Omelia di Mons. Cavina nella solennità di Pentecoste

Celebrata il 20 maggio 2018, in concomitanza con la festa del Patrono

 
La Pentecoste, che oggi celebriamo, è la festa dello Spirito Santo, la terza persona della Santissima Trinità. Gesù, prima di lasciare questo mondo, cioè prima della sua morte, annuncia, con un’affermazione singolare, la venuta dello Spirito: E’ meglio per voi che io me ne vada (Gv 16.7). I discepoli nelle parole del Maestro colgono solo l’aspetto della separazione, che suscita in loro un sentimento di tristezza. Possiamo ben immaginare le obiezioni degli apostoli: “Ma come! Tu sei venuto per salvarci, per essere la nostra guida; tu che ti sei dichiarato nostro amico ora vuoi andartene?”.
 
Gesù, per tranquillizzare i suoi, spiega il motivo per il quale deve “andarsene”: Se non me ne vado non verrà a voi il Consolatore, ma se me ne vado, ve lo invierò. Con queste parole, Egli dichiara che la sua partenza sarà un vantaggio per i suoi amici perché renderà possibile l’invio del Paraclito, cioè del Consolatore, il quale ha la missione di rendere presente Cristo. Gesù, infatti, afferma: Non vi lascerò orfani; io torno a voi (14.18). E ripete: Vado, ma torno a voi (14.28).
 
Lo Spirito Santo, dunque, è Qualcuno del tutto simile a Cristo il quale prenderà il suo posto, ma non si sostituirà a Lui in quanto ha il compito di rendere contemporaneo Cristo ad ogni generazione che si succederà sulla terra. Una contemporaneità non più secondo la carne, ma secondo lo Spirito, come “dolce ospite dell’anima”. Lo Spirito appare tutto in funzione di Gesù. Non ha un vangelo suo da annunciare. Non è un “concorrente” di Cristo.
 
Lo Spirito Santo, oltre a rendere presente Cristo, porta anche a compimento l’opera da Lui iniziata, in quanto ha il compito di guidare i discepoli alla conoscenza di “tutta la verità”. Grazie allo Spirito Santo il discepolo ha la possibilità di comprendere, approfondire e vivere le parole di Gesù. Lo Spirito ci dice che tutto quello che Gesù ha insegnato, quando era in mezzo agli uomini, non è arida dottrina, ma legge di vita. Ci insegna che il Vangelo non è solo né principalmente un testo di studio, ma è codice esistenziale, legge e segnaletica per una vita nuova. Solo accogliendo la parola di Cristo si vive nella verità perché “conoscere” la verità è sapere Gesù Cristo. Dire vero e dire falso significa, in ultima analisi, dire come Gesù o difforme da Gesù.
 
Ma la missione dello Spirito Santo non si ferma qui. Egli è inviato dal Padre e da Cristo ai discepoli perché essi siano in grado di affrontare l’ostilità e la persecuzione da parte del mondo. Quando queste situazioni si manifesteranno i discepoli subiranno lo scandalo, saranno portati a rinnegare la loro fede, conosceranno il dubbio, lo scoraggiamento, lo smarrimento interiore, la tentazione di rinnegare la verità. La Spirito Santo avrà il compito, non solo di infondere coraggio e fortezza, ma di mostrare che l’ostilità del mondo nei confronti di Cristo, nonostante possa essere diffusa, in realtà è inconsistente. La verità e la vera ragione, infatti, sono dalla parte di Gesù, non del mondo. Pertanto, lo Spirito fa comprendere ai cristiani la grazia e la bellezza di essere discepoli, fa conoscere l’autenticità e la verità del messaggio di Cristo ed il valore della salvezza da Lui portata.
 
Da ultimo, lo Spirito Santo ha la missione di difendere Cristo dalle nostre deformazioni, dalle nostre contraffazioni, dalla tendenza, sempre ricorrente, di inventare un Cristo conforme alla nostra sapienza, a ridurlo a nostra misura, dimenticando che siamo noi a dover essere misurati su di Lui perché Lui è l’uomo vero, il modello sul quale siamo stati creati. Il dono dello Spirito Santo ridona dignità all’uomo, perché mostra all’uomo la sua appartenenza a Cristo, ed in Lui la sua elevazione a figlio di Dio.
 
E’ quanto ci insegna, con la sua vita e la sua predicazione, anche il nostro santo patrono, Bernardino da Siena, il quale ha posto al centro della sua predicazione il primato assoluto di Cristo incarnato, morto, risorto e glorificato. San Bernardino, infatti, è convinto che l’azione salvifica del Signore si irradia su ogni uomo, così come il sole reca i propri raggi e il proprio calore sulla terra. Per aiutarci a comprendere la centralità di Cristo per la vita dell’uomo e la storia dell’umanità ha inventato il trigramma del Nome di Gesù, che campeggia ancora oggi in tanti edifici pubblici e privati delle nostre città italiane.
 
Il Signore Gesù, cari fratelli e sorelle, è capace, anche oggi, di affascinare la vita delle persone. E’ quanto è accaduto a Davide e a Severin i quali, tra poco, diranno davanti all’intera Diocesi la loro volontà di continuare con impegno, amore e responsabilità il cammino che li porterà un domani a ricevere la sacra ordinazione diaconale e presbiterale.
 
Caro Davide, caro Severin, fin da ora la Chiesa vi dice che per acquisire una vera coscienza di pastori e divenire autentici imitatori di Cristo, il vostro cuore deve rimanere totalmente a disposizione del Maestro che vi ha chiamati. Solo così potrà nascere in voi la decisione di vivere nel celibato per il regno dei cieli, il distacco dai beni terreni, l’austerità della vita e l’obbedienza sincera senza dissimulazioni. Da oggi la vostra vita è legata a questo impegno pubblico.  In questo cammino non siete soli: vi accompagna l’affetto e la preghiera di tutta la diocesi. Ma soprattutto è con voi la Vergine Maria la quale, come ha accompagnato con la sua materna presenza e la sua preghiera la comunità degli apostoli riunita nel Cenacolo in attesa dell’effusione dello Spirito Santo, così assisterà anche voi. Accoglietela nella vostra vita, pregatela ed imitate il suo amore per Gesù.
 
+ Francesco Cavina