Convegno del 28 maggio 2022 – Intervento dell’ Arch. Sandra Losi

28 maggio 2022 – decennale sisma
 
Come la Diocesi di Carpi ha vissuto la sua ricostruzione: quali possibilità future e quali priorità
 Il sisma di dieci anni fa ha avuto un impatto pesante sul patrimonio diocesano, che è stato danneggiato per più del 90%. Patrimonio che non è fatto di sole chiese (danneggiate 44 su 47), o altri piccoli oratori, ma anche di canoniche, oratori (intesi come luoghi di incontro e attività pastorali e anche ricreative), teatri e sale polivalenti, residenze, scuole e asili, monasteri, il seminario e il palazzo vescovile.
Al danno materiale va sommato il danno causato alla comunità, che di colpo (senza avere il tempo di metabolizzare il cambiamento) si è vista privare dei luoghi della quotidianità e degli elementi identitari che ne segnano il tempo e la storia, e si è vista letteralmente e improvvisamente piombare in una condizione di tempo sospeso. È iniziato così un periodo di natura provvisoria (tempo sospeso), in cui la vita dei luoghi è continuata, ma non come prima, perché stravolta nelle dinamiche sociali e negli spazi, priva dei consueti riferimenti, e soprattutto sospesa dal giudizio e dalle riflessioni sul suo futuro in una prospettiva più profonda.
Le azioni intraprese per ripristinare la normalità sono iniziate da subito! Prima spontanee, in fase di emergenza, poi via via più strutturate, e ancora procedono, perché non sono ancora concluse.
In una visione generale e ampia, sono state individuate priorità di intervento più o meno condivise dalle Comunità, che spesso restringono la visione al proprio ambito e vivono con disagio la condizione di alterata normalità, misurando la situazione dello stato dell’arte solo con la riapertura dei luoghi.
In questi 10 anni è stato comunque compiuto un passo importante per le comunità diocesane.
Lo testimoniano la riapertura progressiva di canoniche e altri edifici di usi diversi e di alcune delle 44 chiese danneggiate, iniziata nel 2013 con la chiesa di Rolo, poi Vallalta, Limidi, Panzano, Cortile, Sant’Antonio in Mercadello, Santa Croce, Cibeno, Quartirolo, il santuario della Madonna di Ponticelli e, a Carpi, le chiese del Corpus Domini, del Santissimo Crocefisso e di San Bernardino da Siena. E, più recentemente, la chiesa di Santa Giustina Vigona a Mirandola e quella di Budrione.
È stata data anche priorità ad alcune chiese e palazzi che rivestono un ruolo simbolico e rappresentativo importante: la Cattedrale di Carpi (2017), il Duomo di Mirandola e la chiesa di Sant’Ignazio, sede del Museo Diocesano (2019) e il Palazzo Vescovile.
Va detto che vi sono alcune chiese aperte perché i danni subiti non hanno costretto alla chiusura, ma queste saranno oggetto di interventi, e la chiusura sarà limitata al periodo di cantiere (la chiesa di Santa Chiara, e quella di Gargallo ad esempio).
Le altre sono in fase pre-cantiere, anche se diversa: alcune sono prossime all’avvio dei lavori, molte altre in fase progettuale.
Alcune sono state messe a piano lo scorso anno con Ordinanza Regionale di attuazione del programma pluriennale dedicato al patrimonio pubblico (che comprende tutti gli edifici ad uso pubblico).
In modo semplice queste informazioni sono state riportate su una mappa (oggi in distribuzione) che periodicamente verrà aggiornata.
Va detto che se in mappa trovate solo le chiese, le istanze complessive della Diocesi sono 92 (ad esempio in certi casi il campanile è una istanza diversa), di cui 75 inserite nel programma delle opere pubbliche e le restanti rientranti nel sistema della ricostruzione privata).
 
