Editoriale del n.19 del 17 maggio 2015

Spezzare il pane
Più di 8 miliardi di euro di cibo all’anno vengono gettati nella spazzatura. Eppure il 63% degli italiani, secondo il ‘Rapporto 2014 Waste Watcher – Knowledge for Expo’ presentato in questi giorni a Milano, vuole sprecare meno (lo spreco domestico costa al nostro Paese 8,1 miliardi di euro ogni anno). E se l’81% di noi sa leggere le etichette e controlla se il cibo scaduto è ancora buono prima di gettarlo, non allo stesso modo ci preoccupiamo che chi ci è accanto possa avere di che sfamarsi. Dobbiamo ‘Nutrire il Pianeta’, certo, e con l’aumento della popolazione, secondo la Fao, la produzione dovrà aumentare del 60%.
Eppure noi ne sprechiamo un terzo. È per questo che è assolutamente necessario ripartire dalla prevenzione e dall’attenzione agli sprechi, come afferma anche Andrea Segré, presidente di Last Minute Market che recupera ogni anno, da un ipermercato di grandi dimensioni ‘ solo per fare un esempio ‘, fino a 170 tonnellate di prodotti alimentari, cioè circa 300 pasti al giorno per un valore economico di 650.000 euro.
Sprechiamo più di 8 miliardi perché ‘non diamo più valore al cibo ‘ prosegue Segré ‘ e dobbiamo impegnarci a combattere la perdita di questo valore, più che lo spreco in sé. E’ una lotta che ci porterà ‘ osserva ‘ a restituire valore al cibo e alle relazioni. Per migliorare dobbiamo lavorare in questa direzione: promuovere le relazioni umane attraverso i beni’. Il Papa proprio in apertura di Expo ha invitato a tenere bene in mente ‘i volti degli uomini e delle donne che hanno fame, e che si ammalano, e persino muoiono, per un’alimentazione troppo carente o nociva’.
È dunque positivo che sul territorio inizino a muovere i primi passi progetti che, senza dimenticare l’attenzione ai dati, ai numeri delle povertà, invitino i singoli e la città a una cura concreta e amorevole delle persone e delle relazioni, in linea con quello che la Chiesa fa da anni. Di fronte al povero che tende la mano ci viene chiesto conto non solo di cosa abbiamo dato, ma se abbiamo guardato i suoi occhi e toccato quella mano. Così l’invocazione che i cristiani ripetono ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’ acquista un senso grande, perché ci coglie come popolo, come persone in relazione.
Se ci lasciamo finalmente toccare dalle povertà che ‘ l’abbiamo capito bene dai dati ‘ incontriamo in fila al centro d’ascolto ma anche sul pianerottolo, in piazza e a scuola, perché ci camminano accanto, se rispondiamo con generosità di relazione e non solo di denaro a chi subisce la solitudine oltre che l’indigenza, allora il ‘pane in attesa’ lasciato in un forno sarà davvero pane spezzato per tutti.