Lettera del Vescovo alla città nella festa di San Geminiano

E’ dedicata ai giovani “protagonisti del rinnovamento” la tradizionale Lettera alla città che il vescovo Erio Castellucci ha scritto in occasione della festa del patrono di Modena San Geminiano, con il titolo “Ritroveremo la primavera”. Un testo denso e articolato segno di quanto la condizione giovanile stia a cuore al Vescovo, al centro delle sue preoccupazioni di Pastore attento al bene, e in questo caso al futuro, della comunità che in questo caso è superfluo suddividere tra civile ed ecclesiale. come già aveva anticipato nel messaggio di Natale. Nella parte introduttiva si sviluppa un’analisi sociologica e comunicativa tutta tesa a dimostrare l’eccessiva accentuazione negativa che la cronaca attribuisce a tutte le vicende che coinvolgono i giovani. “Prudenza, dunque, nel dare giudizi sui giovani d’oggi, – avverte monsignor Castellucci – nel gridare allo sfacelo morale, culturale, affettivo e sociale, nell’addossare agli adolescenti le etichette di teppisti, violenti e sfaccendati.

Che mondo lasciamo ai nostri ragazzi?
Negli anni sono diventato allergico al costante abbinamento del sostantivo “disagio” all’aggettivo “giovanile”. Quando il mondo degli adulti rileva comportamenti inaccettabili nei giovani, è tenuto moralmente a premettere un esame di coscienza”. Non è questione di rilanciare la palla nel campo avverso e di scaricare responsabilità ma alcune domande gli adulti devono pure porsele: “Che mondo stiamo lasciando ai ragazzi di oggi? Quali valori abbiamo custodito per loro, quali ideali testimoniamo? Quale modello di vita adulta stiamo incarnando? Loro sono incerti e confusi, è vero: ma gli orizzonti futuri che si aprono, quegli orizzonti che noi adulti stiamo disegnando, che promesse contengono? Quando gli adulti sono affetti dal mito del giovanilismo, comportandosi da adolescenti, come si può sperare che i giovani desiderino e progettino una vita adulta?”. La Lettera alla città 2022 inevitabilmente si contestualizza nel secondo anno di pandemia, con tutte le ben note conseguenze sul piano delle difficoltà nelle relazioni e sul livello di insicurezza rispetto al futuro prossimo. Il vescovo Erio ce lo ricorda “La pandemia sta svolgendo, anche in questo caso, una funzione acceleratrice, intensificando il clima di incertezza in tutti e specialmente nei giovani; nei loro discorsi abbondano i “forse”, i “non so”, i “chissà”, i “per ora”. E quando gli adulti se la sbrigano con un giudizio su di loro come nichilisti, depressi, liquidi, viziati, immaturi, superficiali o sdraiati – senza negare l’esistenza di tendenze di questo tipo, comunque non solo tra i giovani – dovrebbero ricordarsi che siamo stati noi adulti a consegnare a loro questa condizione precaria”.

La sfida educativa
Torna così in modo prepotente il concetto di “sfida educativa”, non che negli anni ne sia venuta meno la consapevolezza, ma gli effetti della pandemia l’hanno resa ancora più evidente. Con quali presupposti mettersi all’opera? “La sfida educativa si affronta non tanto biasimando nei giovani le sirene dell’istinto, dell’egoismo, della “vita facile”, quanto proponendo loro una “vita bella”, armoniosa, progettuale; e non tanto con le parole, ma soprattutto con la testimonianza della vita. I giovani sono disposti ad ascoltare gli adulti, anche i più anziani, se li vedono realizzati come adulti; se si sentono da loro amati, accompagnati, compresi; se avvertono da parte loro uno sguardo di fiducia. La trasmissione intergenerazionale di tradizioni e valori, oggi così ardua, passa attraverso questo sguardo fiducioso sui giovani”.

Una proposta alla comunità
Proporre “una vita bella” dunque che dia risposte di senso e di autentica realizzazione. Come ricorda il Vescovo il 2022 è stato proclamato Anno Europeo dei Giovani, è un’opportunità in più per invitare tutti ad una riflessione operosa sulla situazione giovanile e per impegnare le istituzioni politiche a mettere in agenda iniziative concrete. Però lo stile dovrebbe essere un po’ diverso dal passato, meno celebrativo, meno preoccupato di “come parlare ai giovani” mentre “la prima e più importante domanda è: ‘come ascoltare i giovani’”. Da qui la proposta che il vescovo Castellucci formula alla diocesi e alle istituzioni locali, di una “cattedra dei giovani”: nella tarda primavera trovare una mezza giornata da dedicare all’ascolto dei ragazzi, che potrebbero parlare agli adulti esprimendo liberamente ciò che hanno nel cuore: sogni e sofferenze, desideri e consigli. Potremo ascoltare alcune loro esperienze di studenti e lavoratori, educatori, sportivi e volontari impegnati nei diversi ambiti. Sarebbe un’occasione per sperimentare come, ripartendo dall’ascolto dei giovani, possiamo ritrovare insieme la primavera”.

Luigi Lamma