Omelia di Em. Cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna
Diretta televisiva e streaming su TVQUI (canale 19)
Ringrazio il Signore di questa celebrazione, che coincide anche con il ritrovarsi fisico della nostra Comunità. Ed è bello sia intorno al suo patrono, che è di tutti e di ognuno. Ne abbiamo bisogno. Abbiamo cura di osservare le attenzioni necessarie e sentiamo la responsabilità verso se stessi e verso gli altri, proteggendoci a vicenda e difendendoci assieme (non ci si difende dagli altri, ma con gli altri dall’unico nemico che non è l’altro ma è il virus, mai la persona!), proviamo l’intima gioia di appartenere a questa Comunità che ha, deve avere, nomi, tratti concreti e umani, non anonimi e tutti uguali. L’amore è sempre spirituale (non può non esserlo perché sia amore vero!) ma è anche umano per dare senso e profondità allo Spirito. L’amore non potrà diventare digitale, un algoritmo (anche se qualche volta rischiamo diventare schiavi di quella intelligenza artificiale che già regola tanto del nostro presente). Nessun apparecchio potrà mai sostituire l’abbraccio, la comunicazione che usa e anima i sensi del nostro corpo, che insieme compongono il vero sesto senso che li riassume tutti e li accende tutti, nascosto nella nostra anima, che è l’amore. Ci ritroviamo come comunità, tutta, intorno al Patrono che indica proprio un riferimento che unisce, un padre che difende e fa trovare quello che unisce. La pandemia ci ha reso uguali a tutti, ha umiliato tante nostre sicurezze, considerazioni, presunzioni e ci ha omologato, forse restituendoci alla storia, alla vita vera e non a quella caricatura di vita che è quella virtuale, deformata dal benessere che promette e non mantiene. Abbiamo sentito tanto nella paura e nell’incertezza l’interrogativo su qual è la nostra difesa e come Dio ci difende. Ringraziamo di cuore perché ci ritroviamo come comunità, in una relazione tra di noi, antica e nuova, che aiuta a ritrovare il proprio io e che non ci fa sentire perduti in un noi troppo grande per essere raggiunto. San Bernardino ci aiuta a ritrovarci comunità e ci indica chi davvero ci difende, regalando anche a noi il Nome dei nomi, Gesù. Ascoltarlo ci libera da ciò che divide perché ci aiuta a riconoscere il frutto del maligno, del divisore. San Bernardino, figlio di San Francesco, come il suo maestro è stato umile, ma affatto rinunciatario, povero ma in realtà ricco. Dobbiamo trasformare l’umiliazione subita in umiltà, cioè scelta di servizio, di generosità, di servizio per servire a qualcosa.
Questo nostro tempo è difficile, duro, vero, nel quale portiamo tante ferite profonde ad iniziare dai tanti che il virus ci ha strappato, con l’amarezza di un saluto non dato e di una compagnia desiderata e non realizzata, di un funerale mancato. Mi sono tornate in mente le parole che ci disse Papa Francesco in occasione della sua visita qui a Carpi – e ne approfitto per ricordare con riconoscenza Mons. Cavina e con lui anche Mons. Tinti, mio vicino di tavola alla casa del clero, al quale ogni volta che parliamo di Carpi gli occhi diventano umidi per la commozione di tanto amore ricevuto e dato –davanti alla bellezza della cattedrale dopo la ricostruzione. In fondo questa pandemia è stato un terremoto che ha scosso in maniera invisibile eppure profondissima. Ce ne accorgiamo nei frutti evidenti, dopo che silenziosamente il virus aveva compiuto la sua opera distruttiva e di morte. Papa Francesco parlò di grande delusione per la precarietà della nostra vita mortale che, attraversata dall’angoscia per la morte, sperimenta la disfatta, un’oscurità interiore che pare insormontabile. Sono proprio le nostre agitazioni di oggi. Egli ricordò, anche come “dall’altra parte c’è la speranza che vince la morte e il male e che ha un nome: la speranza si chiama Gesù. Egli non porta un po’ di benessere o qualche rimedio per allungare la vita, ma proclama: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà» “.
