Cattedrale di Carpi

Omelia nella celebrazione delle esequie di Suor Maria Francesca, clarissa

25 marzo 2022

“Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te”. Per tutto il resto della sua esistenza, Maria deve andare avanti con la luce di quel primo incontro: anche, e soprattutto, quando si inoltrerà per strade buie. La luce di un incontro del tutto inatteso, che le ha capovolto i progetti, le ha complicato la vita ma l’ha spinta ad affidarsi: “avvenga per me secondo la tua parola”.

Certo che l’Angelo sarebbe stato utile in altri momenti della vita di Maria. Quando ad esempio nove mesi dopo, insieme a Giuseppe, non trovò un luogo degno per far nascere Gesù e dovette accontentarsi di una stalla; o quando ancora, 40 giorni dopo la nascita del figlio, si sentì dire dal saggio Simeone: “anche a te una spada trafiggerà l’anima”; o quando dopo dovette fuggire, insieme a quel bimbo ancora piccolo e a Giuseppe, dalla persecuzione di Erode, per andare come famiglia profuga in Egitto. Ancora, quando Gesù dodicenne sparì e lo ritrovarono nel tempio e lei, senza l’aiuto di un Angelo, insieme al padre lo ritrovò ed espresse la sua angoscia “perché ci hai fatto questo?”. Nemmeno ci fu l’Angelo a spiegare a Maria perché Gesù, trentenne, andava via di casa senza una sistemazione, né familiare né professionale, per un compito piuttosto fumoso: “predicare il Regno di Dio”.  E le poche volte in cui Maria compare nella vita pubblica di Gesù, sembra quasi che lui ne prenda le distanze: “che c’è tra me e te o donna”, quando lei chiede di intervenire sulla mancanza di vino a Cana; oppure: “chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”, quando lo avvisano che la madre i parenti sono fuori ad aspettarlo. Soprattutto un Angelo sarebbe stato fondamentale sotto la croce, quando Maria ha dovuto affrontare la prova più grande che una creatura umana possa affrontare su questa terra: la morte di un figlio… e oltretutto una morte ignominiosa, una morte maledetta. Maria era lì senza l’Angelo con la sola forza di quella fede che aveva preso avvio trent’anni prima in un misterioso incontro col Messaggero di Dio, quando aveva percepito la sua grande missione; sì grande missione, perché la promessa è grande, c’è proprio la parola “grande”: “sarà grande e verrà chiamato figlio dell’Altissimo, il Signore Dio gli darà il trono di Davide e regnerà per sempre”. Poi questa grandezza si gioca in un semplice quotidiano, senza altri segni di assistenza del Signore, senza angeli, senza miracoli.

Questa è la vita di una donna che ha creduto fino in fondo, senza che le venissero risparmiate le prove che ciascun credente incontra nel corso della vita: la prova della solitudine, della sofferenza, dell’esilio, dell’incomprensione, dell’angoscia e la prova del dolore sommo.

Maria ha passato tutto questo muovendosi sempre su quella promessa iniziale che comincia con un “rallegrati”. Eppure il seguito sembra così normale anzi così faticoso; però se Maria è andata avanti, si è affidata, e se la ritroviamo alla Pentecoste ad accompagnare i primi passi della Chiesa, è proprio perché il suo cuore non è mai stato abbandonato da questa gioia iniziale, che le ha fatto da fiaccola per tutto il resto della sua esistenza.

Credo che quando suor Maria Francesca, tanti anni fa, ha risposto all’invito di Dio, che anche per lei è iniziato con un “rallegrati”, abbia poi sempre conservato quell’invito, quasi stampato nel suo cuore: per tutta la vita infatti le è rimasto impresso il sorriso, con una letizia ingenua e quasi fanciullesca che non l’ha mai abbandonata.

Certo, quando suor Maria Francesca ha risposto a questo “rallegrati” iniziale, che l’ha portata anche ad incrociare la sua strada con l’esperienza di don Zeno e poi a scegliere la vita contemplativa, non sapeva come si sarebbe evoluta la sua vita; però si è affidata – “avvenga per me secondo la tua parola” – ed è stata portata sulle strade del quotidiano. Come la Vergine Maria, si è inoltrata sulle strade di una vita normale, di ogni giorno, che ha attraversato con le sue gioie e le sue sofferenze, con momenti faticosi e momenti gioiosi ma sempre mantenendo la fiducia in questa promessa del Signore: “io sono con te”.

Perché questa è l’unica garanzia che dà il Signore, a chiunque chiama per qualsiasi strada; il Signore, se è la sua strada, dà solo questa garanzia: “io sarò con te”; l’angelo dice a Maria: “il Signore è con te”. Questa è l’unica garanzia che basta per tutta la vita, che per suor Maria Francesca è andata avanti più di settant’anni da quando compì i suoi primi passi alla ricerca della vocazione, perché la garanzia del Signore non è come quella degli elettrodomestici, non ha nessuna scadenza: “io sarò con te”. A questo ci chiama il Signore, ad una letizia del quotidiano: e lo ringraziamo perché in suor Francesca ci ha dato proprio questa testimonianza, vissuta con l’aiuto delle Sorelle della sua comunità, che lei amava tantissimo. Care Sorelle, quelle poche volte che l’ho incontrata, in cui ci siamo anche messi a ridere per le sue domande immediate, quasi da bimba, si percepiva la gioia di trovarsi nella comunità con tutte voi, una gioia che nasceva dal desiderio di fare la volontà di Dio, senza dover programmare chissà cosa ma semplicemente essere fedele nel quotidiano. Domandiamo anche noi il dono che ha avuto suor Maria Francesca, il dono che ci testimonia in maniera inarrivabile Maria: trovare la gioia di Dio nel quotidiano, di far risuonare per tutta la vita quel primo “rallegrati”.