Editoriale del n.18 del 10 maggio 2015

Voglia di festeggiare 
Non c’è ombra di dubbio, Carpi ha voglia di festeggiare. I successi sportivi cedono il passo alla Solennità del Patrono in un susseguirsi di eventi che quasi mettono in ombra, pur senza dimenticarla in fondo, l’esperienza vissuta tre anni fa e che ancora ha lasciato cicatrici sugli edifici, nelle famiglie e nei luoghi di lavoro colpiti da crisi su crisi in questi ultimi anni.
C’è voglia di ripresa, più in generale, in quell’Italia che nonostante arranchi per arrivarci in fondo riesce poi a mostrarsi bella con Expo ‘ bella, non senza macchia ‘ e inneggiare alla vita anziché alla morte come risposta a chi vuole solo distruggere e non costruire speranze nuove, più al passo coi tempi. ‘Occorre il recupero fondamentale della dimensione etica, morale e spirituale della vita; se no corriamo il rischio che succeda quello che capita quando si mette una pezza su un vestito, prima o poi strapperà tutto’, ha detto il Vescovo in questi giorni che ci avvicinano alla Solennità di San Bernardino da Siena.
Forse non si può davvero festeggiare se non si parte da più indietro, perché la Chiesa è la comunità di coloro che prendono l’iniziativa, si coinvolgono con gli altri, li accompagnano, che fruttificano e che poi festeggiano. Il nostro Santo Patrono ha saputo fare il primo passo, prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi e promuovere un’economia nuova fondata sulla giustizia.  Potremo davvero festeggiare se, mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, riusciamo ad accorciare le distanze, a stare accanto, ad essere perspicaci e attenti ai frutti che vengono da questo muoversi di un popolo. ‘Perché il Signore ci vuole fecondi’ (astenersi perditempo). E capaci di prenderci cura del grano senza perdere la pace a causa della zizzania che sempre cresce accanto a ciò che nutre (contraddizioni da Expo?).
Il discepolo, ci ha poi insegnato Focherini, sa offrire la vita intera e giocarla fino al martirio. Però il suo sogno non è riempirsi di nemici, piuttosto che la Parola venga accolta e manifesti la sua potenza liberatrice e rinnovatrice: l’ha spiegato anche il Vescovo ai tre seminaristi appena istituiti lettori. Dobbiamo tenere a mente tutti gli episodi di questo percorso che stiamo compiendo insieme: così non solo come Chiesa evangelizzatrice ma come comunità civile, possiamo imparare a festeggiare, a gioire per i passi avanti nella fede e per ciò che nelle nostre città fa progredire il bene.
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