Sì, come ricordava sempre San Bernardino il Signore non è una definizione, un’idea, un fantasma, un verità algida e distante che addirittura rende antipatica la festa per il ritorno a casa di un figlio e di un fratello, ma è un uomo, il nome che dona speranza e vita a tutti i nomi, colui che cambia per sempre l’articolo perché con Gesù è sempre determinativo e ci fa uscire dall’anonimato e dal poco amore che rende tutto indistinto non perché lo siamo ma perché nessuno unisce il suo nome al nostro. Non è scontato appropriarci del suo nome! Se qualcuno dicesse che fa qualcosa nel nostro nome noi subito diremmo di no, prenderemmo le distanze, rivendicheremmo, cercheremmo il vantaggio personale e economico. Gesù ci affida il suo nome, lo dona a noi perché ci ama e ci vuole con sé, ci viene a cercare, ci conosce uno per uno, non ci dimentica o ci confonde in una relazione massificata. Si affida agli uomini tanto che a Giovanni che voleva vietare ad un tale di scacciare i demoni nel nome di Gesù “perché non ti segue con noi”, Gesù disse chi non è contro di voi è per voi” (Lc 9,49). Gesù non scarta mai nessuno. Il mondo cancella le persone, i loro diritti, la loro storia. Non lasciamoci chiudere nelle evidenti macerie della vita, che qualche volta sconsigliano la speranza e gettano nella depressione e con l’aiuto di Dio e di San Bernardino ricostruiamo con paziente lavoro, come è avvenuto per tanti edifici che adesso sono più belli e più sicuri di prima. E’ nel suo nome – e davvero non è poco, quasi dovremmo avere timore di sentirsi accusati di abuso di titolo o di millantato credito – che possiamo ringraziare, sentirci non orfani, pendere con noi sua madre e sentirci suoi. Il suo è il nome che contiene la sua presenza, la sua forza, quella che fa alzare gli storpi o ridare la vita come nei tanti prodigi della prima generazione. E’ la nostra forza se ci liberiamo della orgogliosa limitatezza del nostro, che non dobbiamo bestemmiare usandolo per giustificare quello che non ha niente a che vedere con la sua santità, con la bontà e il mistero di Dio che contiene e che si fa conoscere e possedere da noi. Quando pronunciamo il suo nome troviamo anche il nostro, come per i discepoli “piccoli” che tornano da Gesù e raccontano come il male era sconfitto perché parlavano nel suo nome e di Lui. Il suo è il primo nome nel libro della vita. San Berardino, divulgatore del suo Nome, tanto che ne ha raffigurato come il logo, ci ricorda che siamo cristiani nel suo nome e ci insegna ad esserlo nella vita perché non è un titolo che si esibisce o si usa contro gli altri, ma è una chiamata, un regalo che si regala, un amore che si trasmette, un nome che è riconosciuto dai gesti. La carismatica eloquenza di Bernardino sapeva trasmettere alle folle il lato positivo del Vangelo: la riscoperta della persona di Gesù e la forza rigeneratrice del suo Santo Nome. Bernardino inventò il suo “poster” che fece raffigurare dappertutto: sugli ingressi delle case, sui frontoni dei palazzi, sugli altari delle chiese, sulle porte delle città ovunque dove passava proponeva con acceso ardore la sua tavoletta che recava dipinto un sole da cui partivano dodici raggi o fiamme rutilanti; al centro del sole spiccavano le lettere abbreviate del Nome di Gesù: J H S. I raggi di quel sole che sorge a rischiarare coloro che sono nel buio e nell’ombra di morte, come canta Zaccaria, sono la luce della resurrezione che illuminano le nostre tenebre e orientano nell’oscurità. I raggi sono molto concreti, come la difesa che San Bernardino esercitava verso i più deboli, specie quanti erano indifesi di fronte le ingiustizie, ad esempio chi diventava prigioniero dell’usura o del gioco d’azzardo. E viene da pensare adesso, a quanto sarebbe necessario un rinnovato impegno per liberare dalla schiavitù delle dipendenze da gioco. Proprio un giornale oggi titola denunciando i rischi dell’usura in questa drammatica fase economica, che espone tanti a cadere nelle maglie delle mafie che approfittano con rapidità di questa crisi per fare affari. I ritardi degli aiuti sono davvero pericolosi! Per Bernardino la carità significa finanziare i Monti di pieta. Dobbiamo ancora imparare tanto da San Bernardino. Alcuni al suo tempo parlavano dell’attesa della fine, cioè sapevano solo in maniera apocalittica descrivere i problemi e la fine incombente e un Dio giudice nel quale non si riconosceva la misericordia. San Bernardino faceva esattamente il contrario, come gli uomini della speranza e non i profeti di sventura che sanno solo rovinare il presente indicando il passato come il futuro, cercando una sicurezza di qualcosa che c’era anche se sappiamo non ci sarà più. San Bernardino crede talmente alla Parola di Gesù e alla forza del suo nome, efficace, che arriva al punto di affermare che assistere alla predica è più importante che partecipare alla messa.
Anche noi siamo chiamati ad essere santi, non perché pieni di noi, ma pieni di Lui. Alziamo lo sguardo. Per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità, perché «questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione» (1 Ts 4,3). Ogni santo è una missione; è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo. “Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita. Arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere” GE26). Con la libertà dei figli, legati al vincolo dell’amore, anche noi crediamo che egli dimora presso di voi e sarà in voi!”. Che Dio ci aiuti ad essere suoi, pieni del suo nome perché attraverso la nostra vita significhi fare sentire tanti amati e protetti.