Slide: mappa del territorio, generale e per stralci
 
Per slide: TAB istanze inserite nel programma regionale di ricostruzione delle Opere Pubbliche che rientrano nel territorio ecclesiastico della Diocesi di Carpi con riferimento al territorio dal punto di vista amministrativo: Comuni di Carpi, Novi di Modena, Concordia s/S, Mirandola, San Possidonio, Rolo e le frazioni di Panzano in Comune di Campogalliano e di Limidi in Comune di Soliera.
AMBITI AMMINISTRATIVI
ISTANZE
              Carpi e frazioni
28
Novi di Modena e frazioni
9
Concordia s/S e frazioni
10
Mirandola e frazioni
21
San Possidonio
3
Rolo
2
Panzano di Campogalliano
1
Limidi di Soliera
1
TOTALE ISTANZE
75
Il lavoro, ovviamente, ancora non è concluso.
Rimangono da fare diverse azioni:
– perfezionare le carte delle chiese e degli altri edifici riaperti e chiudere le istanze;
– portare a termine le progettazioni in corso e acquisire la congruità di spesa;
– avviare i cantieri e portarli a compimento.
Di questo si occupa l’Ufficio Patrimonio (costituito dal Vescovo Castellucci un anno fa), coordinando diverse operatività distribuite nel territorio per completare quanto delle 75 istanze pubbliche è ancora in sospeso o in corso o da avviare, con attenzione a tutti gli ambiti della Diocesi, che si estende da Carpi a Mirandola, da Novi a Concordia, ricomprendendo anche Rolo e San Possidonio, e altre frazioni che, seppur amministrativamente ricomprese in altri Comuni, storicamente hanno avuto diversi riferimenti (Limidi e Panzano).
Il primo passo, programmato con gradualità di urgenze, è stato la riassegnazione dei RUP (acronimo di Responsabile Unico del Procedimento), figura tecnica prevista dal Codice Appalti -che è applicato nella ricostruzione di opere pubbliche, che beneficiano di contributi pubblici- che segue passo passo tutte la fasi delle diverse istanze e rende conto alla Committenza (ente Diocesi) del percorso di ricostruzione.
Proprio perché tante sono le istanze, diverse sono le professionalità individuate, e ricomprendono sia liberi professionisti privati sia figure individuate nelle pubbliche amministrazioni, con particolare riferimento a quelle di Carpi e di Novi.
In modo graduale, in un clima collaborativo e fattivo di tutti i soggetti coinvolti (Diocesi, Regione, Soprintendenza, amministrazioni locali, parrocchie e comunità diocesane, e anche tecnici e maestranze….), la ricostruzione -che negli ultimi due anni e mezzo ha risentito anche della pandemia e dalle criticità del mercato edilizio, con una lievitazione rilevantissima dei prezzi, e della concorrenza dei bonus, che attira e sposta dalla ricostruzione maestranze e tecnici- sta riprendendo, con l’obiettivo di portare a compimento quanto previsto nei programmi regionali di ricostruzione. E il capitolo delle chiese -messo volutamente in coda dopo la ricostruzione delle case e dei luoghi di lavoro- non è certo dimenticato o finito in secondo piano.
Il prolungarsi del tempo sospeso della loro ricostruzione (che di fatto non ha ridato subito quanto danneggiato o andato distrutto), se da un lato ha messo in moto la ricerca e la attuazione di soluzioni di natura provvisoria per ripristinare una nuova condizione di normalità, seppure alterata, sta consentendo di misurarsi per intervenire al meglio anche in prospettive pastorali e religiose che in questi dieci anni sono profondamente mutate, e non certo solo per effetto del sisma.
La riflessione sulle prospettive concrete della ricostruzione è quindi ancora aperta, e persegue l’obiettivo di ricostruire sì, ma senza polarizzarsi sull’immagine di un passato che non potrà più tornare, bensì recuperando il tempo di elaborazione del cambiamento per andare verso un futuro non semplicemente parametrato sulla storia passata, pur se gloriosa, ma determinato soprattutto dalle nuove esigenze pastorali e missionarie, e segnato dalle prospettive del futuro che la Diocesi oggi vede in maniera ben più chiare di quanto non accadesse nell’estate 2012.

 

Per slide:

La resilienza di un territorio e della sua comunità, ovvero la capacità di affrontare e superare un evento traumatico come il terremoto, si perseguono e si consolidano grazie ad un lavoro sinergico in cui sono coinvolti tutti gli “attori” del territorio, che, proprio in conseguenza del trauma, trovano forza e risorse per una nuova fase di crescita.

 


Le chiese della Diocesi a dieci anni dal sisma

Il 2 giugno a Mirandola il secondo convegno promosso dalla Diocesi per i dieci anni dal sisma del 2012.

di Sandra Losi, direttore Ufficio Diocesano Patrimonio Immobiliare

Scarica la mappa in alta definizione –>

Gli anniversari, tutti, da quelli personali a quelli collettivi, nel lungo periodo diventano aridi numeri che misurano la distanza temporale da un evento, privando il ricordo di quegli stati d’animo che ci hanno profondamente toccato dentro, lasciando una impronta nel nostro vissuto, un segno più o meno marcato a seconda delle diverse esperienze personali. Questo decennale del sisma emiliano – che in ambito carpigiano ricorre più il 29 che il 20 maggio -, non fa eccezione. Improvvisamente tutti cercano i numeri della ricostruzione, per dimostrare “se e quanto stati bravi” a ripristinare la normalità. Ma quale normalità?

