“Dare una famiglia a chi non ce l’ha”: così don Oreste Benzi sintetizzava l’opera delle numerose case famiglia create in tutto il mondo dall’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Un’apertura all’accoglienza a cui si sono sentiti chiamati due sposi mirandolesi e membri della comunità, Paola e Matteo Vignato, che nella loro città stanno dando vita ad una casa famiglia. E’ in corso l’iter per l’autorizzazione al funzionamento di questa nuova realtà, in base alla normativa regionale, ma la famiglia Vignato si è già per così dire allargata. “Oltre ai nostri tre figli – spiega Paola – risiedono con noi due minori in affidamento e due ragazzi stranieri. Al primo posto, secondo il carisma della ‘Papa Giovanni’, mettiamo la condivisione senza distinzioni di età o di situazione di provenienza”. Questa volontà di farsi prossimi ai fratelli è ciò che ha animato Paola e Matteo fin dall’adolescenza, quando hanno avvertito un forte richiamo alla missionarietà. Dopo il volontariato per un mese in Brasile presso le Figlie della Provvidenza per i sordomuti, l’incontro, tramite monsignor Giuseppe Tassi, direttore spirituale dei due giovani, con la comunità fondata da don Benzi. Un’esperienza così intensa, quella a contatto con l’associazione, che Paola e Matteo, nel frattempo diventati marito e moglie, hanno deciso di aderirvi. “Un mese soltanto, come in Brasile – sottolinea Paola – non ci bastava, volevamo fare della nostra vita una scelta di missionarietà. Per questo abbiamo deciso di partire nel 2004 per Santiago del Cile, dove abbiamo vissuto per un anno in una casa di fraternità della Papa Giovanni, prestando servizio in un centro di prevenzione al maltrattamento familiare. Ci siamo sentiti molto ben accolti e quanto abbiamo ricevuto è stato sicuramente molto più di quanto abbiamo potuto dare”. Sono seguiti due anni a Bologna, per verificare la vocazione a far parte della comunità, e di nuovo una partenza. “Nel 2007 – spiega Paola – ci siamo stabiliti a Guadalajara, non lontano da Madrid. Ci sembrava strano, in un primo momento, andare in missione in Spagna, poi abbiamo toccato con mano quali povertà esistono nei paesi europei, e tanto più in seguito alla crisi economica. Abbiamo accolto bambini, ragazze madri, giovani soli, adulti con problemi, inserendoci anche nella realtà ecclesiale locale”. Nell’agosto 2012 il rientro a Mirandola, “programmato – specifica Paola – perché non è mai venuto meno il desiderio di tornare a vivere vicino alle nostre famiglie. Si è aggiunta inoltre la volontà di renderci presenti in un momento in cui il terremoto ha senza dubbio aumentato le situazioni di disagio”. Presenti in modo semplice, attraverso appunto il calore di una famiglia, cercando di vivere nella quotidianità il Vangelo. Nella speranza che, conclude Paola, “qualche altra famiglia possa riflettere sulla possibilità di rendersi disponibile all’accoglienza. Non è una scelta facile, le difficoltà non mancano, ma – conclude – si è sostenuti da una gioia grande, quella di aprirsi al povero che ha bisogno, vedendo in lui la presenza del Signore”.