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Diocesi di Carpi comunicato n° 45 del 18 maggio 2020
Festa di San Bernardino da Siena, Patrono della città e diocesi di Carpi
Si celebra mercoledì, 20 maggio, la festa di San Bernardino da Siena, Patrono della città e diocesi di Carpi. In Cattedrale previste tre messe: alle 9, alle 11 e alle 20.30 il Pontificale presieduto dal cardinale Matteo Zuppi. Esposte alla venerazione del popolo le reliquie di San Bernardino da Siena e del Beato Odoardo Focherini
Mercoledì 20 maggio la Città e la Diocesi di Carpi festeggiano il Patrono San Bernardino da Siena. Quest’anno a causa delle limitazioni per il controllo dell’epidemia covid-19 il programma delle celebrazioni si limita alla sola giornata del 20 maggio. In Cattedrale saranno celebrate tre messe per consentire a tutti i fedeli che lo desiderano di poter partecipare seppur nei limiti numerici consentiti (massimo 200):
- alle ore 9 la messa a cura della Parrocchia;
- alle ore 11 sarà il Vicario generale, monsignor Ermenegildo Manicardi a presiedere la seconda messa;
- infine alle 20.30 il Pontificale del Patrono sarà presieduto dal Cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, alla presenza delle autorità cittadine.
(Diretta su TVQUI canale 19 del digitale terrestre).
I fedeli potranno partecipare alle celebrazioni nel rispetto dei limiti e delle norme previste dalla Diocesi in base al Protocollo firmato da Cei e Governo. Nella stessa giornata, dalle 12 alle 18.30, saranno esposte alla venerazione del popolo le reliquie di San Bernardino da Siena e del Beato Odoardo Focherini nel ricordo del 75° anniversario del martirio. Inoltre, per tutto il giorno saranno disponibili sacerdoti per accostarsi al sacramento della Riconciliazione.
Monsignor Erio Castellucci, Amministratore Apostolico Diocesi di Carpi
“Sei secoli fa San Bernardino da Siena percorreva le nostre terre, seminando abbondantemente il Vangelo. La sua fama di predicatore era così diffusa, che il solo annuncio della sua presenza riempiva le piazze. Mise tutto se stesso al servizio del ‘Nome di Gesù’, parlando da uomo studioso e colto sia al cuore sia alla mente. Oggi non possiamo ancora radunarci nelle piazze, ma possiamo lasciarci conquistare dal ‘Nome’ di Gesù, che racchiude la parola ‘salvezza’. Abbiamo scoperto in questi mesi, se mai ce ne fossimo dimenticati, che siamo fragili, esposti, poveri. Ci eravamo illusi di essere inattaccabili, di tenere in
mano la nostra sorte; il virus ci ha dimostrato che, come dicono i Salmi, siamo come il fiore e come l’erba del campo. Abbiamo bisogno di salvezza, di un senso nella vita, di persone che testimoniano la dedizione al prossimo e la fiducia in Dio. San Bernardino è più che mai attuale, con il suo invito ‘di piazza’, cioè a tutti i cittadini, a ritrovare il bisogno di essere salvati e la via del Salvatore”.
Alberto Bellelli, Sindaco di Carpi
“In questo periodo così difficile e strano, vediamo cambiare non solo le nostre abitudini ma anche quelli che erano i nostri programmi, come è accaduto per la Festa del Patrono. Un calendario dunque ridotto ma non per questo meno importante. Inoltre non mancheranno momenti di riflessione su quello che sarà il Patrono 2021. L’importante, in questa crisi, è restare uniti come comunità”.
Paolo Leporati, presidente del Comitato Festa del Patrono
“Tutto il calendario di eventi è stato sospeso. Avevamo organizzato un format sulla base degli ultimi due anni, ma arricchito di interessanti novità. Siamo ovviamente dispiaciuti, però al tempo stesso siamo già pronti per realizzare un programma ancora più ricco per il Patrono 2021”.
Don Luca Baraldi, co-presidente del Comitato culturale diocesano
“Le tre messe previste per il giorno del Patrono rappresentano un modo per esprimere la nostra Fede e la nostra speranza. Durante la celebrazione delle 11 e delle 20.30 saranno infatti battezzati due adulti e una bambina nata durante la pandemia. Abbiamo vissuto le fatiche, le solitudini e anche la morte, ma la vita c’è ed è abitata dalla Grazia di Dio. Ciò è alla base della Santità, come hanno dimostrato San Bernardino da Siena e il Beato Odoardo Focherini”.
