuori dalle difficoltà. Ho parlato con persone motivate, preparate, persone che devono avere fiducia perché hanno i numeri per farcela. Naturalmente, oltre a parole di incoraggiamento non di circostanza ma profondamente convinte, ho ascoltato con attenzione le varie istanze con l’obiettivo non solo di informarmi direttamente, senza mediazioni di sorta, ma anche di poter essere utile a un mondo così vivace come quello imprenditoriale della nostra Diocesi. L’economia, qui come altrove, è a macchia di leopardo, ma i motivi di preoccupazione sono numerosi e non dobbiamo nasconderceli se vogliamo, realisticamente, superare le difficoltà”.
Le ricette, alla fine, sono sempre quelle, basta solo che ci sia la volontà di metterle in atto. Le richieste della persone di buon senso, dentro e fuori le fabbriche, sono sempre quelle: riduzione dei costi della politica, aiutare con tutti gli strumenti possibili il Paese a essere competitivo perché il resto del mondo non sta fermo a guardare. “Occorre uno stato – la sintesi di monsignor Cavina – che sappia conciliare sicurezza sociale e mobilità, efficienza e giustizia. Le poche risorse esistenti vanno amministrate con competenza ma non guardando solo ai numeri, bensì alle persone che ci sono dietro. E poi che si introduca, una volte per tutte, la meritocrazia. E’ questo che, a mio avviso, è necessario per un cambio di passo del nostro Paese. Paese che, è bene ricordarlo, il mondo intero ci invidia per la natura, l’arte e per quello che sono tanti – non tutti – gli italiani: inventivi, innovativi, creativi”. Se solo politica e burocrazia ci lasciassero fare, l’Italia, la cui ricchezza pro-capite è superiore, nonostante tutto, alla Germania, sarebbe davvero quella nazione dove vivere è un dono, oltre che una fantastica opportunità. Proprio come il Natale.