Nel trigesimo di don Angelo Chiossi, il ricordo commosso dei suoi parrocchiani

Trentatre anni per noi

“Il 22 settembre 1970, il Vescovo Prati lo aveva insediato Parroco di San Bernardino Realino, la nostra parrocchia. Vi era rimasto per trentatre anni. Fino al giorno delle sue dimissioni, dovute non tanto ai raggiunti limiti d’età, ma tradito dal fisico al quale non aveva risparmiato nessuna fatica. Tutti noi ricordiamo con commozione il giorno del suo commiato dalla Parrocchia. Tutti noi e qualcuno in particolare gli è stato vicino in questi ultimi anni di sempre maggiore sofferenza morale e fisica, da lui sempre nascosta per non addolorarci ed offerta al Signore per la Sua e la nostra salvezza.
Trentatre anni trascorsi con noi e per noi… Come? Ognuno di noi avrà certamente una propria personale risposta. Perché ad ognuno e secondo la particolare situazione sapeva offrirsi padre amorevole, discreto confidente, premuroso soccorritore, paziente uditore, sensibile condivisore di gioie e dolori, generoso elargitore di cose e servizi con quel tratto particolare, tutto suo: nel dare sembrava essere il beneficiato”. Con queste parole la comunità di San Bernardino ricorda don Angelo Chiossi, scomparso il 20 agosto scorso e gli rende omaggio, tracciando un ritratto di questo che tanto significativamente ha inciso nella vita di ciascuno.

Dieci anni di collaborazione non passano senza lasciare un segno soprattutto quando coincidono con l’unico servizio ecclesiale che ho avuto l’onore di sperimentare.
Quando lo conobbi la prima volta nel suo studio era il giorno della solennità dei Santi ed io ero un po’ teso e preoccupato per l’ingresso in una nuova realtà, non era più il mondo universitario.
Ma dopo un breve scambio di frasi mi sentii a mio agio, rilassato. Nonostante le normali, successive ed inevitabili difficoltà, il nostro rapporto fu sempre basato sulla reciproca stima ed affetto. Al termine del mio servizio ci siamo tenuti in contatto, sia a casa mia che da lui, trascorrendo piacevoli momenti tra amici, come avevamo sempre fatto in precedenza.
[…] L’insegnamento che mi ha lasciato e che conservo tuttora con riconoscenza consiste nella semplicità di vita di don Angelo e nel rispetto verso i meno fortunati.
So che condivideva con altri suoi amici confratelli la spiritualità di un istituto secolare: sono sicuro che di quella spiritualità si è arricchito per integrare il suo servizio pastorale. A me Don Angelo ha voluto bene ed ha rafforzato la mia fede. Grazie don Angelo.
Gabriele

…ci conoscevamo da una vita, fin da quando frequentavo l’asilo: le sue manone grandi come quelle del mio Babbo mi hanno accompagnato… Santa Croce poi San Bernardino… Che mistero ritrovarci ancora… fino alla mia vocazione che lui ha sostenuto con la preghiera e la generosità. L’ultima vota ci siamo incontrati l’anno scorso. Lo ricordo col suo passo lento, ricurvo, facevo fatica ad abituarmi a vederlo così, lui che era sempre stato ai miei occhi, “un colosso”, ma la sua tenerezza e senso di paternità era al massimo proprio nella sua debolezza.
Suor Angela

Busso allo studio: “avanti”; entriamo io e Daniela. “Ciao Don, siamo qua per l’incontro di preparazione al matrimonio”. “Bene! Tu aspetta fuori che parlo un poco con Daniela. Mi accomodo in corridoio. Dopo un quarto d’ora lascio il posto alla mia futura sposa ed entro nell’ufficio: “Allora, dimmi dove è la tua casa di preciso?”. “Vengo dalle Caselle” rispondo io citando il nome popolare della zona di Rovereto dove abitavo. Questa risposta innescò in don Angelo una serie di ricordi che ci portò a parlare per mezz’ora del “nostro” paese, della sua infanzia, dei suoi nipoti roveretani che ho conosciuto e coi quali ho condiviso, per anni, la Sagra del paese. Il termine della nostra conversazione arrivò mentre parlavamo di un’antica tradizione anche a lui tanto cara da mantenerla viva per qualche tempo, in canonica: la macellazione del maiale. Il nostro tempo era scaduto. Guardando l’orologio disse: “Hai scelto una brava ragazza; mah, proprio un roveretano doveva prendere”.

