L’opera dei missionari al servizio dei fratelli più poveri

Altre testimonianze dai volontari rientrati dal Madagascar.

Proseguono i ricordi del viaggio in Madagascar, visto questa volta con gli occhi di Marta e Maurizio Sacchetti, Gianfranco Nasi, Eletta e Gianni Pagliani, Carla e Fabio Saetti.
 
Il nostro viaggio in Madagascar si è rivelato un incontro con persone, uomini e donne di diversa estrazione sociale, tutte molto accoglienti, come i bambini che ci guardavano con curiosità per la nostra carnagione chiara, poi si avvicinavano per salutarci porgendoci la mano con il desiderio di essere fotografati. Ma abbiamo nel cuore anche l’immagine viva di volontari, sacerdoti e suore che si dedicano con vera abnegazione alla causa di questi poveri. Come suor Elisabetta Calzolari e Luciano Lanzoni, che ci hanno accompagnati nel nostro viaggio.
 
Suor Elisabetta Calzolari
Speciale, minuta, dall’apparenza fragile, con una voce sottile, i modi garbati ed eleganti, un sorriso dolce, suor Elisabetta ha una fibra ed una volontà di ferro, se si pensa che in oltre quarant’anni in Madagascar ha aperto ben sette missioni in posti sperduti e raggiungibili solo tramite strade sterrate. Proprio in questi luoghi dove la gente vive miseramente, lei è stata capace di far costruire la casa per le suore, ambienti per l’accoglienza di ospiti, pozzi da cui attingere acqua con pompe o pannelli solari, asili, scuole, mense per i bambini e case per gli insegnanti. Ha seguito personalmente tutte le costruzioni, discutendo con il progettista e controllando il lavoro dei vari operai, gente tolta dalla strada. Nelle varie missioni sono state approntate piantagioni di manioca, per far apprendere metodi di coltura, e orti, tenuti come giardini da loro e dai bambini sostenuti con le adozioni a distanza. Tutte le suore malgasce del suo ordine parlano l’italiano, molte sono venute in Italia a studiare teologia, perciò noi abbiamo potuto comunicare facilmente con loro e, nelle case in cui siamo stati ospitati, ci hanno riservato un’accoglienza calorosa anche con canti e danze tradizionali.
 
Tante case
La casa madre si trova in capitale ad Antananarivo, con, a lato, la casa delle novizie per la formazione delle future suore dove vengono accolte e istruite ragazze per un cammino di discernimento vocazionale. A pochi chilometri si trova il Centro di Tsiadana, una scuola frequentata da ottocento studenti con annesso il centro professionale con laboratori di artigianato per insegnare un lavoro a centotrenta ragazzine tolte dalla strada. Amphaimanga è distante sessanta chilometri dalla capitale e si raggiunge percorrendo una strada sterrata di terra rossa con tante buche. I rappresentanti del consiglio pastorale parrocchiale ci rivolgono il loro più vivo ringraziamento per il contributo ricevuto dal Centro Missionario e dalla parrocchia di Quartirolo per la costruzione della nuova grande chiesa parrocchiale all’ingresso del paese e ci regalano un cestino di riso con le uova e due galline vive! Di lato alla chiesa è stato costruito il pozzo e sei case per gli insegnanti che lavorano con i 450 bambini e ragazzi della missione: una di queste case è stata interamente finanziata dalla parrocchia di San Giacomo Roncole. Ambhoimandroso, a duecento chilometri dalla capitale, è l’unica missione sulla strada statale asfaltata, ha oltre mille tra bambini e studenti dall’asilo al liceo: arriviamo durante l’intervallo e veniamo letteralmente travolti dal loro entusiasmo. Un ricordo particolare è per le suore di Ambalavao: questa città nel sud del paese ha ogni settimana il più grande mercato di bestiame – gli zebù – e le ragazze vengono mandate a prostituirsi. Su richiesta del Vescovo locale, qui suor Elisabetta ha costruito la casa per accogliere le ragazzine tolte dalla strada, andando a prendere l’acqua al fiume distante sette chilometri, per poi riuscire a realizzare anche il pozzo. Per raggiungere Analavoka, la missione più lontana, il paesaggio è mozzafiato, mentre la strada è impossibile da percorrere. Nonostante tutto arriviamo dopo quattro ore di viaggio. Visitiamo i due pozzi e la scuola media finanziati dal Centro Missionario mentre gli operai stanno terminando la costruzione del nuovo asilo e gli scolari ci accolgono con balli e canti.
Viene spontaneo chiederci come riesca suor Elisabetta a trovare tanta energia. Lei, ricordando molto modestamente di avere dei bravi collaboratori, confida soprattutto nell’intervento della Provvidenza. E grazie a questa fiducia, ha già in progetto di edificare una mensa per i trecento bambini della missione di Analavoka.
 
