Il Consiglio Missionario Diocesano si è riunito in gruppo sinodale. Alcuni dei punti emersi dall’ascolto e dal dialogo /2
Pubblichiamo di seguito la seconda parte di quanto è emerso il 22 febbraio scorso, nell’incontro, su piattaforma virtuale, del Consiglio Missionario Diocesano di Carpi, per vivere un momento di confronto, come gruppo sinodale, sul nucleo tematico: Corresponsabili nella missione.
Come la comunità sostiene i propri fedeli impegnati in un servizio nella società (impegno sociale e politico, nella ricerca scientifica e nell’insegnamento, nella promozione della giustizia sociale, nella tutela dei diritti umani e nella cura della casa comune, ecc.)? Come li aiuta a vivere questi impegni? La Chiesa può e deve aiutare le persone a prendere determinati impegni, lo può fare con la formazione. Le associazioni spingono ad entrare in politica per non chiudersi in se stessi. Si può lavorare nella formazione politica, la Chiesa deve aiutare a dare di più per il bene della comunità. Occorre riunire le persone impegnate e formarle non tanto sulla difesa di certe posizioni, ma sui problemi reali. Lavorando in profondità sulla discussione la Chiesa può aiutare.
Rimane sempre indispensabile la preghiera quale strumento per sostenere chi è in prima linea, per dare energia, forza e rigenerare.
Siamo disposti a essere audaci e creativi abbandonando le logiche del “si è sempre fatto così”? Dovremmo essere tutti “pari” nella Chiesa, ma ancora persiste una gerarchia molto evidente. Ne è un chiaro esempio la questione femminile. Il ruolo delle donne nel Vangelo non è marginale: Maria, le discepole, le donne che annunciano la resurrezione, eppure tra le processioni sull’altare, non è ammessa nemmeno una donna. Dobbiamo essere audaci in questo, se vogliamo entrare nella cultura, la donna deve entrare nella chiesa! Si spera che un giorno il lettorato possa aprirsi anche alle donne.
Quali aree di missione stiamo trascurando? Uno degli ambiti che si deve coltivare maggiormente sono i giovani, gli adolescenti. In questo clima di crisi ed incertezza globale: politica, ambientale, economica, bellica e sanitaria, si deve dare speranza ai giovani. Le generazioni della seconda metà del novecento hanno avuto una giovinezza sicura, certa, hanno potuto scegliere il lavoro, fare figli, comprare una casa, ora tutto è precario, non
prevedibile. L’area di missione da valorizzare è quella che riguarda i giovani. Don Boschini ha parlato delle tante crisi che vivono i giovani, considerati “nuovi poveri” e, pertanto, “terra di missione”. Le parrocchie devono dedicarsi a loro. Adesso nel clima dell’incertezza mettono anche la propria fede. I giovani sono da curare, ascoltare, avvicinare alla fede con la testimonianza, la preghiera, l’approfondimento spirituale, per far sì che possano riscoprire la fede, unica speranza di sicurezza in questo mondo.
Dobbiamo andare incontro alle generazioni giovani con argomenti incisivi, in grado di lasciare il segno nella loro vita. Occorre una dottrina sociale. Non siamo missionari se lasciamo le generazioni giovani sole.
Come contribuiamo alla costruzione e alla realizzazione del progetto pastorale diocesano? La lettera pastorale del Vescovo dà un indirizzo. Il Vescovo e il Vicario hanno fatto un tentativo di fare camminare alcuni organi di partecipazione a livello ecclesiale, è nato dunque il Consiglio Pastorale Diocesano. Questo ha il compito di dare input e comunica idee che provengono “dalla base”. Come Consiglio si può contribuire trovando un rappresentante che si unisca a questo organo che mantiene sinodale il cammino della Chiesa di Carpi.