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Tutto sarà recuperato in “tempi migliori”
Il calendario degli eventi programmati dai due Comitati è stato rimandato causa Covid. Monsignor Manicardi: “Affidiamo la Diocesi a San Bernardino da Siena”
Sarà una “Festa del Patrono” diversa quella che ci attende il 20 maggio prossimo. L’emergenza sanitaria da Covid 19 ha infatti imposto di rimandare ad occasione idonea e più opportuna tutto il calendario di eventi che in questi mesi erano stati programmati dai due Comitati, quello “classico cittadino” e quello “culturale diocesano”. “Purtroppo – spiega il vicario generale, monsignor Ermenegildo Manicardi – a causa di questa pandemia non sarà possibile realizzare adesso i ricchi programmi che erano stati organizzati dai due Comitati che in questi mesi hanno lavorato con determinazione e cura e nei confronti dei quali va il mio, anzi il nostro, ringraziamento. Ma non si vuole ‘sacrificare’ nulla: tutto sarà ricuperato in ‘tempi migliori’ e nei modi più opportuni.
C’è stato tanto lavoro intelligente e generosissimo, che non merita di andare perduto o realizzato alla carlona”. “L’elemento che caratterizzerà questo Patrono 2020 – prosegue il vicario generale – sarà quello di affidare la Diocesi a San Bernardino da Siena in questo anno settantacinquesimo del martirio di Odoardo Focherini e in questo momento così particolare in cui si inizia una nuova fase con aspetti che diventeranno definitivi”. Dunque il Patrono quest’anno avrà una dimensione ancora più fortemente spirituale: è infatti prevista la celebrazione di tre messe nella giornata di mercoledì 20, in Cattedrale, alla presenza delle persone in Duomo, in base alle nuove regole previste per la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni. Si sono previste tre celebrazioni proprio per aumentare il numero delle possibilità di partecipare fisicamente nel luogo dell’eucaristia, per la prima volta dopo i sacrifici imposti dal lock down. “Il Pontificale ‘del Patrono’ sarà celebrato – prosegue il vicario generale – dal cardinale Matteo Zuppi che ha confermato molto volentieri la sua presenza tra noi. Oltre alle messe, sarà possibile effettuare un ‘pellegrinaggio’ all’interno del Duomo, per la venerazione della reliquia del Santo che sarà collocata proprio sotto la statua di San Bernardino Da Siena, a fianco dell’altare principale. Proseguendo nel pellegrinaggio, i fedeli potranno sostare per un momento di preghiera innanzi alla reliquia del Beato Odoardo Focherini, che sarà collocata nell’altare di San Valeriano, dove si trova anche la reliquia più importante che abbiamo in diocesi, del carpigiano San Bernardino Realino.
Questa reliquia per la sua città natale è l’osso del braccio destro, che tante benedizioni ha dato nel corso della sua lunga vita. Questo ci testimonia come il nostro Patrono abbia portato Carpi ‘frutti preziosi’ come San Bernardino Realino, che non a caso porta il suo nome, e il beato Odoardo”. “Inoltre – conclude monsignor Manicardi – proprio tra i due Patroni, Mirando- la (16 maggio) e Carpi, (20 maggio) si colloca il ritorno dei fedeli nelle chiese per poter assistere alle celebrazioni (18 maggio). Reputo sia un segno profondamente simbolico: ripartiamo a celebrare l’eucaristia con l’incoraggiamento di San Bernardino da Siena, che ci convoca per la sua e nostra festa”. “In questo periodo così difficile e strano – interviene il sindaco Alberto Bellelli – vediamo cambiare non solo le nostre abitudini ma anche quello che erano i nostri programmi, come è accaduto per la Festa del Patrono. Purtroppo quest’anno non potranno essere realizzate tutte quelle iniziative ch fanno della Festa del Patrono una festa di tutta la città. Un calendario dunque ridotto ma non impoverito, vista la grande attenzione dedicata alla sfera spirituale. Inoltre non mancheranno momenti di riflessione su quello che sarà il Patrono 2021.
L’importante, in questa crisi, è restare uniti come comunità”. Sul punto interviene anche Paolo Leporati, presidente del Comitato Festa del Patrono: “Tutto il calendario di eventi è stato sospeso. Avevamo organizzato un format sulla base degli ultimi due anni, ma anche con interesanti novità. Siamo dispiaciuti, ovvio, ma al tempo stesso siamo già pronti per realizzare un programma ancora più ricco per il Patrono 2021”. Un pari ringraziamento va anche all’altro comitato che aveva coinvolto tante parti della diocesi anche fuori Carpi, per raggiunger sempre meglio non solo la città, ma anche la diocesi tutta.