Alla solennità di Cristo Re dell’Universo si accompagna, come ormai di consueto, la Giornata diocesana per il Seminario e i seminaristi. Domenica 25 novembre, infatti, la Chiesa di Carpi è particolarmente chiamata a pregare per i giovani che stanno affrontando il cammino di verifica e di formazione in vista del sacerdozio e per il dono di nuove vocazioni. Inoltre, le off erte raccolte durante le messe nelle parrocchie saranno devolute al Seminario per contribuire a sostenerne le necessità economiche. In questa ricorrenza, il rettore, don Riccardo Paltrinieri, racconta la sua esperienza alla guida di questa realtà così importante per la Diocesi.
Al momento sono undici i seminaristi della Diocesi di Carpi, di cui cinque ormai prossimi all’ordinazione diaconale. Quattro di loro, inoltre, hanno iniziato proprio quest’anno il cammino di discernimento e di formazione. Come commentare questi dati, che possiamo davvero definire incoraggianti?
Sono certamente dati incoraggianti, perché penso che siano i ragazzi stessi ad incoraggiare tutti noi, con la loro scelta vocazionale, di seguire più da vicino Gesù Cristo. Davvero riempie il cuore di gioia vedere persone che si lasciano coinvolgere dal Vangelo, si rendono disponibili a fare la volontà del Padre e iniziano a legarsi più seriamente alla Chiesa. Tutto questo incoraggia, perché è segno evidente che il Regno dei Cieli è già presente in mezzo a noi.
Alla luce delle esperienze molto diverse da cui provengono i giovani che si preparano ad essere preti, qual è il “volto” del Seminario di Carpi-Modena oggi? Come coniugare la vita comunitaria e l’attenzione al vissuto e alle esigenze dei singoli?
Credo che il “volto” del seminario sia per sua natura molto dinamico, in quanto acquista tratti nuovi e variabili a seconda di quello che ciascun ragazzo porta con le sue esperienze personali, la sua storia, le sue relazioni, il suo modo di vivere la Chiesa e la fede. È un volto in cui la diversità è certamente un elemento essenziale e formante per la vita comunitaria, quindi per il cammino dei singoli. Il seminario è per questo un’autentica esperienza di Chiesa: invita a cogliere il carisma di ciascuno, in un orizzonte e una direzione di unità e comunione.
Quasi la metà dei seminaristi della nostra Diocesi proviene dalle Chiese dell’India e dell’Africa. Un aspetto importante è dunque quello dell’accoglienza e dell’“integrazione”: quali attenzioni sono richieste al riguardo, sia da parte della comunità del Seminario, sia da quelle parrocchiali dove questi giovani prestano servizio?
Innanzitutto l’accoglienza comincia dal seminarista: è infatti suo compito accogliere la comunità in cui è mandato, perché è una comunità che lo precede nella storia e nell’esperienza, e che ha certamente tanto da insegnargli. Questo vale per tutti i seminaristi, ancora di più se si proviene da una diocesi esterna. L’integrazione è un atteggiamento fondamentale, che funziona nella misura in cui ci si mette nella disposizione d’animo di voler condividere un tratto di strada insieme, sia da parte della comunità sia da parte del seminarista. Ma ci tengo a precisare che, affinché questo avvenga, sono proprio i seminaristi, e aggiungo i sacerdoti, che possono diventare loro stessi testimoni di accoglienza e integrazione.
Spesso si nota, ad esempio nelle attività di catechesi ai ragazzi, un certo timore nel presentare il ministero sacerdotale come una possibilità reale per la propria vita e non straordinaria o eccezionale. Per quale motivo secondo te?
Credo che si debba riscoprire la bellezza della proposta del Vangelo, a cui la vita di consacrazione ne è intimamente legata. È una chiamata alla sequela tutt’altro che “eccezionale”, bensì ordinaria e possibile poiché veramente umana: più si accoglie Cristo, più la nostra vita diventa piena, bella, realizzata. Questo è quello che la vita sacerdotale deve testimoniare. È unicamente in Lui che troviamo ciò che realmente cerchiamo.
Il Seminario ospita, alla Casa del clero, alcuni sacerdoti anziani. In questa Giornata, quale pensiero possiamo rivolgere loro, perché si sentano ricordati e amati dalla comunità ecclesiale? Certamente un pensiero di vicinanza e gratitudine. Credo che sia molto preziosa e formativa la presenza dei sacerdoti anziani in seminario, perché permette ai seminaristi di prendere coscienza della storia ecclesiale in cui sono inseriti. Una storia segnata da sacerdoti che hanno dato la loro vita per l’annuncio del Vangelo e per la crescita spirituale, umana e pastorale di molti fedeli.
Come state vivendo tu come rettore, e la comunità del Seminario, questi giorni di preparazione all’ordinazione diaconale del 2 dicembre? Quale l’augurio ai futuri diaconi?
Con grande attesa, nella vicinanza e nella preghiera. È un passo decisivo, di totale consacrazione a Dio. L’augurio è quello di vivere questi ultimi giorni con quell’atteggiamento di veglia che Gesù stesso chiede, e così farci trovare pronti, «con le vesti cinte ai fianchi e le lampade accese» (Lc 12,35), in attesa del Signore che viene.
I seminaristi della Diocesi di Carpi
• Stefano Simeoni: 1ª teologia, proviene da Teramo e presta servizio a Quartirolo.
• Michele Sansone: 1ª teologia, proviene da Verona e presta servizio a Budrione.
• Francesco Roggiani: 1ª teologia, proviene da Mirandola, dove attualmente presta servizio.
• Francesco Bussei: 1ª teologia, proviene da Cibeno, dove attualmente presta servizio.
• Francesco Cavazzuti: 3ª teologia, proviene dal Corpus Domini e presta servizio a Limidi.
• Davide Lovascio: 4ª teologia, proviene da San Francesco e presta servizio a Mirandola.
• Amel Chirayil: si prepara al diaconato, proviene dal Kerala e presta servizio al Corpus Domini.
• Tinu Th ommassery: si prepara al diaconato, proviene dal Kerala e presta servizio a Quartirolo.
• Basile Bitangalo: si prepara al diaconato, proviene dal Congo e presta servizio a San Giuseppe.
• Severin Ngueliassi: si prepara al diaconato, proviene dal Camerun e presta servizio in Cattedrale.
• Arnaud Tametsop: si prepara al diaconato, proviene dal Camerun e presta servizio a Cibeno.