È considerato “uno dei testi più belli del Nuovo Testamento”: il Vescovo monsignor Francesco Cavina ha posto il capitolo 15 del Vangelo di Giovanni – celebre per l’argomento della vite e dei tralci – al centro della meditazione al ritiro del clero, tenutosi lo scorso 15 settembre in Seminario. Riflessioni che ci accompagnano e ci guidano nell’inizio del nuovo anno pastorale.
Nel mosaico absidale della Basilica di San Clemente a Roma troneggia una croce che, in realtà, è una grande vite i cui tralci si espandono fino ad abbracciare tutto il mondo, che a sua volta si trasforma in un’unica grande vigna. Tra tralci si muovono animali di ogni genere e sono rappresentati il lavoro dei pastori, dei contadini, degli artigiani e dei monaci. Tutti sono felici. La gioia che manifestano nasce dalla comunione che essi vivono con il Signore. Il messaggio che il mosaico vuole trasmettere è molto chiaro: Quando Cristo, terminata la sua missione, torna al Padre, la partecipazione alla vita divina ci viene assicurata dall’Eucarestia. Da sempre Dio ha pensato all’’ Eucarestia come cuore e sostegno della vita dell’umanità nel tempo della Chiesa. Gesù pronuncia la parabola della vite e i tralci nella stessa sera che istituisce l’Eucarestia. Molti commentatori hanno visto un profondo legame tra questa allegoria ed il sacramento dell’Eucarestia, il cui senso profondo ci viene presentato nel discorso che Gesù tiene a Cafarnao dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. In entrambi i testi, e soltanto lì, si trova l’invito a rimanere in Gesù: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui” (6.56). “Rimanete in me ed io in voi… Chi rimane in me ed io in lui porta molto frutto” (l5.4-7). …. continua