Cattedrale di Carpi

Domenica delle Palme

All’inizio della Messa
   Oggi, domenica delle Palme, la lunga lettura del Vangelo della passione di Gesù ci fa entrare nel mistero della sua morte, ma nello stesso tempo apre una finestra di vita. Mentre nella preghiera dei fedeli chiederemo la cessazione del contagio, ricordando i malati e tutti coloro che si prodigano in vari modi per arginare la pandemia, affrontare l’emergenza e assistere le persone colpite e i loro familiari, all’inizio poniamo come intenzione speciale il ricordo dei defunti, soprattutto quelli che hanno perso la vita a causa del coronavirus o per complicazioni ad esso legate, che nel mondo hanno già superato il numero di 60.000, un quarto dei quali nel nostro paese. Per loro chiediamo il riposo eterno e per noi una luce di speranza dal Vangelo.

Omelia
   L’intenso racconto della passione di Gesù secondo Matteo ci ha inondato di sentimenti, emozioni e pensieri che non vanno addomesticati, ma piuttosto interiorizzati e meditati. Ci ha travolto un mare di violenza; ma ci ha raggiunto anche un raggio di speranza. Se passiamo rapidamente in rassegna i volti incrociati da Gesù nelle sue ultime ore, troviamo odio e indifferenza, ma anche compassione e tenerezza. Prima di tutto nel Vangelo si agita lo spettro del tradimento, il volto di Giuda: trenta denari per smerciare il Figlio di Dio, il Maestro che aveva seguito per anni, il Signore di cui condivise la mensa, l’amico a cui darà un bacio e di cui dispererà il perdono, arrivando a suicidarsi. Poi compare il volto di Pietro, spavaldo nella sua promessa di seguire Gesù fino alla morte; promessa subito rinnegata dal sonno, che lo sovrasta nel Getsemani, e soprattutto dalla paura di essere identificato, nel cortile del sommo sacerdote. E di seguito, come un sogno sempre più tormentato, entrano in scena i volti duri e sdegnati dei membri del sinedrio, con le loro accuse e il grande gesto di scandalo del sommo sacerdote, la lacerazione delle vesti, che dà il segnale di partenza agli sputi e alle percosse. Di qui in avanti la sorte di Gesù è in caduta libera: i volti che incrocerà sono un concentrato di indifferenza, mediocrità e vigliaccheria, come quello di Pilato che lo consegna lavandosene le mani; e di odio, come quello inferocito della folla che urla il suo favore per Barabba; o i volti spietati dei soldati che lo picchiano e deridono, dei ladroni crocifissi con lui che lo insultano, dei capi giunti fino al Golgota per sfidarlo a scendere dalla croce e per occuparsi poi di sigillare il sepolcro di Gesù ponendo i soldati a guardia e mettere la parola “fine” a quella storia strana di un ebreo così anticonformista.

Ma nel mare della violenza spuntano raggi di speranza. Il volto sorpreso di Simone di Cirene che, pur costretto, allevia per qualche metro il peso di Gesù; o il volto ammirato del centurione, che per primo – lui, pagano – crede del Figlio di Dio; e i volti impietositi delle donne che guardano da lontano la scena del Golgota e accompagnano poi Gesù alla tomba; fino al volto onesto di Giuseppe di Arimatea, che assicura a Gesù una degna sepoltura. Sprazzi di pietà in un oceano di odio. Anche il nostro volto assume ogni tanto i tratti induriti dei nemici di Gesù o quelli impauriti degli amici che lo abbandonano; e spesso, speriamo, i tratti inteneriti dei suoi ammiratori e degli amici che lo seguono. Ciascuno di noi può rivedere se stesso nei personaggi della passione.

A questo punto manca solo un volto, il più importante di tutti, a cui Gesù aveva dedicato l’intera esistenza; quello di cui il Salmista dice: “il tuo volto, Signore, io cerco: non nascondermi il tuo volto” (Sal 26,8-9). Dov’è il volto più importante, il volto del Padre? Si è nascosto: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Proprio ora, che Gesù è solo e ne avrebbe bisogno, il Padre nasconde il suo volto. Si era reso presente nel giorno del suo battesimo al Giordano, si era rivelato sul Tabor nella trasfigurazione, si era fatto incontrare tante volte nei momenti di preghiera di Gesù: e aveva sempre fatto sentire la sua presenza. Ora invece se ne sta ritirato. Gesù stesso però gli aveva dato questa facoltà, la sera prima, nel Gestemani. In quelle ore di preghiera, per due volte aveva espresso al Padre il suo timore davanti al calice che stava per bere; e per due volte aveva aggiunto: sia fatta la tua volontà. Del resto non aveva insegnato ai suoi discepoli a pregare il Padre dicendo sempre: “sia fatta la tua volontà” (Mt 6,10)? Ora toccava a lui abbracciare quella volontà così misteriosa, che lo spingeva a fidarsi completamente di Dio e condividere fino in fondo la sofferenza umana. Non capiva del tutto, ma sapeva di potersi consegnare al Padre.

E il volto del Padre si mostrerà, in un’esplosione di vita inaspettata: la risurrezione. Così il Padre esaudirà la richiesta di Gesù nel Getsemani di lasciarlo in vita. Il Padre accoglie il grido di Gesù sul Golgota, il lamento dell’abbandono; ma non lo esaudisce come Gesù avrebbe immaginato, evitandogli il dono supremo della vita. Se lo avesse esaudito a quel modo, Gesù sarebbe uno scampato e non un redentore; si sarebbe salvato la pelle, ma non avrebbe salvato i fratelli; avrebbe schivato per il momento la morte, ma non l’avrebbe visitata e svuotata dal di dentro. La preghiera del Figlio entra nel cuore del Padre, che apparentemente non la accoglie, lasciandolo morire, ma in realtà la esaudisce in una maniera potente, piena: gli rende “per sempre” quella vita che Gesù chiedeva “per il momento”. La risurrezione di Gesù svela il volto tenero del Padre, che sul Golgota sembrava assente, ma che in realtà, soffrendo con il Figlio e con noi, stava disponendo il dono di una vita che non finisce. Come la preghiera del Figlio, Gesù, anche la nostra preghiera entra nel cuore del Padre, quando è preghiera di figli: autentica, umile, condita dalle opere di carità e di giustizia; quanto non è preghiera clientelare, che pone delle condizioni, ma chiede solo di fare la volontà del Padre, sapendo che lui vede molto più avanti di noi. Quando il Padre sembra assente, sta preparando in realtà una risposta sovrabbondante, una risposta di vita e di risurrezione.