Ritornare a pensare la Chiesa

Editoriale del n. 43 del 9 dicembre 2012

LE DUE TENTAZIONI
di Pier Giuseppe Levoni


Il terremoto dello scorso maggio ha comprensibilmente condizionato anche la vita e il confronto culturale nella nostra zona. È così purtroppo passato sotto  silenzio il contributo prezioso che il teologo concittadino Brunetto Salvarani ha fornito con il volume ‘il fattore R –  Le religioni alla prova della globalizzazione’ pubblicato dalla Emi all’inizio di quest’anno. In quelle pagine il lettore viene condotto ad una riflessione, chiara ed argomentata, su questioni di grande significato, come il ritorno del sacro nell’era della secolarizzazione, la figura odierna del ‘religioso’, il passaggio dalla religione degli italiani all’Italia delle religioni, il quadro mondiale della presenza delle varie fedi in un’ottica che tenta di prefigurare il loro futuro.
Sono argomenti che meriterebbero ben maggiore attenzione nella comunità ecclesiale, ad ogni livello, che troppo spesso sacrifica gli spazi del confronto culturale in nome di un attivismo lodevole ma di contro respiro, e di pratiche venate talora di uno spiritualismo individualistico, inesorabilmente anemico sul piano della missionarietà perché timoroso di fare apologia.
In queste condizioni si rischia di subire una duplice tentazione.
C’è in primo luogo la polemica sulle ‘due chiese’ quella ‘gerarchica’ e quella ‘di Dio’ (Flores d’Arcais), oppure la ‘chiesa dell’amore’ e la ‘chiesa del potere’ (Galimberti).  Si tratta di uno schema, proposto con frequenza martellante da chi, sulle pagine dei quotidiani o nei salotti televisivi, tende in sostanza a scardinare la visione cattolica del rapporto fra i fedeli ed i loro pastori.
Questa campagna, accentuatasi nelle ultime settimane, non punta infatti a provocare un salutare confronto su eventuali errori od omissioni, sempre possibili anche in persone investite di alte responsabilità, ma a screditare la stessa funzione di guida, in nome di una religione ‘fai da te’, ed è questa la seconda tentazione, innescata dal processo di secolarizzazione registrato negli ultimi decenni. Lo ha sottolineato anche l’approfondita analisi sociologica compiuta la scorsa primavera dalle diocesi del triveneto: c’è una tendenza evidente verso un cattolicesimo non senza Chiesa ma con poca Chiesa. Ora l’alternativa è chiara: subire passivamente nell’ambiguità questa deriva o riprendere senza ritardi il cammino proposto dal Convegno ecclesiale di Verona 2006, dagli Orientamenti Cei per il decennio, e dalle concrete indicazioni di Benedetto XVI per questo Anno della Fede. E’ quindi quanto mai opportuno il contributo di Salvarani. Occorre tornare a pensare per agire, come  sollecita del resto il ‘Progetto culturale’ varato dopo il Convegno di Palermo ’95. Il cattolicesimo italiano, malgrado l’indubbio ridimensionamento, conserva un carattere ‘popolare’ da tempo assai affievolito in altri contesti, proprio per la rassegnazione ad una religiosità soggettiva che di cattolico finisce per avere ben poco. Su questa base va rinnovato l’impegno formativo: i testi del Concilio ed il Catechismo della Chiesa Cattolica da essi derivato segnano la rotta.