A cura del Centro Missionario Diocesano
Il Consiglio Missionario Diocesano si è riunito in gruppo sinodale. Alcuni dei punti emersi dall’ascolto e dal dialogo
Si è riunito, il 22 febbraio scorso, su piattaforma virtuale, il Consiglio Missionario Diocesano di Carpi, per vivere un momento di confronto, come gruppo sinodale, sul nucleo tematico: Corresponsabili nella missione. Le domande che hanno tenuto vivo lo scambio di opinioni sono state una decina a cui i membri del gruppo hanno risposto liberamente, facendo emergere alcuni punti salienti che andranno ad arricchire la “fucina di idee” che il cammino sinodale diocesano mira a stimolare, in questa prima fase scandita dall’ascolto. Dopo un primo momento di raccoglimento, dedicato all’invocazione per la pace in Ucraina e coadiuvato dalla preghiera di Charles de Foucauld intitolata, “La pace verrà”, si è aperto il dialogo. La sinodalità è a servizio della missione della Chiesa, a cui tutti i suoi membri sono chiamati a partecipare. Poiché siamo tutti discepoli missionari, in che modo ogni Battezzato è convocato per essere protagonista della missione? I cristiani sono chiamati ad essere “costruttori” della società in cui vivono. Ogni battezzato dunque è un missionario spinto a vivere nel quotidiano il proprio ruolo di “figlio” dell’unico Dio. Ognuno di noi è “costruttore” della missione, grazie alle proprie capacità, competenze, ma anche, limiti o fragilità e attraverso pensieri, scelte, progetti che si traducono in azioni concrete.
Per essere protagonisti della missione, i cristiani devono “testimoniare” l’annuncio del Vangelo, supportati dal senso di appartenenza ad una comunità ed avendo un obiettivo comune: salvarci tutti insieme.
Il Consiglio Missionario Diocesano stesso ha questo obiettivo, ogni membro è testimone e rappresentante del movimento, associazione o gruppo a cui appartiene, porta il suo contributo di idee, tempo e impegno supportato alla base da altre persone che gli danno forza e credibilità. Quanto siamo corresponsabili e come promuoviamo la corresponsabilità nella missione? La promessa scout ha un valore fortemente missionario. Con l’aiuto di Dio, ci si assume la responsabilità di compiere il proprio dovere verso Dio e il proprio paese, di aiutare il prossimo in ogni circostanza, e di osservare la legge scout. Tutto questo, a Dio piacendo, per sempre.
Con questa promessa si accetta di uscire dalle proprie case per portare il Signore nella società, così come gli apostoli hanno lascito tutto e seguito Gesù. Si è cristiani in una comunità, con i piccoli talenti che abbiamo, dobbiamo aiutare gli altri nel cammino che si compie insieme.
Cosa impedisce ai battezzati di essere attivi nella missione? Dal dialogo sono emersi molteplici fattori come impedimento all’essere attivi nella missione: la perdita di fede, ad esempio, la mancanza del senso di appartenenza alla comunità (paradossalmente anche in parrocchia dove i vari gruppi associativi faticano a dialogare tra loro) e la sostanziale mancanza di un approccio sinodale per la progettualità. Anche la mancanza di contatto diretto con i missionari può considerarsi un limite. Conoscerne qualcuno rappresenta, di certo, il migliore
degli esempi da seguire. Se manca la coscienza missionaria buona parte della responsabilità è dei cristiani stessi che, all’interno della Chiesa, non sono “testimoni” autentici del Vangelo. Un altro grosso problema che preoccupa è quello dei giovani che si allontanano dalle celebrazioni e dalle attività parrocchiali, così fanno anche le mamme, che da sempre hanno spronato i figli alla partecipazione. Non solo si svuotano le chiese, ma tutte le opportunità di aggregazione. La precarietà del lavoro, del vivere, dell’essere ci richiude in noi stessi.
Quale riteniamo sia la missione specifica della Chiesa? La missione della Chiesa è quella di annunciare la salvezza, la resurrezione. Siamo abituati a pensare che la missione sia un “tempo altro” rispetto alla quotidianità, di fatto invece, siamo costantemente in “prima linea missionaria”. Il punto cruciale è proprio “la salvezza”. Oggi abbiamo bisogno di “essere salvati” da tutto: dal Covid, dalla guerra, dalla bancarotta etc. I cristiani annunciano la salvezza piena perché questa ha il respiro dell’eternità.
Un’altra missione fondamentale della Chiesa consiste nell’apertura verso “l’altro”, inteso come chiunque non siamo noi. Diventa necessario spalancare un dialogo con tutti. Non abbiamo nulla da difendere se non il Signore che ci salva e siamo completamente liberi di essere missionari.
Altro obiettivo è quello di testimoniare la “bellezza” dell’accompagnare le persone, nel cammino di fede.
Se rileggiamo l’Evangeli Gaudium, capiamo che Il centro è proprio la “gioia” del Vangelo. Non siamo sufficientemente capaci di portarla nel nostro modo di comunicare il Vangelo, eppure è una esperienza liberante! Per questo dobbiamo metterci in discussione. Come comunità, la sfida è quella di recuperare la “gioia” del Vangelo.
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