Intervista sulla Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali realizzata a mons. Giovanni Mosciatti,
vescovo delegato per le Comunicazioni Sociali Ceer
Mons. Giovanni Mosciatti, vescovo di Imola e delegato Ceer per le Comunicazioni Sociali, qual è il significato del messaggio del Papa per la 55a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che si celebra domenica 16 maggio?
Papa Francesco nel suo messaggio dice che “occorre incontrare le persone come e dove sono”. Mi colpisce questo “come e dove”, soprattutto il “come”. Spesso, infatti, noi abbiamo un’immagine nostra di come dev’essere la realtà. Invece è la realtà che guida, che “comanda”, quindi noi dobbiamo seguire e servire la realtà. Riguardo al dove, poi, quante volte ci rifugiamo dentro le nostre case e pensiamo di scrivere, di fare. Invece bisogna andare. È il compito di ogni cristiano: andate, andate lì a vedere, vedete con i vostri occhi che cosa sta succedendo e dite, raccontate a tutti quello che vedete. Questo è il grande compito della comunicazione.
In quest’anno di pandemia la Chiesa ha scoperto anche dei processi creativi e originali, pensiamo alle messe in streaming, ai vari collegamenti che anche come pastori siete riusciti ad avere con il popolo grazie ai media. Che cosa significa questa nuova comunicazione nella pastorale ordinaria?
È importante capire che si tratta di un mezzo, di uno strumento, quindi, con cui si possono fare cose bellissime ma che può essere anche un problema. Pensiamo a tutto quello che c’è stato con la didattica a distanza, a quanti ragazzi hanno fatto fatica, a quel rapporto umano che mancava. Però gli strumenti sono stati utili. Quanti incontri online abbiamo fatto, anche a livello internazionale! Tutti lì in un attimo concentrati, collegati anche da tanti Paesi, persone che mai sarebbero potute venire. È stata, quindi, una grande occasione, ed è così vero che abbiamo ripensato a tante modalità su come comunicare le cose e magari usare meglio il tempo. Uno strumento che va utilizzato bene e con un fine chiaro: questo è importantissimo.
Anche il card. Zuppi, arcivescovo di Bologna, ha detto più volte che la comunicazione quest’anno è diventata un servizio di carità, reso ancora più evidente proprio per la capacità di tenere unite le persone in un momento di grande isolamento.
Carità vuol dire amore, attenzione alle persone “come e dove sono”. Questo è importante: un amore che va proprio al particolare. A te che senti la solitudine la comunicazione permette di essere parte di un’unica realtà, di un cammino comune, di stare insieme, anche se magari vivi un momento di fatica perché sei ammalato, stai soffrendo, sei solo, ma in realtà così non sei più solo. La comunicazione, infatti, è decisiva da questo punto di vista.
È stato invitato a celebrare in Cattedrale a Bologna la Messa nella settimana di festività per la Madonna di San Luca, ha visto di nuovo la partecipazione della gente. Qual è il messaggio di quest’anno?
Vorrei riprenderlo dal settimo centenario della morte di Dante, quando il poeta nel grande inno alla Madonna nell’ultimo canto del Paradiso dice: “Tu sei di speranza fontana vivace”. Mi colpisce tanto, perché vuol dire: tu sei una speranza che sgorga sempre, giorno e notte, notte e giorno, tu ci raccogli, sei una madre. Il fatto che lei venga e sia qui in città significa che possiamo andare da lei, come si va da una madre e le si racconta tutto, si apre tutto il nostro cuore davanti a lei che ci ascolta. È realmente una speranza che sgorga sempre, una fontana vivace.
Intervista a cura di Alessandro Rondoni