Intervista ai due nuovi sacerdoti diocesani: don Alex Kunjumon Sessayya e fra Ivano Cavazzuti

Un sacerdote mite
Pietro Gaglianò

Uno sguardo limpido e un sorriso luminoso. Così si presenta fra Ivano Cavazzuti, uomo mite, semplice e dotato di quella intelligenza del cuore che è frutto di un contatto diretto e profondo con Dio. Fra Ivano ha 40 anni ed è originario di Roteglia, un paese dell’appennino tosco-emiliano situato nella provincia di Reggio Emilia. È frate minore dal 1994 e dall’ottobre del 2005 risiede a Carpi, presso il convento di San Nicolò. Alla vigilia della sua ordinazione sacerdotale ci racconta qualcosa di sé e della propria vocazione.

Quando ti sei sentito chiamato alla vita religiosa?
Avevo 25 anni, lavoravo già da tempo come falegname e coltivavo le passioni di tanti ragazzi, lo sport, il motocross e la musica. Facevo il disc-jokey nelle discoteche venendo così a contatto con moltissimi giovani della mia età. Già in quei momenti sentivo di voler fare qualcosa di più per loro.
Poi ho avuto modo fino ai 28 anni di fare un serio discernimento nella mia vocazione, anche grazie ad un gruppo di preghiera di Carpi, fino ad entrare nel convento francescano di Villa Verucchio.

Cosa ti ha spinto verso la spiritualità francescana?
Già a 11 anni, in occasione di una visita al santuario della Verna, avevo amato il contatto con la natura dei frati. Questo mio amore per il creato e per una vita semplice ed essenziale, insieme, ovviamente, agli incontri fatti nel mio cammino, mi hanno portato a scegliere l’ordine dei frati minori. Certo mi sono reso conto che il Signore ti dà proprio la forza di fare quel che tu non avresti mai pensato!

Quali sono attualmente le tue mansioni nella diocesi?
Oltre ai miei compiti all’interno della parrocchia di san Nicolò seguo il gruppo dei ragazzi del dopo cresima all’oratorio Eden. Spesso, poi, mi capita di parlare in chiesa con persone in crisi nella propria vita coniugale e dare loro un supporto di fede e morale.

Cosa diresti ai ragazzi che hanno dubbi e incertezze circa la propria vocazione?
Ognuno ha la propria chiamata e deve lasciare che Gesù possa davvero entrare nei suoi progetti e lasciarlo libero di trasformarli. Qui risiede la gioia vera e la vera felicità. Occorre pregare con costanza ed intensità, è lo strumento principe per discernere quello che il Signore desidera per noi. E fidatevi, sogna e desidera cose immensamente più belle e più grandi di quanto possiamo immaginare.

Don Alex
Una vita nuova


Alex Kunjumon Sessayya è originario del Kerala (India), della Diocesi di Trivandrum, ha 37 anni ed è in Italia dal 1995. Dal 2002 è in Diocesi a Carpi e presta servizio presso la parrocchia del Corpus Domini. Contemporaneamente, sta anche terminando gli studi, ‘con una tesi in italiano, inglese e sanscrito ‘ spiega -, sulla comprensione del divino nel cristianesimo e nell’induismo, in particolare nella prospettiva di Henri Le Saux, monaco benedettino di origine bretone che ha portato il Vangelo dentro la cultura indiana. Un tema che ha a che fare con il dialogo tra le due religioni, importantissimo per una convivenza pacifica ma allo stesso tempo difficilissimo, perché non si può compromettere la sostanza della nostra fede. Questo lavoro ‘ afferma Alex – mi ha anche aiutato ad approfondire il mio essere credente’.

Come vivi il rapporto con la nostra cultura, così diversa da quella indiana?
Io ho voluto rimanere in Italia poiché desideravo incontrare un’altra cultura. Oggi in Diocesi, oltre a me, ci sono altri 2 sacerdoti e 2 seminaristi indiani. L’apertura che Carpi sta facendo a religiosi di altri paesi è bellissima, ma allo stesso tempo non è semplice. Credo sia una sfida: ritengo che ogni individuo debba rispettare e amare la cultura in cui è inserito, e nell’amore ci sono anche delle difficoltà, che però non vanno drammatizzate.

Come hai affrontato il diaconato, nella preparazione al sacerdozio?
Diacono significa ‘servo’, infatti ho speso questo tempo di diaconato nel servizio al vescovo, alla carità, all’ascolto della Parola.
Ho pregato e ho chiesto agli altri di starmi vicini in questo passo importante e definitivo per la mia vita. Sto chiedendo aiuto al Signore: che mi dia la forza, che mantenga il sorriso sul mio volto per poter svolgere con entusiasmo ciò che mi sta davanti, che mi dia l’umiltà di essere piccolo e di saper vedere in ogni persona il bello.
Non è sempre facile affrontare ciò che si pone sul nostro cammino, ma lasciarmi guidare dal Signore mi ha dato serenità. Oggi sono contento e soddisfatto di poter vedere questa ‘aurora’, per cominciare una vita nuova. Con l’ordine del sacerdozio, infatti, non finisce, bensì inizia qualcosa di radicalmente nuovo, così come per il matrimonio. Spero che il Signore mandi altri seminaristi per la nostra Diocesi.

La famiglia, in India, lo aspettava già a novembre’
Dopo l’ordinazione Alex andrà in Kerala, dove il 10 marzo celebrerà la sua’ seconda, prima messa. ‘Incontrerò ‘ racconta – monsignor Joseph Kariyl, vescovo della diocesi di Punalur – dove ho studiato e dalla quale mi hanno inviato in Italia -, la mia famiglia il parroco della mia città. Ho cinque fratelli e tanti nipoti che voglio salutare e soprattutto mia mamma che oggi ha 87 anni.
Ma anche qui ho tante persone da ringraziare: monsignor Elio Tinti, don Douglas, il mio direttore spirituale don Gianpaolo Sambri di Modena, padre Vincenzo Bertolone, don Ivo Silingardi, le persone della Casa soggiorno del clero e tutti i benefattori che sostengono i seminaristi. E ovviamente ‘ conclude – don Carlo Malavasi, il vicario parrocchiale don Germano e tutta la parrocchia del Corpus Domini che mi ha accolto’ e sopportato’.
‘Al mio nascere tu mi hai raccolto’
‘dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio’.
Questo il versetto del Salmo 21 scelto da Alex per il giorno della sua ordinazione. ‘Oggi non è facile affermarlo, ma è importante ricordare che siamo suoi figli: ho sempre creduto in Dio, è lui che mi ha donato al grembo di mia madre. Ma il mio sacerdozio ‘ conclude – lo affido anche alla Vergine Madre, chiedendo il suo aiuto’.