Com. St.022 del 6 marzo 2014 – L’omelia del Vescovo monsignor Cavina nel Mercoledì delle Ceneri (integrale)

5 marzo 2014
Carpi – chiesa di San Bernardino Realino


Siamo di nuovo giunti all’inizio delle Quaresima, tempo liturgico al quale la Chiesa attribuisce grande importanza. La Quaresima è sinonimo di penitenza. E da subito nascono alcuni interrogativi. La penitenza non porta con sé tristezza, non è rinuncia? Perché il cristianesimo si presenta agli uomini con una visione così poco simpatica della vita?  Gesù non ha forse detto: ‘Io sono venuto perché gli uomini abbiano la vita e la vita in abbondanza?’.
Si tratta di domande che contengono una parte di verità, ma che necessitano di essere inserite nel contesto di tutta la rivelazione biblica, altrimenti si corre il serio pericolo di deformare il Vangelo. Nelle domande appena ricordate si manifesta la volontà, forse anche inconscia, di togliere la Croce dal centro della fede e della vita cristiana. San Paolo nella I Lettera ai Corinti precisa che la sua missione di apostolo consiste nell’annunciare il Vangelo, il quale non deve essere reso inefficace mediante abbellimenti ispirati alla sapienza umana. Scrive: ‘Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo’ (1.17).
S. Agostino, in un’omelia circa l’utilità di fare penitenza, diceva: ‘Quanto sia utile e necessaria le medicina della penitenza, assai facilmente lo comprendono gli uomini, che si ricordano d’essere uomini’ (Serm. 351.1).
Cosa significato hanno queste parole? L’uomo che ha piena consapevolezza di sé si scopre spiritualmente e moralmente malato e interiormente diviso in quanto spesso opera scelte contrarie alla sua volontà. Questo dramma è descritto con parole molte crude dall’Apostolo Paolo: ‘Io so infatti, che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene voglio, ma il male che non voglio’ (Rm. 8,18-19).
Per vincere questa ‘malattia’ dello spirito è necessaria la ‘conversione’, cioè un cambiamento che chiamiamo penitenza, la quale predispone alla fede e alla grazia, ed esige dall’uomo volontà, lotta, perseveranza, impegno per individuare e rimuovere gli ostacoli che impediscono di fare emerge il bello, il buono ed il vero che è in noi.
La penitenza assume un duplice indirizzo: sacramentale e morale.
Il tempo di Quaresima è tempo di riscoperta e di partecipazione al sacramento della Confessione che è nello stesso tempo abbandono alla misericordia di Dio ed evento di guarigione spirituale e di santificazione, che ci aiuta a riscoprire il progetto di bene di Dio sulla nostra vita di cristiani
Ma oggi la Liturgia parla anche della penitenza morale e ne parla con un rito molto espressivo: con l’imposizione della cenere sul nostro capo. Si tratta di un gesto che ricorda la fragilità della condizione umana e quanto illusoria sia la pretesa di fondare la vita personale, sociale e politica partendo da una visione puramente materialista ed egoista dell’esistenza.
E’ possibile spezzare questa mentalità solo se poniamo il Signore Gesù al centro della nostra esistenza e da Lui ci lasciamo educare al vero amore.
Amare come Cristo significa costruire tra di noi cristiani legami di amicizia, di simpatia, di cordialità, di solidarietà, di fraternità evangelica.
Amare significa conoscersi, invitarsi, aiutarsi spontaneamente anche con la correzione fraterna.
Amare significa imparare a vivere insieme, ad esercitarci nella collaborazione, nella comprensione, nell’integrazione vicendevole, nella disponibilità al servizio.
Questo aiuto fraterno, leale e disinteressato trasforma l’amore in comunione. E la comunione porta con sé un contributo positivo all’edificazione della Chiesa e della società civile.
La Chiesa in questo tempo di Quaresima richiama, tutti, a fare una seria revisione della propria vita cristiana per andare oltre la superficialità, l’ignoranza e l’effimero e aprirsi alla grazia di Dio, per giungere a celebrare degnamente la festa di Pasqua. Una revisione che trova i suoi punti di riferimento nella confessione sacramentale, nella preghiera e nella carità fraterna.

+ Francesco Cavina, Vescovo