Editoriale del n. 17 del 5 maggio 2013

Di casa in casa tra quello che resta del paese


Con gli occhi rivolti al cielo
di Don Ivano Zanoni


Ogni anno la benedizione delle case è un momento privilegiato per conoscere le famiglie della comunità, in particolare gli anziani e le persone arrivate di recente in paese. Il terremoto ha reso inagibili tante abitazioni, per cui numerose famiglie hanno cambiato residenza e con la visita si ha un quadro completo della situazione della comunità sul territorio. Se un parroco vuol conoscere il suo ‘gregge’ (anche le ‘pecore’ più lontane) deve andare nelle case, dove la gente vive e abita. Con questo spirito la mia presenza è stata di incoraggiamento e di conforto per tante persone che tuttora soffrono i disagi del terremoto: traslochi forzati, collocazioni provvisorie e precarie, convivenze obbligate, ecc. Anche io potevo dire di essere uno sfollato…e di essermi adattato a vivere in spazi ridotti, come gli altri. E questo è stato di esempio. La condivisione è sempre un forte aiuto al dialogo.
La chiesa parrocchiale, in gran parte distrutta, ha risvegliato il senso di appartenenza alla comunità, per cui anche chi solitamente non viene in chiesa, ha parlato con commozione della ‘nostra chiesa’, andata in rovina. Credo che un briciolo di fede ci sia in tutte le persone di buona volontà ed emerge quando meno te lo aspetti. La nuova chiesa, donata da Telepace, ha riscosso tanta simpatia e ammirazione: la stragrande maggioranza dei novesi è venuta a visitarla. Quando, infatti, chiedevo se avevano avuto l’occasione di vederla, tutti immancabilmente mi rispondevano di sì ed erano grandemente compiaciuti della sua bellezza e semplicità. Tutti hanno provato grande gioia per averla avuta in dono e in così breve tempo. La chiesa è rimasta un punto di riferimento sicuro per tutta la comunità: funerali, battesimi, matrimoni, celebrazioni delle messe festive, cioè i momenti di dolore e di gioia, di fede e di preghiera, vengono vissuti nella chiesa, come sempre: è stata un aiuto grandissimo per la continuità e la ripresa del cammino di comunità. Poi il suono della campane, dopo mesi di silenzio, un fatto bellissimo e commovente, un segno gioioso di vita, di speranza e di ripresa per tutto il paese.
Prima di cominciare il giro delle benedizioni avevo una certa trepidazione a recarmi nelle case terremotate e in gran parte con tuttora i segni visibili delle crepe e dei muri crollati. E dicevo tra me e me: chissà se la gente avrà ancora voglia di ricevere la benedizione dopo il terremoto… Invece sì è verificato tutto il contrario di quello che pensavo. Ho trovato sì le persone con tanta paura ancora nell’animo e con i ricordi vivi delle scosse di terremoto; con la nostalgia della piazza e dei luoghi comuni di ritrovo e, semmai, con le lacrime agli occhi per la casa andata in rovina o già demolita. Ma, nonostante ciò, ho incontrato persone con la voglia di pregare e il desiderio di essere protetti dall’Alto. Per cui invocavano con me sinceramente la Benedizione del Signore, proprio con la speranza di non dover più provare in futuro l’esperienza terribile del terremoto. Tanti si sono riconosciuti bisognosi dell’aiuto di Dio, hanno espresso la necessità di invocarlo con la preghiera insieme al sacerdote. ‘Dia una bella benedizione’ mi dicevano, e mi sono sentito veramente come pastore, cioè come colui che ha il compito di guidare, ma anche di intercedere presso Dio per il suo popolo. Questo è stato il significato di certe conversazioni e la sensazione positiva provata girando di casa in casa. Insomma la fede è affiorata proprio laddove non pensavo e quando davo per scontato una certa contestazione nei confronti della natura e verso Dio. Sì, la natura ha fatto paura e tanta, ma  ha anche suscitato la fede e il desiderio di pregare. Dopo lo smarrimento e il terrore, la rovina di tante cose e la perdita degli affetti più cari come la casa, le persone si sono rese conto della propria fragilità, della precarietà delle cose materiali e alla fine in tanti hanno sentito il bisogno di rivolgersi a Dio, come il solo che può venirci in aiuto nei momenti del bisogno. E’ Cristo, la rivelazione di Dio amore, la roccia su cui ‘si può costruire, si può ricostruire’ come ci ha ricordato Benedetto XVI a Rovereto.