Il campo estivo in Albania guidato da don Fabio Barbieri

Dal 21 al 30 agosto

Piccoli grandi germogli di Vangelo e di carità
 
“Siamo andati per vedere una realtà con cui siamo in contatto da tempo, per il tramite della carpigiana suor Caterina Colli, e sperimentare la vita di questa missione”. Don Fabio Barbieri, direttore del Centro Missionario Diocesano, ha guidato i sei volontari che dal 21 al 30 agosto scorsi sono stati ospiti presso le Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Th ouret a Gramsh in Albania. Un’esperienza breve ma intensa, condivisa da persone di diversa provenienza ma animate dal comune desiderio di rendersi vicine ai “fratelli” albanesi. E’ stato dunque un immergersi nell’attività capillare che le suore svolgono quotidianamente, facendo della carità evangelica, di cui portano il nome, la loro bandiera. “Gramsh – spiega don Barbieri – si trova al centro dell’Albania, ad un’ora di distanza dalla città di Elbasan. Il Paese è in grande sviluppo, con la costruzione di numerose infrastrutture, ma nelle zone rurali e di montagna, come intorno a Gramsh, la gente vive ancora in una povertà estrema”. Condizioni di vita, sottolinea il sacerdote, inimmaginabili per chi non le ha viste, toccate con mano dai volontari accompagnando le suore nella visita alle famiglie. “Persone che abitano in villaggi sperduti sui monti, raggiungibili dopo ore di viaggio, con il fuoristrada finché si può, poi a piedi. La gente si serve di asini e di muli. Per l’acqua spesso ci si ‘attacca’ alle sorgenti, non c’è l’elettricità e le case sono baracche malsicure”. Dalle mani generose delle suore arriva ogni sorta di aiuto, così come, ricorda don Barbieri, “attraverso le loro segnalazioni il Centro Missionario, grazie alla solidarietà dei benefattori, ha sostenuto la costruzione di alcune case per le famiglie più bisognose”. Ma la cura delle suore si rivolge, naturalmente, non solo agli aspetti concreti – “oltre alle sporte di viveri, fondamentale è l’assistenza sanitaria off erta presso l’ambulatorio e nella distribuzione di farmaci” sottolinea don Barbieri – bensì all’accoglienza dei più piccoli. Presso la missione, alla mensa quotidiana e al doposcuola, si affianca “una specie di oratorio” al sabato pomeriggio per i bambini dei villaggi “in cui si respira, seppure nella povertà dei mezzi, un clima di entusiasmo alimentato dai giovani educatori”. Una trentina di ragazzi che frequentano la missione delle suore e che si sono attivati anche nell’animazione di campi gioco estivi, di settimana in settimana a turno nei villaggi. “Come sacerdote sono rima- sto colpito dal fatto che solo pochi di questi giovani sono battezzati – osserva don Barbieri -. Gli altri sono catecumeni o non hanno neppure intrapreso questo cammino, ma partecipano alla messa, ai momenti di catechesi e di formazione, segno che l’opera delle suore è qualcosa che li stimola. Si incontrano continuamente uniti da un bel rapporto di amicizia che si è allargato ad abbracciare anche noi volontari”. Proprio alla vivace presenza di questi giovani, oltre che alla dedizione e alla tenacia delle suore, si affidano le speranze della Chiesa cattolica a Gramsh, in un Paese, come l’Albania, in cui quarant’anni di feroce dittatura ateista hanno portato la stragrande maggioranza della popolazione a non riconoscersi in alcuna appartenenza religiosa. “L’Albania è a tutti gli effetti terra di missione – sottolinea don Barbieri – in cui annunciare il Vangelo, far conoscere Gesù. Una terra che tanto più ci interpella per la sua vicinanza geografica a noi. Il numero esiguo dei cattolici, per fare un esempio, ad Elbasan, città di 140 mila abitanti, sono registrati 500 battezzati, per lo più residenti all’estero, non è certo confortante. Eppure, a Gramsh, poco a poco, i battesimi ci sono. Insomma – conclude – dal piccolo granello di senape che è la Chiesa albanese, spuntano germogli di vita”.