Un’alta testimonianza di fede e di umanità
Chi passa davanti al palazzo abbaziale di Nonantola non può non notare, sul muro della facciata, la grande lapide dedicata alla memoria di don Arrigo Beccari e del dottor Giuseppe Moreali, di coloro, cioè, che si adoperarono per la salvezza dei “ragazzi di Villa Emma”. L’iscrizione è stata posta dalla cittadinanza e benedetta nel dicembre 2011, alla presenza delle autorità e di numerosi cittadini. Da carpigiani, ciò che salta particolarmente all’occhio è la menzione di don Ivo Silingardi, che, con don Beccari e don Ennio Tardini, condivise l’arresto e la condanna a morte da parte della Gestapo. Si cita inoltre il sacrificio di tre giovani monache Ancelle Adoratrici di Bologna che offrirono la loro vita in espiazione per la salvezza dei tre sacerdoti. Come ricordava lo stesso don Silingardi in un’intervista a Notizie in occasione del 25 aprile 2011, dopo l’8 settembre egli divenne responsabile del gruppo Piccoli Apostoli presso l’Opera Pia Bianchi di Casinalbo. Qui creò un centro di raccolta per giovani diretti verso le formazioni partigiane sull’Appennino e di contatto con esponenti della Resistenza, in particolare con Ermanno Gorrieri e Luigi Paganelli, promotori e comandanti della Brigata Italia. In seguito a una denuncia, il 15 settembre 1944 don Silingardi fu arrestato insieme ad altri provenienti da varie parti della provincia, fra cui due sacerdoti, don Arrigo Beccari e don Ennio Tardini. Dopo interminabili peripezie, violenti interrogatori e la continua minaccia di una condanna a morte, don Ivo fu rinchiuso nel carcere di San Giovanni in Monte a Bologna dove rimase fino agli inizi di aprile del 1945. Mesi di tensione, di angoscia, di incertezza, aggravate dall’infinita pena per le esecuzioni di numerosi compagni di prigionia. Fu infine trasferito nel carcere di Sant’Eufemia di Modena, da cui uscì il 22 aprile nel corso degli scontri per la liberazione della città. In questo scenario di violenza, girando con don Beccari per le strade, don Silingardi si frappose tra gli schieramenti per convincere i tedeschi ad arrendersi ai partigiani e per calmare gli animi. Fino ad arrivare a perdonare coloro che fino a qualche ora prima erano stati i suoi carcerieri e a fare in modo che i militari tedeschi uccisi negli scontri a Modena fossero sepolti in un luogo decoroso nel cimitero urbano. Nel corso dell’intervista don Silingardi aveva parlato di questi ultimi fatti con ritrosia e con grande umiltà ci aveva invitati a mettere in evidenza, più che il suo operato, quello di tanti altri sacerdoti durante il conflitto, come appunto don Beccari, ma anche don Zeno, don Dante Sala, monsignor Vigilio Federico Dalla Zuanna. Oggi, crediamo che sia doveroso “ritagliare” uno spazio speciale per l’altissima testimonianza di fede e di umanità offerta da don Ivo quel 22 aprile 1945, seme di rinascita per un Paese martoriato dalla guerra e dall’odio.