Arcidiocesi di Modena-Nonantola – Diocesi di Carpi
Schede sinodali mensili ad uso di presbiteri, diaconi, operatori pastorali (per confrontare e condividere temi di “pastorale ordinaria”)
L’omelia
scheda n. 5: febbraio 2023
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«Si ritiene importante, per essere accoglienti, coinvolgenti e inclusivi, che la comunicazione non sia elitaria, confusa o inutilmente complicata: nella catechesi ad esempio, ma anche nelle omelie». Nella sintesi interdiocesana del primo anno sinodale di Modena-Nonantola e Carpi, consegnata nel maggio 2022 alla segreteria generale di Roma, appare questa critica, non troppo velata, alla predicazione nella Chiesa. Vale la pena quindi spendere qualche riga sull’omelia, che per molti praticanti rappresenta di fatto l’unica occasione per attingere alla parola di Dio e l’unità di misura dell’esperienza liturgica: in genere, ad esempio, si valuta la “bellezza” della Messa tenendo come criterio principale la qualità dell’omelia.
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Papa Benedetto XVI, dialogando con gli alunni del Seminario romano maggiore, offrì questi consigli ad un giovane che gli domandava quali fossero i punti fermi per un pastore: «non perdere il contatto personale con la Parola di Dio, la meditazione. Come fare? Io ho una ricetta abbastanza semplice: combinare la preparazione dell’omelia domenicale con la meditazione personale, per far sì che queste parole non siano dette solo agli altri, ma siano realmente parole dette dal Signore a me stesso, e maturate in un colloquio personale col Signore. Perché ciò sia possibile, il mio consiglio è di cominciare già il lunedì, perché se si comincia al sabato è troppo tardi, la preparazione viene affrettata, e forse l’ispirazione manca, perché ci sono altre cose nella testa. Perciò, direi, già il lunedì leggere semplicemente le letture della successiva domenica (…).
Ovviamente si dovranno anche consultare dei libri, per quanto è possibile. E con questo lavorío interiore, giorno per giorno, si vede come man mano matura una risposta; man mano si apre questa parola, diventa parola per me. E poiché sono un contemporaneo, essa diventa una parola anche per gli altri (…). Così si può avere un incontro permanente, silenzioso, con la Parola, che non esige molto tempo, che forse non abbiamo» (17 febbraio 2007).
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Papa Francesco dedica all’omelia una sezione importante dell’Esortazione programmatica Evangelii Gaudium (nn. 135-159). Alcuni passaggi-chiave. «L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un pastore con il suo popolo. Di fatto, sappiamo che i fedeli le danno molta importanza; ed essi, come gli stessi ministri ordinati, molte volte soffrono, gli uni ad ascoltare e gli altri a predicare. È triste che sia così. L’omelia può essere realmente un’intensa e felice esperienza dello Spirito, un confortante incontro con la Parola, una fonte costante di rinnovamento e di crescita» (n. 135). «L’omelia non può essere uno spettacolo di intrattenimento, non risponde alla logica delle risorse mediatiche, ma deve dare fervore e significato alla celebrazione. È un genere peculiare, dal momento che si tratta di una predicazione dentro la cornice di una celebrazione liturgica; di conseguenza deve essere breve ed evitare di sembrare una conferenza o una lezione. Il predicatore può essere capace di tenere vivo l’interesse della gente per un’ora, ma così la sua parola diventa più importante della celebrazione della fede. Se l’omelia si prolunga troppo, danneggia due caratteristiche della celebrazione liturgica: l’armonia tra le sue parti e il suo ritmo. Quando la predicazione si realizza nel contesto della liturgia, viene incorporata come parte dell’offerta che si consegna al Padre e come mediazione della grazia che Cristo effonde nella celebrazione (…). Ciò richiede che la parola del predicatore non occupi uno spazio eccessivo, in modo che il Signore brilli più del ministro» (n. 138). Il Papa insiste poi sulla preparazione dell’omelia: «Un predicatore che non si prepara non è “spirituale”, è disonesto ed irresponsabile verso i doni che ha ricevuto» (n. 145); occorre allora, davanti alla parola di Dio, «studiarla con la massima attenzione e con un santo timore di manipolarla» (n. 146); «la cosa più importante è scoprire qual è il messaggio principale, quello che conferisce struttura e unità al testo» (n. 147); «Il predicatore deve anche porsi in ascolto del popolo, per scoprire quello che i fedeli hanno bisogno di sentirsi dire» (n. 154). «Una buona omelia, come mi diceva un vecchio maestro, deve contenere “un’idea, un sentimento, un’immagine”» (n. 157); «Il rischio maggiore per un predicatore è abituarsi al proprio linguaggio e pensare che tutti gli altri lo usino e lo comprendano spontaneamente. Se si vuole adattarsi al linguaggio degli altri per poter arrivare ad essi con la Parola, si deve ascoltare molto, bisogna condividere la vita della gente e prestarvi volentieri attenzione» (n. 158); «che buona cosa che sacerdoti, diaconi e laici si riuniscano periodicamente per trovare insieme gli strumenti che rendono più attraente la predicazione!» (n. 159).
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Gli ultimi passaggi di papa Francesco suggeriscono anche la pista per una preparazione comunitaria alla predicazione. L’omelia è legata alla presidenza della liturgia, affidata ad un ministro ordinato; ma lo stesso ministro che presiede può proporla in maniera “comunitaria”, se precedentemente ha meditato con altri la Parola che commenta: ad esempio in un gruppo biblico, in una riunione pastorale condotta con il metodo della “conversazione spirituale” (cf. scheda sinodale n. 3/gennaio 2023), o comunque attraverso un confronto comunitario. «Occorre tenere presente che oggi molte persone sono preparate e attrezzate culturalmente ed apprezzano più la spiegazione della Parola di Dio, pur con le necessarie attualizzazioni, che non le esortazioni morali o le sommarie valutazioni sulla società odierna» (Parrocchia, Chiesa pellegrina tra le case, Lettera pastorale 2017-2018). Le competenze dei laici nei differenti campi della vita e del sapere, la molteplicità delle esperienze di vita dei fedeli, l’azione dello Spirito nel cuore di ciascuno, possono consegnare ai predicatori un “discernimento comunitario” sulla Parola di Dio, che aiutano a maturare le parole più adeguate per trasmettere la Parola, con quella efficacia e concretezza che fanno ardere il cuore (cf. Lc 24,32). Non è necessario che “predica” sia sinonimo di “noia”: nei Vangeli non compare mai neppure una volta il verbo “sbadigliare”…
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In definitiva, la sinodalità – qui intesa come stile di confronto, dialogo e comunicazione spirituale attorno alla Parola di Dio – può arricchirne la comprensione e favorire la maturazione dei linguaggi più adatti all’annuncio: è importante che si intensifichino e si moltiplichino, nelle nostre diocesi, le esperienze di lectio divina, gruppi biblici e proposte parrocchiali e comunitarie di ascolto e scambio sulla Parola, anche per migliorare l’incisività della predicazione.
+ Erio Castellucci