Francesco

Don Angelo mi è stato maestro di vita con il suo esempio, con il suo stile di vita accogliente e mite: Con la sua infinita bontà mi ha insegnato, non con le parole ,ma con i fatti come tradurre la fede in gesti concreti. Pertanto non mi resta che lodare il Signore.

Suor Antonella

Il panettone a Pasqua… o la colomba a Natale! Era l’espressione scherzosa che usavamo spesso per delineare la personalità di don Angelo, cioè l’essenzialità che lo caratterizzava. Nulla doveva essere sprecato e tutto poteva tornare utile perciò recuperato: la sua non era avarizia o taccagneria, ma premura per i doni del Signore. Per questo si era certi che quanto a lui veniva dato non sarebbe stato usato con leggerezza e superficialità. Era difficile fargli un dono personale, tutto finiva nelle disponibilità della parrocchia. Così è stato in occasione del 50° della sua ordinazione sacerdotale. Così era in occasione delle messe di suffragio. Riteneva sufficiente ricompensa la casa canonica ed i suoi servizi. Era un ritornello che ripeteva spesso e la gente lo stimava anche per questo. Questo era don Angelo per noi.
Carmen

Era l’estate del 1980, primo campo delle Guide. Carpi-Ossana sul mitico 238 rosso con don Angelo alla guida. Ricordo la sera del gioco notturno nel boschetto vicino alla casa. Assonnate, ma ancora euforiche, rientriamo cercando di non svegliare gli altri ospiti. Accendiamo la luce e ci troviamo davanti, su una scomoda poltroncina un ancor più assonnato Don Angelo che si sforzava di stare sveglio. Aveva fatto come ogni altro papà. Aveva aspettato che tutti i Suoi figli fossero a casa prima d’andare a letto. Quest’immagine me la porto dentro come un piccolo tesoro perché Don Angelo era proprio così. Come un vero padre a volte severo, esigente e brontolone, ma sempre premuroso e presente al bisogno.
Daniela

Il nostro ricordo va ai tempi in cui la sua salute gli consentiva di essere con noi Scout del Carpi5 come in occasione di una route estiva di noviziato da Camaldoli a La Verna. […] Una occasione di vita insieme che ci aiutò a renderci conto di cosa per ognuno di noi significasse don Angelo, un assistente lontano da noi per età anagrafica, ma cosi vicino per spirito e comprensione.

Pippo

Il mio primo ricordo di Don Angelo risale ai tempi in cui era seminarista e poi giovane sacerdote. E’ il ricordo di un uomo forte e dalla voce molto bella. Tornato a Carpi, dopo 35 anni di assenza, sono rimasto molto sorpreso dal fatto che fu lui a cercarmi. Da quel momento, Don Angelo è stato per me e per la mia famiglia un grande amico. Col passare degli anni, poi, mi sono accorto sempre più che il grande dono che lo distingueva era proprio la sua capacità di accogliere, facendo sentire alle persone che per lui era un grande piacere poter servire in qualche cosa e accettando la collaborazione che l’altro potesse offrirgli, apprezzando e valorizzando, così, le capacità di ognuno.

Tommaso Cavazzuti

“Buongiorno”. “Ciao, ti aspettavo”. Non era vero; oppure non era sempre vero, ma queste parole di Don Angelo valevano ben più di un benvenuto, salve od altre espressioni. Era la sua forma di saluto che mi faceva sentire accolto. Questo “ti aspettavo” penso che sia il biglietto da visita di Don Angelo. Era sempre presente, apriva la porta a tutti ed a tutti dava ascolto. Era un sacerdote che sapeva ascoltare. Ci separavano 10 anni di età ed un carattere completamente diverso. Mi diceva “sei un tipo difficile” ed io rispondevo “quando non le do ragione!”, ma le nostre divergenze verbali non facevano che cementare sempre più un rapporto di amicizia che è durato per sempre. La sua casa e la sua famiglia erano un tutt’uno con la parrocchia, e molte riunioni finivano su, dalla sorella Aurelia, con un te ed i biscotti rotondi col buco. Questo mi piace ricordare di Don Angelo. Una persona viva, che non parlava mai volentieri della morte e che aveva una fiducia completa in Dio. Verso la fine un giorno gli chiesi: ”E’ preoccupato? (che stava per – ha paura della morte?).
Lui mi guardò con i suoi occhi azzurri, trasparenti, e mi rispose: “No”.