L’Ultima cena di Gesù, che celebriamo in questa liturgia, la sua morte in croce, che mediteremo domani sera, e la sua resurrezione costituiscono i momenti di uno stesso mistero, quello della Pasqua di Cristo, cioè il suo passaggio da questo mondo al Padre… Un passaggio insieme doloroso e gioioso. Questa sera siamo chiamati a porre al centro della nostra riflessione il testamento di Cristo con il quale il Signore non lascia ai suoi discepoli un’eredità materiale o spirituale, ma Se stesso; lascia il suo Corpo off erto in sacrificio e il Suo sangue versato per la salvezza del mondo. L’evangelista Giovanni non ci ha tramandato l’istituzione dell’Eucarestia e ha messo al suo posto il racconto della lavanda dei piedi. Non si tratta né di una dimenticanza né di un caso, ma di una scelta ben ponderata. Privilegiando questo gesto, umile e solenne nello stesso tempo compiuto da Gesù, Giovanni ci rivela il signifi cato profondo dell’Eucarestia e della croce. Noi non celebriamo l’Eucarestia perché è un bel rito, ma per entrare nella logica stessa del dono di Cristo all’uomo e perché il sacrificio di Cristo invada tutta la nostra vita. Istituendo il sacramento dell’Eucarestia Gesù dice: “Questo è il mio corpo che è dato per voi”. E’ come se dicesse: Io mi metto al vostro servizio. L’Apostolo Pietro rifiuta di farsi lavare i piedi e questo suo atteggiamento off re a Cristo la possibilità di spiegare il significato vero del suo insolito gesto. Un gesto che va ben oltre ad una ragione di carattere igienico o ad una volontà di offrire un esempio, ma richiama la necessità di lasciarsi “salvare”. Gesù, in altre parole, dice a Pietro che non può salvarsi da solo, che non può pensare di vincere l’egoismo e il peccato con le sue sole forze, ma deve accettare la salvezza che il Signore gli off re per mezzo del sacrificio della croce. Là dove c’è una comunità che obbedisce al comando di Gesù: Fate questo in memoria di me, il Signore si rende presente e off re anche a noi il dono della salvezza. E noi questa sera siamo questa comunità fedele che, ripetendo gli stessi gesti compiuti da Gesù nel Cenacolo, gli diciamo il bisogno che abbiamo di mangiare il pane di vita che viene dal cielo e di bere la bevanda che ci purifica dalle nostre colpe, che sono il Corpo e il Sangue di Cristo stesso. Davvero nell’Eucarestia Cristo ha realizzato in maniera incredibile e straordinaria la promessa fatta ai suoi discepoli, prima di ritornare al Padre: “Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. L’Eucarestia è presenza di Dio in mezzo a noi. Il testo evangelico termina con queste parole: “Vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io, facciate anche voi”. La comunione con il Signore che si realizza nel sacramento eucaristico non si risolve ad un’unione intimistica, ma ha lo scopo di renderci capaci di amare come ama Lui. Dall’Eucarestia nasce una comunità di fratelli dove ciascuno si mette al servizio degli altri. La verità intera dell’Eucarestia si realizza, dunque, in un servizio reciproco, umile e concreto. Lo stesso amore che il Signore ha avuto per noi salvandoci. Gesù Cristo non avrebbe potuto darci di più. Per dimostrarci il suo amore ci ha lasciato il suo Corpo e il suo Sangue per la salvezza dell’umanità. E così ogni volta che celebriamo l’Eucarestia l’umanità è riconciliata con Dio, la legge dell’amore viene scritta di nuovo nel cuore dell’uomo, viene rigenerata la nuova creatura, noi viviamo in comunione con Dio e con i fratelli, troviamo ristoro e forza nel cammino, sovente faticoso che contraddistingue le nostre esistenze, diventiamo partecipi della vita eterna, rifiorisce nel cuore della Chiesa la gioia che dissolve la tristezza. Ringraziamo il Signore per questo dono immenso, impariamo a godere della sua presenza tra noi e lasciamoci trasformare dal suo amore.
+ Francesco Cavina