Un evento come il terremoto, se distruttivo come quello emiliano, è equiparabile a un lutto, che va rielaborato. Questo percorso di rielaborazione richiede tempo. Se in prima battuta è rassicurante (consolatorio) sentirsi dire che tutto sarà ricostruito “com’era e dov’era” occorre maturare la consapevolezza che nulla sarà più davvero come prima, anche solo perché le persone sono diventate diverse dopo un evento così traumatico.

Nell’ambito del territorio della Diocesi di Carpi (che ricomprende i comuni di Carpi, Novi, Rolo, Concordia, San Possidonio e Mirandola, e le frazioni di Limidi e Panzano) ricordiamo tutti le “zone rosse” di Concordia, Mirandola e Carpi, e le prime tendopoli, per fortuna rimaste solo pochi mesi, e gli appuntamenti fissi settimanali di aggiornamento della situazione di emergenza e delle azioni intraprese “nelle stanze dei bottoni” per poter garantire la possibilità di restare sul territorio a vivere e a lavorasiamo re e non migrare altrove. Ricordiamo che l’ora del sisma non è coincisa con momenti di attività collettive, fra cui le Cresime e le Comunioni, che avrebbero reso inesorabilmente più alto il numero delle vittime.

Allora non ricordiamo solo i numeri, ma anche queste cose del vissuto di quei giorni e del primo anno. Con una visione d’insieme guardiamo i numeri. L’elevato numero di pratiche della ricostruzione privata e del produttivo sta a significare che solo in 10 anni la quasi totalità delle persone ha riconquistato la casa dove vivere e il luogo in cui lavorare. Grazie a soluzioni o strutture ad uso provvisorio (in linea con la strategia di ricostruzione intrapresa dalla struttura commissariale, che ha consentito alle persone di non abbandonare i luoghi di origine) quelle stesse persone hanno avuto la possibilità di avere qui da subito i luoghi delle funzioni pubbliche, in attesa della ricostruzione di quelli danneggiati o distrutti.

Le chiese rientrano in quest’ultimo pezzo della ricostruzione. Se già dopo pochi anni è iniziata la riapertura progressiva di alcune delle 44 chiese danneggiate (ovvero più del 90% dell’intero patrimonio ecclesiale diocesano è stato danneggiato anche pesantemente), fra cui la Cattedrale di Carpi (a differenza, lo diciamo con dispiacere, della cattedrale di Ferrara), il Duomo di Mirandola e la chiesa di Sant’Ignazio, sede del Museo Diocesano, in questi 10 anni è stato comunque compiuto un passo importante per le comunità diocesane. Sono state riaperte le chiese di Rolo, Vallalta, Limidi, Panzano, Cortile, Sant’Antonio in Mercadello, Santa Croce, Cibeno, Quartirolo, il santuario della Madonna di Ponticelli e, a Carpi, le chiese del Corpus Domini, del Santissimo Crocefisso e di San Bernardino da Siena. Più recentemente, la chiesa di Santa Giustina Vigona a Mirandola e quella di Budrione.

Il lavoro ovviamente ancora non è concluso, e prosegue – mi sento proprio di assicurarlo – con tenacia: il nuovo assetto degli Uffici della Curia, dopo una riorganizzazione delle diverse operatività, sta riavviando il percorso di tutte le pratiche pregresse e mettendo in moto quelle messe a piano dalla Regione solo pochi mesi fa, fra cui il caso più vistoso è forse quello della chiesa vecchia di Fossoli. Sarebbe poco generoso dimenticare che gli ultimi due anni e mezzo sono stati complicati dalla pandemia e dalle criticità del mercato edilizio, con una lievitazione rilevantissima dei prezzi, per non parlare della concorrenza dei bonus, che attira e sposta dalla ricostruzione maestranze e tecnici.

Pertanto, dopo 10 anni, il capitolo delle chiese – messo volutamente in coda dopo la ricostruzione delle case e dei luoghi di lavoro – non è certo dimenticato o finito in secondo piano. Molti hanno con acutezza osservato che il prolungarsi dei tempi della ricostruzione consente di intervenire al meglio anche in prospettive pastorali e religiose che mutano. Non si tratta tanto di ricostruire proprio com’era prima, ma di strutturare la storia passata aprendola alle nuove esigenze pastorali e missionarie del futuro.


Le Chiese della Diocesi a 10 anni dal sisma

Terremoto e Pandemia ricostruzioni e strutturazione del futuro
Intervento dell’ Arch. Sandra Losi – Direttore dell’Ufficio Patrimonio Immobiliare e responsabile ad interim dell’Ufficio Ricostruzione post – sisma, dal titolo “Come la Diocesi di Carpi ha vissuto la sua ricostruzione: quali possibilità future e quali priorità” Carpi – S. Ignazio – Museo Diocesano 28 maggio 202
Vedi anche gli interventi di: Arch. Lucia GuaitoliGruppo Carpi 2030 – Prof. Ivo LizzolaArch. Stefania Campioli

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