Monsignor Francesco Cavina ha concluso la celebrazione nella solennità del SS Corpo e Sangue di Cristo, giovedì 30 maggio presso la parrocchia del Corpus Domini, con un preciso riferimento alla dimensione eucaristica vissuta dal Servo di Dio Focherini. “Siamo ormai prossimi alla beatificazione – ha detto il Vescovo – e mi sembra quanto mai significativo indagare come Odoardo ha vissuto il suo rapporto con Gesù Eucarestia e come Cristo, realmente presente nel Sacramento Eucarestia, sia stato l’ispiratore e il sostegno della sua vita, del suo apostolato, delle sue scelte ed il conforto nelle prove e nella morte. Illuminante, al riguardo, la testimonianza di don Giuseppe Tassi, che ci è giunta in una traccia di una sua omelia, che propongo integralmente.
“Fatto avanti negli anni mi sono chiesto da dove Odoardo Focherini avesse attinto tanto entusiasmo nell’apostolato da far ricordare la passione dell’apostolo Paolo perché Cristo fosse conosciuto, accolto ed amato: “l’amore di Cristo mi urge”! Da dove gli venisse quella vitalità che lo muoveva verso ogni necessità della Chiesa, in difesa della Chiesa, nell’amore appassionato alla Chiesa: quasi un affanno, quasi volesse bruciare i tempi, un urgere di comunicazione. Offrire in semplicità a chiunque uno squarcio del suo amore a Cristo.
Mi sovvenne di quando chierichetto in Duomo e in giorni di vacanza da scuola il notissimo don Lugli mi chiamava per dargli una mano nei piccoli lavori in chiesa. Più volte ho visto Odoardo arrivare trafelato qualche minuto prima dell’una a fare la comunione (allora l’una era l’ora fatidica, una volta scoccata non si poteva più distribuire l’Eucaristia, tanto che in seguito il vescovo monsignor Pranzini gli dette il permesso di farla anche se l’ora era trascorsa). Odoardo ne aveva bisogno. Ho capito poi tutto il resto fino all’offerta suprema: quella comunione quotidiana, quell’ostinata comunione quotidiana, non era solo la molla della sua dedizione appassionata alla causa del Regno. Era anche il tramite della sua comunione con i ragazzi, i giovani dell’Ac che lì, Gesù e lui uniti, se li portavano in cuore perché potessero imparare a crescere liberi da tutto e da tutti, persino da se stessi per vivere totalmente la gioia dell’amore a Dio e ai fratelli. Poi uscendo di chiesa mi sorrideva e salutava con un “ciao Pe”, era il sorriso di Gesù che mi scaldava il cuore. Fra tanti credo di essere anch’io frutto, anche se tuttora acerbo, di quell’incontro di due che se la intendevano bene, Gesù e Odoardo! Ed è da quell’incontro che è maturato via via l’uomo, il cristiano, lo sposo e padre, l’apostolo, il martire. E la testimonianza di Odoardo, ne sono convinto, è nata da quell’incontro quotidiano”.