L’omelia di Mons. Cavina nel Giovedì Santo

 
Nella seconda Lettura abbiamo sentito queste parole dell’Apostolo Paolo: “Ogni volta … che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunziate la morte del Signore, finché egli venga“. Sono parole che ci svelano il senso più vero e profondo del mistero eucaristico: mangiando il pane, che è il corpo di Cristo, e bevendo il vino, che è il sangue di Cristo, il cristiano entra in un rapporto reale con la morte del Signore sulla Croce.

Si tratta di parole importanti con le quali l’Apostolo ci dice che l’Eucarestia non celebra solo il ricordo di un avvenimento della vita di Cristo, ma è rinnovazione della sua morte e la resurrezione affinchè i benefici della salvezza raggiungano anche la nostra vita. L’Eucarestia è Cristo che si dona a noi e ci consente di entrare in comunione con Lui. Nell’Eucarestia in virtù dell’azione trasformante dello Spirito, che agisce attraverso le parole della consacrazione, il pane ed il vino, presentati dalla Chiesa, diventano “veramente, realmente e sostanzialmente” il Corpo ed il Sangue del Signore. In tal modo il Signore ha dato compimento alla promessa fatta ai suoi discepoli prima di tornare al Padre, dopo la sua resurrezione: “Ecco, io sono con voi…Il Signore è sempre con noi, abita in mezzo a noi e continua ad elargirci le grazie di cui abbiamo bisogno per conseguire il fine ultimo della nostra vita: la salvezza eterna.

Gesù ha istituito il sacramento della Sua presenza nell’ultima sera della sua vita terrena. Per quale ragione? L’esperienza ci insegna che le ultime parole degli amici, delle persone care, di coloro che ci amano e che amiamo sono quelle che si imprimono più profondamente nel nostro cuore e nella nostra mente. Ebbene, il Signore ha istituito l’Eucarestia nell’ultima cena perché rimanesse il tesoro più prezioso, più caro e più venerato per i suoi discepoli.

E’ doveroso, dunque, questa sera, prima di tutto ringraziare il Padre del dono che ci ha fatto del suo Figlio Unigenito; poi lodare il Figlio, Gesù Cristo, perché ha inventato questo modo (il modo eucaristico) di rendersi sempre presente nella sua Chiesa; infine, benedire lo Spirito Santo che opera in ogni celebrazione eucaristica.

Il brano di Vangelo ci ha presentato l’episodio della lavanda dei piedi. Nel Vangelo di s. Giovanni è assente il racconto dell’istituzione dell’Eucarestia. Il motivo va ricercato nel fatto che, essendo l’ultimo vangelo scritto, i cristiani conoscevano molto bene ciò che Gesù aveva fatto nell’Ultima Cena. Al suo posto, l’evangelista narra un gesto sconcertante, anch’esso accaduto nel Cenacolo, compiuto a Gesù: la lavanda dei piedi. Questo gesto ci rivela il significato più profondo dell’Eucarestia. In essa il Signore manifesta la profondità del suo amore per noi. Ci ama fino a donarsi a noi come cibo e bevanda di vita.

I vari gesti che Cristo compie nella lavanda dei piedi hanno lo scopo di spiegarci l’espressione: amò i suoi fino alla fine.

Seguiamo allora questi gesti!

Gesù Si alzò da tavola. La tavola dalla quale il Signore si alza non indica solo quella dove sta consumando l’Ultima Cena con gli apostoli, ma indica una realtà molto più profonda. Cioè si alza dalla tavola del suo banchetto con il Padre e lo Spirito Santo. Ci aiuta ad interpretare l’alzarsi di Gesù la lettera di San Paolo ai Filippesi dove l’apostolo afferma che Cristo non ha considerato la sua uguaglianza con Dio un tesoro da difendere gelosamente, da non condividere con nessuno.

Poi depose le vesti. L’amore di Cristo per noi lo porta a spogliare se stesso della sua condizione divina. In altre parole, si fa uomo, diviene uno di noi e assume la nostra fragilità per renderci partecipi della sua vita divina. Per fare di noi dei figli di Dio, coeredi della mensa celeste.  

Quindi preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Gesù non si limita a divenire uomo, ma assume la condizione dello schiavo: lava i piedi ai suoi apostoli. La logica di Dio sconcerta la nostra intelligenza. Lui l’Onnipotente, il Creatore, il Signore si fa uomo per mettersi al servizio dell’uomo, al nostro servizio. E’ questo l’amore spinto all’estremo.

Ma l’abbassamento di Dio non è ancora concluso. Cristo, durante l’Ultima Cena invita i suoi discepoli – e anche noi che siamo i suoi discepoli di oggi – a mangiare il pane che è il suo Corpo offerto, e a bere il calice che è il suo Sangue versato. In tal modo il discepolo assume in se stesso, nella sua esistenza e nella sua libertà, la “logica” stessa del Dio incarnato: “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni gli altri“.

Donandoci questo comando, “dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri”, Gesù ci dice che l’Eucarestia, alla quale noi partecipiamo questa sera e tutte le domeniche, raggiunge la sua pienezza solo quando Essa genera uomini e donne, così liberi, da essere capaci di donare se stessi agli altri. Il Corpo fisico di Gesù che si dona sulla Croce, il Corpo eucaristico che continua la sua presenza tra noi, ed il Corpo ecclesiale, che siamo noi, diventano inseparabili. Veramente “in questo sacramento è compreso tutto il mistero della nostra salvezza” (S. Tommaso d’A. 3,83,3c)

Questa è la sera dell’amore! Cristo con il dono dell’Eucarestia ci avvolge, ci trasforma con suo infinito amore, illumina la nostra solitudine, sopprime i nostri rancori e le nostre paure. Il Signore ci invita ad arrenderci a questo amore con docilità totale e ad accogliere il semplice, ma profondo invito che ci lascia: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”.

Uscendo da questa celebrazione eucaristica possiamo dire a noi stessi e ai fratelli: “Ho incontrato il Signore e mi ha detto: l’amore è possibile, io sono tuo amico, io sarò con te fino alla fine, farò il cammino con te, con i popoli, con la storia fino a che tutto sfoci nella luce eterna del Padre”.

 
 + Francesco Cavina