Omelia – Messa Ammalati
San Nicolò ‘ domenica 11 febbraio 2007 ‘ ore 15,30
1. Nelle letture che abbiamo ascoltato è ricorsa una parola che è illuminante e ricca di speranza ‘Beato’, ‘Benedetto’. Nella prima lettura del profeta Geremia: ‘Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia e di conseguenza ‘Maledetto l’uomo che confida nell’uomo’ (Ger. 17,7 e 5). Nel Salmo Responsoriale ‘Beato chi pone la speranza nel Signore’ e nel Vangelo ‘Beati voi poveri, beati voi che ora piangete” e più avanti Gesù afferma: ‘Guai a voi ricchi’ guai a voi che ora siete sazi” (Lc 6,20-21 e 24-25).
2. Noi ammalati e convalescenti siamo qui davanti al Signore perché vogliamo confidare unicamente, totalmente, radicalmente nel Signore come ha fatto Maria Santissima e perché il Signore è l’unica nostra fiducia e per questo siamo, nonostante tutto, beati, benedetti, sereni, fiduciosi, ricchi di speranza. Di speranza, perché il primo ad essere povero, a essere provato sulla Croce, a soffrire è stato proprio Cristo Signore, che è Risorto e nella sua risurrezione noi abbiamo senso di vita, forza, coraggio, vittoria sul dolore e sulla malattia. San Paolo ce lo ha confermato nella seconda lettura.
3. E’ un messaggio questo che è importantissimo perché va controcorrente a quanto affermano la società e la cultura di oggi che pretendono di assicurarci la felicità con le apparenze, con le cure del fisico, con i soldi, con il potere, con i piaceri. Ogni propaganda televisiva o dei mass-media ci ripetono messaggi di consumi per essere felici, ma è facile renderci conto che è tutto un inganno. Una recente statistica denuncia che in Italia ci sono dodici suicidi ogni giorno dei quali otto uomini e quattro donne, facendoci capire che è fortemente diffusa una carenza di speranza e di senso di vita. Certo che spesso il cuore umano e forse talvolta anche noi ci lasciamo irretire dalle cose, quasi come un gatto che gioca con un gomitolo di lana e finisce per trovarsi preso in un groviglio che non riesce più a districare. Ben diversa è la prospettiva delle beatitudini. Ai poveri, agli affamati, agli ammalati, a quelli che piangono, ai perseguitati, Gesù dice: ‘Beati voi! E non lasciatevi scoraggiare!’. Ai ricchi, ai potenti, ai furbi, a quelli che sono sazi, Gesù invece dichiara: ‘Fate attenzione a voi stessi: state sbagliando tutto!’.
4. Carissimi fratelli e sorelle ammalati, credo che ciò che ho sperimentato io come malattia negli ultimi tre mesi, sia quanto ciascuno di voi ha provato e sofferto e sta provando e soffrendo sulla propria pelle. Credo che sia vera e appropriata per ciascuno di noi quella preghiera che ho trovato nel sussidio di Avvento per i giovani:
‘Hai scelto me Signore. Non vivo nel deserto, non sono tutto di un pezzo,
faccio fatica a dire quello che penso e non ho il coraggio dei profeti.
Ma tu, Signore, mi hai posto qui: non hai messo altri, hai messo me.
Non mi hai fatto diverso, mi hai fatto così.
Hai scelto me Signore. Perché? Per chi?
‘Sii profeta, figlio mio: ho bisogno di te! Non del tue prediche, ma della tua vita. Ho bisogno, che tu dica quello che io sono per te.
Va’, racconta di te, racconta di me’.
5. Guariti o comunque rasserenati e confortati da condizioni di salute migliori, siamo chiamati a dire a tutti quello che il Signore e la fede sono per ciascuno di noi, siamo invitati ad andare e raccontare del Signore, a raccontare di quanto il Signore ha operato o sta operando in noi. Mi ha molto colpito quanto mi ha detto giovedì mattina il Primario neuro chirurgo che mi ha operato l’11 novembre di una bruttissima ernia al disco: ‘La vedo in una condizione meravigliosa, capace di camminare, con un viso e un fisico ristabilito, quando io l’avevo incontrato la sera del 10 novembre totalmente paralizzato e mai avrei pensato a una ripresa simile e in così poco tempo’. Io gli ho detto: ‘Professore, è merito suo, dei medici e della fisioterapista’. E il Professore: ‘Noi abbiamo fatto la nostra parte, ma Qualcuno ha fatto la parte principale. E’ una grazia straordinaria e una cosa meravigliosa’.
6. ‘Va, racconta di te, racconta di me’, ci dice il Signore. Davvero chi confida in lui, dopo avere toccato e provato la durezza del dolore e della sofferenza, dopo aver sperimentato la propria debolezza, fragilità, impotenza e la nullità delle cose attorno, prova la beatitudine e la benedizione del Signore.
7. D’altra parte, la sofferenza, il dolore e la malattia sono parte integrante della vita di ogni uomo. Per noi credenti c’è come una luce che ci illumina: ‘Chi vuole essere mio discepolo, rinneghi se stesso, prenda la propria croce e mi segua’ e nel Vangelo di Giovanni: ‘Io sono la vite e voi i tralci; i tralci che portano frutto, li poto perché portino più frutto’ (Gv.15). Certo che i momenti di sfiducia e di abbattimento nella malattia arrivano facilmente e per tutti, e allora è importante ripensare a Gesù sulla Croce: ‘Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?’, fidandosi comunque di Dio Padre, nonostante la debolezza umana: ‘Padre si faccia non la mia, ma la tua volontà’. E’ così che diveniamo e siamo ‘luce del mondo e sale della terra’ e viviamo ciò che siamo, cioè siamo ‘santi’, secondo le linee pastorali della nostra Chiesa in questo anno.
8. E, dopo la croce, c’è sempre anche la risurrezione, quando arriva la gioia del ritorno a casa, abbastanza guariti, o almeno convalescenti, e si può raccontare l’amore e la misericordia e la tenerezza di Dio Padre e sentirsi ‘beati’ e ‘benedetti’. Io debbo moltissimo, anzi debbo molto merito della mia ripresa e guarigione alle vostre preghiere, alle preghiere di tutta la comunità diocesana, dei sacerdoti, dei fedeli, delle comunità parrocchiali e religiose, di tante persone che hanno pregato, offerto le proprie azioni, le proprie sofferenze e qualcuno anche il proprio intervento chirurgico per la guarigione del Vescovo. Mentre io ringrazio Voi, tutti i fratelli credenti e anche non credenti che mi hanno accompagnato in questi tre mesi, prego il Signore assieme a Voi, chiedendo che ogni ammalato sia sempre accompagnato con piena solidarietà, affetto, cura premurosa dai familiari, dagli amici e da quanti, medici, infermieri, paramedici hanno la cura e la guarigione degli ammalati, perché vivano sempre la propria opera come missione di umanizzazione e di autentica promozione umana e cristiana e perché ogni ammalato possa sempre scoprire Dio come Padre.
+ Elio Tinti, Vescovo