Luciano Lanzoni
E’ suo il progetto della costruzione del centro di salute mentale nell’ospedale di Ambositra: qui i pazienti potranno essere ospitati il tempo necessario per i controlli, ricevere le prime cure, per poi tornare alle loro case con le terapie giuste. Ci siamo chiesti come mai, anche qui, la gente ha problemi psicologici e Luciano ha spiegato che uno dei motivi principali è dovuto alla precarietà per tanti genitori di provvedere al cibo necessario per la prole a cui si aggiunge l’alcolismo e le droghe. All’inaugurazione siamo stati accolti calorosamente dal Vescovo. Dopo la messa è seguito un pranzo con omaggi dell’artigianato locale e, nel pomeriggio, il taglio del nastro con i rappresentanti politico-religiosi, il Ministro della Sanità e tanto di palco su cui abbiamo dovuto salire pure noi nonostante ci sembrasse un onore eccessivo. Le tante parole di ringraziamento sono stati intervallate dalle danze dei ragazzini della classe integrata, dagli infermieri e dai medici dell’ospedale, con la consegna di un variopinto cappello di paglia a ciascuno di noi.
Per dare un lavoro agli ex detenuti del carcere di Ambositra, Luciano ha avviato, in collaborazione con il Comune, un progetto di raccolta differenziata per il recupero del materiale organico per ottenere il compost da rivendere.
Mentre passeggiavamo per le strade, molta gente si rivolgeva a Luciano: una signora anziana con un vestito molto sudicio gli ha dato la mano e lui non ha disdegnato di ricambiare quella stretta né di abbracciarla. Oppure quando ha consolato un bambino sordomuto che piangeva disperato perché rimproverato dalla maestra. Un altro giorno un bambino gli si è avvicinato dicendogli che aveva fame e quando gli ha chiesto cosa voleva il piccolo, ha risposto che desiderava degli spaghetti, allora Luciano è andato con lui a comperarli. Abbiamo visitato il Centro di malati mentali di Manakara dove lui ha operato fino a qualche anno fa ed ora vi è Enrica mandata dal Centro Missionario di Reggio Emilia. Infine siamo andati a vedere la fattoria dove Luciano vive da alcuni anni: è un posto sperduto nella foresta che si raggiunge superando un ponte più basso della strada che nel periodo delle piogge risulta invalicabile. Qui vive con due ragazzi, un sacerdote malgascio e don Giovanni Ruozi, giovane sacerdote di Reggio Emilia, parroco a Manakara, ricambiato dall’amore e dalla riconoscenza della gente. E’ un territorio collinoso che, ripulito dalle erbacce, ora è coltivato a caffè e pepe rosa che ha già cominciato a produrre e, dopo essere stato selezionato dalle donne, viene venduto. C’è un campo da calcio dove, i ragazzi che lavorano in questa fattoria, sono intenti a giocare. Prima di sistemare la sua casa Luciano ha pensato bene di investire il denaro ricevuto nell’acquisto di un toro e due vitelle e nella costruzione di un capiente pollaio, tutto per creare lavoro e sostentamento alla gente del luogo.
Questi sono i nostri missionari, che mettono sempre gli altri al primo posto e con la loro amorevole e assidua presenza fanno scoprire a chi è loro vicino l’amore di Dio Padre.