Novità sul martirio

L’intervista allo storico Ulderico Parente

Il 3 giugno 2008, nella Sessione ordinaria della Congregazione delle Cause dei Santi, il giudizio sull’asserito martirio del Servo di Dio fu sospeso con la richiesta di chiarire, con una ulteriore indagine, alcune questioni.
Tre erano gli elementi da verificare per poter provare con certezza che il sacrificio di Focherini è stato un martirio “in odio alla fede”. Innanzi tutto il martirio materiale: le mancate cure al Servo di Dio furono la condizione ordinaria e normale del campo di Hersbruck, per tutti i detenuti, o furono una scelta intenzionale e finalizzata a colpire Focherini? In secondo luogo, il martirio formale dalla parte del persecutore: l’odio concentratosi su di lui riguardava solo i suoi comportamenti concreti – ad esempio l’opera di salvataggio degli ebrei – o anche le ragioni che nel Servo di Dio ispiravano quei comportamenti? Altri detenuti infatti avevano avuto condotte simili, ma con motivazioni diverse dalle sue. Infine, il martirio formale “ex parte victimae”: la Congregazione ha chiesto di verificare se la disponibilità di Focherini a dare la vita per restare fedele alla volontà di Dio, così come viene desunta dalle diverse testimonianze, può essere davvero giudicata “voluntaria perpessio” – la sua piena e volontaria accettazione della croce – quale è chiesta per il martirio.
L’intervista a Ulderico Parente, docente di Storia Contemporanea nella facoltà di Scienze Politiche della Libera Università degli Studi “S. Pio V” di Roma: a lui va il merito di aver, insieme con monsignor Lorenzo Chiarinelli, Vescovo ponente della Causa, curato le Risposte della Postulazione alla Sessione ordinaria, grazie al reperimento di nuove fonti documentarie. Consegnate l’8 novembre 2011, si aggiungono e gettano una nuova luce sull’intero apparato probatorio.
 
Che cosa ha permesso di dimostrare il martirio di Focherini?
Nella Chiesa cattolica la procedura prevede necessariamente la dimostrazione dell’odium fidei, vale a dire la certezza, morale e documentaria, che il martire è stato ucciso per ché il persecutore ha voluto colpire la fede. Su questo si è concentrata l’ultima parte del lavoro. Oltre alle lettere alcuni documenti ci hanno permesso di sostenere ciò.
 
Di cosa si tratta?
Il primo documento è tratto dall’Archivio di Stato di Modena dove, nel Fondo della Questura, vi è la registrazione della richiesta di fermo di Focherini, datata 3 marzo 1944. Esso prova che l’arresto non fu – come erroneamente detto in precedenza – ordinato dalle autorità fasciste ma direttamente dal Comando tedesco delle SS di Bologna: “si ha – è scritto nella Responsio – per la prima volta, una prova certa, coeva ai fatti, che l’azione contro il Servo di Dio fece capo, fin dall’inizio, solo ed esclusivamente ai nazisti”. Non vi è dunque un reato di natura razziale contro le leggi dello Stato italiano: ciò giustifica l’accantonamento dell’ipotesi per cui l’arresto fu dovuto dall’attività nei confronti degli ebrei. Le SS volevano fermare la sua azione di apostolato nella stampa cattolica.
 
Quali altri documenti vi sono a sostegno di questa tesi?
La Carta di prigionia compilata a Flossenburg indica come professione di Focherini quella di “Zeitungsverwalder”, cioè amministratore di giornale, e non di assicuratore, per il quale non v’è nessun cenno (così come per il reato di natura razziale). Questo è l’unico documento compilato direttamente dalle SS ed è conferma, indiretta ma significativa, che l’accusa di aiuto agli ebrei fu una montatura finalizzata a colpire, nella sua persona, “che, anche grazie alla sua abilità amministrativa, non si era voluto piegare al servizio dell’ideologia nazista, secondo le direttive della Chiesa”.
 
Cosa si evince dalle ultime lettere analizzate e conservate nell’archivio della famiglia Focherini, inviate da Umberto Sacchetti al Servo di Dio in carcere a Bologna?
Finora avevamo solo le lettere del Servo di Dio. Invece una di queste nuove missive è lo stesso Sacchetti a parlare esplicitamente di un odio anticlericale verso Focherini (“ritengo – scrive Sacchetti – che la cosa sia unicamente improntata per malvagio spirito antirel.”), nota che era presente anche nelle lettere di Focherini stesso.
 
Per riconoscere un martirio occorre provare la morte materiale: Focherini fu lasciato morire dai suoi persecutori?
Quello che emerge dalle fonti è che per la setticemia di cui si ammalò non gli fu apportata nessuna cura: lui fu lasciato morire, l’assenza di cura e di aiuti affinché potesse salvarsi è una manifestazione chiara del martirio materiale. Ci sono poi altre prove, in particolare la testimonianza di Salvatore Becciu, carabiniere internato con lui che ci ha descritto gli ultimi giorni di Odoardo e le sue condizioni di salute, che erano quelle di un uomo lasciato morire. Non curare un uomo, in una condizione di setticemia, è chiaramente dargli la morte.
 
La volontà di restare fedele a Dio fino alla fine come si è manifestata nella vita di Odoardo?
Questo è il terzo elemento che viene richiesto in una Causa sul martirio: l’accettazione dell’itinerario di croce fino alla morte. Sono le lettere, in particolare quelle da Fossoli e da Gries che evidenziano la totale donazione e offerta di sé al Signore, la sua fedeltà fino al dono della vita. È bellissimo, insieme alle lettere – che a mio avviso sono straordinarie per intensità e fedeltà alla fede cattolica – ascoltare la testimonianza che lui ha rilasciato a Salvatore Becciu, un testamento spirituale che mostra come anche nelle ultime ore Focherini sia rimasto fedele al suo credo, che è stato la ragione della sua morte e oggi quella della sua Beatificazione.